Al Mabos, contaminazioni d’arte tra materia, luce e verità

  • Postato il 15 luglio 2025
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Al Mabos, contaminazioni d’arte tra materia, luce e verità

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Contaminazioni d’arte al Mabos–Museo d’Arte del Bosco della Sila catanzarese, con la seconda tappa di “Stanze di Vita Immaginaria”, il format residenziale in seno al progetto “Sense”


Queste le suggestioni che attraversano il Mabos–Museo d’Arte del Bosco della Sila (nel cuore del paesaggio catanzarese), ove si svolge la seconda tappa di “Stanze di Vita Immaginaria”, il format residenziale in seno al progetto “Sense”, giunto all’ottava edizione.
La declinazione progettuale 2025, intitolata “Te hominem memento”, vede protagonista fino al 20 luglio, lo scultore catanzarese Santo Alessandro Badolato, affiancato da Andrea Cortellessa, storico e critico letterario nonché docente di letteratura italiana contemporanea all’Università di Roma Tre.

La creazione fulcro della residenza, “Te hominem esse memento”, è un corpo che si disgrega per purificarsi e rinascere in una forma nuova. Il lavoro, carico di tensione simbolica, invita a un’azione catartica, riflettendo sul percorso identitario e sui limiti dell’umanità.
«L’opera nasce prima di essere offerta al MABOS, ma con esso entra in relazione» – spiega Badolato. «Non si tratta di aderire al contesto circostante ma di costruire un dialogo critico, partendo dal proprio punto di vista, dall’analisi di sé. Quella con l’ambiente è una connessione che (l’ho compreso con il tempo e con la pratica) avviene a monte. Ogni opera è però anzitutto frutto di un’urgenza autonoma che non può prescindere dall’identità di chi la plasma».

Un percorso quello del Mabos che prosegue ad omaggiare, nel centenario dalla nascita, Mario Giacomelli, maestro della fotografia italiana. Tra il fotografo e Badolato si genera una dialettica introspettiva.
«Ci sono elementi nell’opera di Giacomelli che sento in accordo con la mia cifra, come l’attitudine alla contaminazione tra differenti discipline artistiche, l’interazione tra la materia e la sua astrazione in virtù di una visione politica e dello stile ma soprattutto la funzione significante della luce e del segno (nel mio caso, plastico). Mi colpisce la sua idea di fotografia come alchimia, dove i materiali sono simbolici e l’artista mette in gioco sé stesso. Una visione che mi appartiene» – precisa lo scultore.

Badolato ha poi ragionato sull’attuale ruolo dell’arte: non semplice specchio del mondo né opposizione ad esso ma posizionamento. L’arte, secondo la sua opinione, non deve prescrivere ma suggerire, tendere alla verità senza volerla possedere, lasciando all’esperienza di chi guarda la possibilità di mettersi in ascolto.
«La contemporaneità -sottolinea l’artista – non è di per sé caotica. A esserlo è la realtà. L’arte deve cercare di comprendere, non di imporre. Non pretendo di stabilire cosa il fruitore ideale (ammesso che esista) debba provare di fronte alla mia scultura. “Te hominem esse memento” è semplicemente un’opportunità di contatto con una parte di sé e di riflessione sulla propria condizione di finitezza. La consapevolezza della propria percezione è una libertà che immagino viva nell’intimità altrui».

Ad arricchire le sfumature della residenza contribuiscono pure la narrazione fotografica di Isabella Marino e le tavole grafiche di Giuseppe Talarico, direttore artistico di Colosso Studio che rilegge l’iconografia calabrese con fresca ironia.
La direttrice del MABOS, Elisabetta Longo, evidenzia come l’esperimento continui a funzionare. Dopo il primo appuntamento, impreziosito dalla sinergia tra l’artista Enrico Iuliano e il poeta Bartolomeo Bellanova, che ha toccato temi come emigrazione e nostalgia, la nuova iniziativa conferma la forza dell’itinerario.

«Tra Iuliano e Bellanova è nato subito un legame. Il loro confronto ha risvegliato empatia verso l’altro e verso il luogo. Il MABOS non è solo natura, è un progetto culturale che seleziona le giuste contaminazioni. Qui il rapporto con spazio, materia e stimoli è autentico, lontano da logiche di mercato e mode. Siamo felici di questo lieto inizio» -afferma entusiasta Longo.
Nel disorientamento della quotidianità, “Stanze di Vita Immaginaria” incarna un avamposto di autenticità in cui arte, parola e paesaggio si incontrano tangibilmente.

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