A Schiavon la delusione per la mancata elezione del compaesano Parolin: “Aveva le carte in regola per fare il Papa”
- Postato il 8 maggio 2025
- Cronaca
- Di Il Fatto Quotidiano
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“Meglio così, il cardinale Parolin per noi rimarrà per sempre don Pietro”. Matteo Sambo era pronto ad alzare il bicchiere di spritz nel bar di Schiavon, a cinque chilometri da Marostica, per celebrare l’elezione del monsignore che a Roma ha fatto carriera diventando segretario di Stato di Papa Bergoglio. È difficile capire se vi sia delusione, o solo il prendere atto di quello che è stato deciso nel Conclave, che ha scelto una strada diversa. Se avessero eletto Parolin, sarebbe stato il quarto pontefice legato al Veneto in un secolo. Dopo Pio X, papa Sarto, nato a Riese nel Trevigiano, dopo il bergamasco Papa Roncalli, Giovanni XXIII, che era stato patriarca di Venezia, e dopo Giovanni Paolo I, il “papa del sorriso” venuto dalle montagne del Bellunese. Così non è stato, a conferma del detto che chi entra in Conclave da Papa, esce cardinale.
“Per il paese sarebbe stato uno tsunami, che avrebbe segnato il prima e il dopo per tutti” ha detto il parroco don Luigi Attorni. Bruna Miotto, 95 anni, una delle zie materne di Parolin, commenta. “Se lo avessero fatto papa, avrei avuto un solo rimpianto, che non fosse ancora viva la sua mamma. È a lei che don Pietro e i suoi fratelli devono tutto. Era rimasta vedova, ma li ha fatti studiare, li ha mandati avanti nella vita”. Il marito era stato travolto da un’auto sulla strada Marosticana, ormai sessant’anni fa. Don Luigi Chemello, parroco emerito: “Don Pietro avrebbe avuto tutte le carte in regola per fare il papa, perché è una grande persona, che si affida allo spirito del Signore. Ascolta, prima di parlare. E poi viene da una famiglia umile, povera, la mamma è rimasta vedova quando aveva tre figli. Il papà è morto in un incidente sulla Marosticana. Don Pietro è cresciuto dentro la fatica, ha sempre e solo pensato allo studio. Le elementari le ha fatte qui, in paese. Per le scuole medie è andato a Marostica, poi è entrato in seminario a Vicenza”.
La biografia di paese adesso entra già nell’albo di una grande occasione mancata per entrare nella storia. Tutti raccontano il cardinale Parolin come un uomo tranquillo, che tornava spesso per salutare la mamma e i parenti. A settembre 2024 ha concelebrato il funerale della “maestra Ada”, come la chiamavano tutti. “Il papa lo aveva voluto alla scuola dei diplomatici. – aggiunge don Chemello – poi è andato nel mondo, in Cina, in Vietnam, in Messico. Ha sofferto molto in Venezuela. Ma la sua vocazione è sempre stata quella di fare il pastore”. Ruggero Cogo: “Fu lui a farmi capo dei chierichetti, quando avevo 8 anni, sempre semplice, umile”. Flavio Zolin: “Da seminarista è venuto con noi al campeggio a San Martino di Castrozza. Tutti lo ricordano come una persona tranquilla e io lo vedo quando aspettava di prendere il pullman per andare in seminario a Vicenza”.
Frammenti di vita di un ragazzo di campagna diventato sacerdote e poi cardinale. Di un cardinale che non è diventato papa. E così si possono spegnere i riflettori su una comunità di 2.500 anime, dove per due giorni le strade sono state occupate da giornalisti e cameramen, più che da cittadini. Dove le giostre della sagra di Sant’Isidoro temeva lo sfratto nel caso Parolin fosse stato eletto, ma dove ancora oggi si può comprare il whisky “Segretario di Stato” e “Conclave”, prodotto dalla distilleria Poli. Parolin ha fatto il segretario di stato per più di dieci anni e adesso tornerà ad esserlo, mentre il conclave ha scelto, per la prima volta, un papa americano.
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