80 anni da Piazzale Loreto, la fine di Mussolini e l’alba di una nuova Italia
- Postato il 29 aprile 2025
- Di Panorama
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Ottant’anni fa, all’alba del 29 aprile 1945, il corpo senza vita di Benito Mussolini, assieme a quello della sua compagna Claretta Petacci e di altri gerarchi fascisti, fu esposto penzolante a testa in giù in Piazzale Loreto, a Milano. Era la scena conclusiva di un ventennio di dittatura, guerra e tragedie collettive. Quell’atto brutale e simbolico segnò la fine del fascismo in Italia e l’inizio di una nuova pagina della storia nazionale.
La cattura e la fucilazione
Benito Mussolini fu catturato due giorni prima, il 27 aprile 1945, nei pressi di Dongo, sul Lago di Como, mentre tentava la fuga verso la Svizzera travestito da soldato tedesco, all’interno di una colonna della Wehrmacht in ritirata. Ormai isolato politicamente, abbandonato da Hitler e rifiutato dagli Alleati, Mussolini era diventato un relitto di un regime in disfacimento.
La decisione di giustiziarlo fu presa dai partigiani della 52ª Brigata Garibaldi comandata da Walter Audisio, nome di battaglia “Colonnello Valerio”. La fucilazione avvenne il 28 aprile a Giulino di Mezzegra. Mussolini non fu processato, né vi fu alcun tentativo concreto di consegnarlo agli Alleati. La sentenza fu eseguita sul campo, come epilogo drammatico di una guerra civile strisciante che da tempo divideva l’Italia.
Perché quella scelta estrema?
L’uccisione di Mussolini fu il risultato di una lunga spirale di violenza, tradimenti e lutti che il fascismo aveva imposto al Paese. Dopo vent’anni di dittatura, la rovinosa alleanza con Hitler, le leggi razziali del 1938, la repressione sanguinosa degli oppositori, l’entrata in guerra al fianco della Germania nazista e la successiva occupazione tedesca dell’Italia del Nord dopo l’armistizio del settembre 1943, la figura del Duce era per molti sinonimo di rovina.
Piazzale Loreto, poi, non fu una scelta casuale. Dieci mesi prima, il 10 agosto 1944, in quello stesso luogo i nazifascisti avevano fucilato quindici partigiani, lasciandone i corpi esposti al pubblico come monito. Esporre lì Mussolini e i suoi gerarchi fu una risposta brutale, ma carica di significato: la vendetta della storia su un tiranno che aveva fatto del culto della violenza uno dei capisaldi del suo regime.
Il valore simbolico di Piazzale Loreto
La fotografia dei corpi appesi alla pensilina del distributore di benzina, divenuta iconica, suscitò impressioni contrastanti: gioia e vendetta per alcuni, sgomento e orrore per altri. Ma il messaggio era chiaro: la fine del fascismo non sarebbe stata ambigua o rimandata. Il popolo italiano, stremato da anni di guerra, bombardamenti e privazioni, assisteva al crollo definitivo di un’epoca.
Quell’immagine restò impressa nella coscienza collettiva e aprì una lunga riflessione su giustizia, memoria e responsabilità. La morte del Duce non fu solo la fine fisica di un uomo, ma il simbolo della disfatta di un’intera ideologia totalitaria.
L’eredità storica
La morte di Mussolini e la caduta della Repubblica Sociale Italiana permisero all’Italia di voltare pagina. Pochi mesi dopo, con il referendum istituzionale del 2 giugno 1946, gli italiani — e per la prima volta le italiane — scelsero la Repubblica. La Costituzione democratica, entrata in vigore nel 1948, nacque anche sulle ceneri del fascismo.
Ma Piazzale Loreto resta un monito: la memoria non deve piegarsi all’oblio o alla nostalgia. La lezione della storia è chiara: il potere assoluto, l’idolatria del capo, la negazione della libertà portano solo rovina. Ottant’anni dopo, ricordare quel giorno significa ribadire l’impegno per la democrazia, la giustizia e la dignità umana.