A Venezia 2025 il Leone d'oro inaspettato va a Jarmusch. Servillo miglior attore

  • Postato il 6 settembre 2025
  • Di Il Foglio
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A Venezia 2025 il Leone d'oro inaspettato va a Jarmusch. Servillo miglior attore

Inni alla Palestina libera e alla Flotilla in navigazione verso Gaza con a bordo Greta Thunberg hanno scandito la premiazione di Orizzonti, sezione collaterale dedicata ai nuovi linguaggi - così il programma, in realtà ci sono soprattutto giovani registi e registe. La maestra di cerimonie Emanuela Fanelli ha raccomandato, per stringere un po’ i tempi: “Siate brevi e venite già in lacrime”. Inutile sforzo: alla fine abbiamo avuto anche il Cardinale Pizzaballa in diretta da Gerusalemme. Per ribadire l’inno alla pace, e soprattutto far sapere al mondo che la voce degli ebrei di Israele è trascurabile, non importa a nessuno.

Il film più temuto che amato - ma guai a parlarne come se fosse un film, come si dovrebbe fare a una Mostra del Cinema, sei esposto al pubblico ludibrio - era “The Voice of Hindi Rjab” della regista tunisina Kaouther Ben Hania. La bambina palestinese che implora aiuto, ma la Mezzaluna Rossa ha i suoi protocolli da seguire. Serve un percorso sicuro per l’ambulanza. Le registrazioni sono originali: 24 minuti di applausi, e giù lacrime. Si parlava di Leone d’oro, ha vinto invece il Gran Premio della Giuria - insomma, vale come Leone d’argento.

Mentre stiamo scrivendo queste note - sono le 9 e 40 di sera - sulla vela di una barca all’Isola Edipo (luogo un sacco alternativo del festival) svetta una vela con scritto “From Venice To Gaza”.

Leone d’oro - rullo di tamburi, perché non ci si crede - a Jim Jarmusch. Regista che fu di culto, e che oggi decisamente ha esaurito la sua fantasia e ironia. Ha portato alla Mostra un film scomposto in tre episodi - intitolato “Father, Mother, Sister, Brother”. Certo non il migliore, tra quelli diretti dal regista coccolato dagli “alternativi” negli anni 80 di “Daunbailò”.

Non ci si crede. Se Alexander Payne voleva a tutti i costi premiare un regista americano, c’era Kathryn Bigelow con “The House of Dynamite” (i soliti matti hanno calcolato 11 minuti di applausi, contro i 23 della bambina di Gaza). C’era anche il meritevole “The Smashing Machine” di Benny Safdie, premiato per la migliore regia - meglio di niente, ma ogni tanto premiare un giovane fa bene al cinema.

L’Italia porta a casa la coppa Volpi per il miglior attore a Toni Servillo, finto presidente della repubblica nel film di Paolo Sorrentino "La Grazia”. Un premio speciale della giuria - ma non farebbero prima a dire: primo, secondo, terzo… - è andato a Gianfranco Rosi, che alla Mostra di Venezia fu miracolato con un Leone d’oro per “Sacro Gra”. Qui esplora Napoli, “Sotto le nuvole” del Vesuvio - tre anni di lavoro, pare - ma non tutti si vedono.

Migliore sceneggiatura a Valérie Donzelli e Gilles Marchand per il film “A pied d’oeuvre”: fotografo che molla tutto per fare lo scrittore, quindi campa di lavoretti: svuota le cantine, fa i buchi nel muro, pota il giardino. Ma così finalmente scriverà l’autofiction che lo riporterà in classifica. Attrici, poche: la Coppa Volpi è andata alla bella e molto sexy cinese Xin Zhilei, per il melodrammone “The Sun Rises on All Us”.

 

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Il Foglio

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