Abbiamo bisogno di una rivoluzione culturale che insista sulla conoscenza del passato

Pierfranco Bruni

C’è bisogno di una rinascita della cultura italiana. Non è possibile più sostenere una scuola tecnocratica che abdichi al pensiero soltanto, direi unicamente rivolto al computer, trascurando la tradizione o addirittura cancellando il passato.
La storia dell’uomo è storia di identità con precise attenzioni alle appartenenze e alle radici. Il multiculturalismo non ho più senso quando non si tiene fede alla memoria e a ciò che la memoria ha espresso.
Soprattutto per ciò che ci riguarda l’Occidente è stratigrafia di mosaici di un relativismo che ha perso i connotati filosofici. Non si può educare al fatto che tutto è relativo.
Nulla è relativo se si hanno ben ferme le matrici identitarie. Certo, la scuola riveste un ruolo importante partendo proprio dalla base. Il fatto è che vivendo in una società mediocre tutto si valuta con la cifra della mediocrità ma il mondo della cultura non può accettarlo.
Abbiamo creato una generazione che dialoga da sola e quando interagisce lo fa con il computer che la fa da padrone. Con l’intelligenza artificiale siamo entrati in un mondo che nega il pensiero la riflessione la contemplazione. Realmente non sappiamo cosa sia il bello. Non siamo più noi a pensarlo. Questo non è volgarmente il segno dei tempi in transizione. Siamo in un tempo puramente volgare.
Perché quando ci affidiamo e affidiamo il nostro pensiero al metodo artificiale neppure noi abbiamo consapevolezza più di ciò a cui pensiamo. Abbiamo dimenticato appunto il passato. Il passato non ci serve per farne una visione nostalgica. Ma ha una sua valenza ricca di esperienze.
Non saprei se l’evoluzione del progresso viene dall’Occidente o da Israele o dalla Cina. Resta il fatto che abbiamo perso la padronanza del nostro essere. Ecco perché occorre una rivoluzione culturale che punti alla tradizione e alla difesa del non cancellabile.
L’Europa come pensiero europeo non esiste. Assomma un crogiolo di modelli che allontanano ciò che stata la vera cultura europea. È una questione di natura politica. Chiaramente.
L’euro ha creato la massificazione non solo dei mercati ma delle individualità. Non può più esistere il pensare “collettivo”.
Ciò ha portato tutto appunto alla massificazione. Siamo individui e quindi persone. La conoscenza dei fattori antropologici resta fondamentale. Nelle strutture antropologiche che studiavano le civiltà primitive non potevano sussistere fatti “collettivi” ma popoli con le loro diversità.
Le cosiddette tribù avevano delle norme particolari fondante nel rispetto delle tradizioni. Si è snaturato tutto nel nome di un evanescente progresso. L’Italia soprattutto oggi è chiamata a sviluppare una rivoluzione nel nome della sua identità. Il patrimonio culturale è soprattutto patrimonio spirituale.
Cerchiamo di capire ciò e in modo particolare facciamo in modo che nulla possa essere cancellato perché la storia si racconta con il male e il bene.

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Pierfranco Bruni è nato in Calabria.
Archeologo direttore del Ministero Beni Culturali, presidente del Centro Studi “ Francesco Grisi” e già componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’estero.
Nel 2024 Ospite d’onore per l’Italia per la poesia alla Fiera Internazionale di Francoforte e Rappresentante della cultura italiana alla Fiera del libro di Tunisi.
Incarichi in capo al  Ministero della Cultura

• presidente Commissione Capitale italiana città del Libro 2024;

• presidente Comitato Nazionale Celebrazioni centenario Manlio Sgalambro;

• segretario unico comunicazione del Comitato Nazionale Celebrazioni Eleonora Duse.
È inoltre presidente nazionale del progetto “Undulna Eleonora Duse”, presidente e coordinatore scientifico del progetto “Giacomo Casanova 300”.

Ha pubblicato libri di poesia, racconti e romanzi. Si è occupato di letteratura del Novecento con libri su Pavese, Pirandello, Alvaro, Grisi, D’Annunzio, Carlo Levi, Quasimodo, Ungaretti, Cardarelli, Gatto, Penna, Vittorini e la linea narrativa e poetica novecentesca che tratteggia le eredità omeriche e le dimensioni del sacro.
Ha scritto saggi sulle problematiche relative alla cultura poetica della Magna Grecia e, tra l’altro, un libro su Fabrizio De André e il Mediterraneo (“Il cantico del sognatore mediterraneo”, giunto alla terza edizione), nel quale campeggia un percorso sulle matrici letterarie dei cantautori italiani, ovvero sul rapporto tra linguaggio poetico e musica. Un tema che costituisce un modello di ricerca sul quale Bruni lavora da molti anni.

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