Agroterrorismo dall’Oriente: la guerra invisibile passa dai laboratori

  • Postato il 28 giugno 2025
  • Di Panorama
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Si potrebbe in qualche modo definire arma biologica, quella che due cittadini cinesi – Yunqing Jian, 33 anni, ricercatrice presso l’Università del Michigan, e Zunyong Liu, 34 anni, ricercatore dell’Università Zhejiang in Cina – hanno tentato di introdurre negli Stati Uniti venendo accusati dall’Fbi di cospirazione, contrabbando e agroterrorismo. Il quarto episodio a coinvolgere studenti cinesi.  

Tra settembre 2024 e febbraio 2025, nascosti tra le pagine di testi accademici c’erano campioni di nematodi – piccoli vermi utilizzati comunemente nella ricerca biomedica ma parassitari delle piante e molto dannosi per l’orticoltura. Nell’ultimo caso, ancora più grave, si sono trovati campioni del fungo fusarium graminearum, noto per i suoi effetti devastanti sulle colture cerealicole. Se fuori controllo, potrebbe causare perdite economiche stimate in miliardi di dollari a livello globale, ma in gioco c’è di più: ingerendo la pianta colpita e i prodotti da essa ricavati, le tossine possono provocare vomito, danni epatici e difetti riproduttivi sia negli animali da allevamento sia nell’uomo. 

La sua nocività combinata alla facilità con cui il patogeno si diffonde per via aerea o attraverso sementi contaminate ha spinto il Federal Bureau a descriverlo come «potenziale arma agroterroristica che potrebbe essere utilizzata per colpire le colture alimentari». E a lanciare un allarme sul ruolo della ricerca scientifica cinese condotta negli Stati Uniti. 

Non c’è dubbio che, oltre al pericolo di stampo sanitario, l’«agroterrorismo» sia una minaccia politica concreta con implicazioni dirette – e potenzialmente fatali – per l’uomo. Peste suina, brucellosi, Xylella, salmonella, escherichia coli, sono solo alcune delle altre più comuni minacce biologiche che si annidano nella terra, nell’acqua, nei pascoli, finanche nei supermercati, e che ogni anno colpiscono già colture agricole, bestiame e prodotti destinati al consumo umano in tutto il mondo.

Tali agenti patogeni possono avere un impatto feroce su salute delle persone, sicurezza alimentare, filiera produttiva agricola, mezzi di sussistenza, sull’economia di un Paese e dunque sulla sua sicurezza nazionale. È proprio a causa di questo impatto dirompente, indiscriminato e difficilmente arginabile, che le minacce biologiche hanno trovato l’interesse crescente di agenti del caos, terroristi internazionali e persino di Stati sovrani che ne valutano l’uso massivo in contesti di guerra asimmetrica. La ragione? L’imprevedibilità, l’invisibilità, il basso costo e la facilità con cui possono essere contrabbandati e diffusi certi microrganismi.

Se colpire il settore agricolo è «economicamente vantaggioso» per i terroristi (bastano poche provette o piccoli quantitativi di agente patogeno per generare il caos), il comparto agroalimentare è di per sé molto vulnerabile: aziende difficili da controllare, catene di distribuzione complesse e monitoraggio sanitario insufficiente. La globalizzazione ha poi moltiplicato i punti di accesso per eventuali contaminazioni.

Invero, la «criminalità agricola» deriva più spesso da negligenza o da un atto illecito dettato da uno scopo speculativo/di profitto personale o finanziario, solitamente in un regime di concorrenza sleale. Ma quando l’uso di agenti biologici, chimici o contaminanti colpisce prodotti specificamente destinati al consumo della popolazione, ciò rientra appieno nel campo del «bioterrorismo». Anche la Fao e l’Interpol hanno aggiornato la casistica dei rischi globali: l’«agroterrorismo» rappresenta ormai una minaccia concreta, nel contesto delle guerre ibride e dei conflitti non convenzionali. (Senza contare i sospetti sulla controversa origine del Covid, legata alla possibile fuoriuscita da un laboratorio cinese).

Nel Regno Unito, se n’era parlato per l’epidemia di afta epizootica del 2001 (6 milioni di capi di bestiame abbattuti). In Oregon, nel 1984, in prossimità delle elezioni locali, nella cittadina di The Dalles centinaia di persone iniziarono ad ammalarsi di salmonella: in totale, 751 persone furono costrette ad affrontare un periodo di degenza in ospedale. Dopo lunghe e complicate indagini, emerse che gli esponenti della setta Rajneesh (una comune fondata dai seguaci del guru indiano Bhagwan Shree Rajneesh, conosciuto anche come Osho) avevano sparso il batterio della salmonella nelle insalate di alcuni fast food nella contea di Wasco, volendo provocare una contaminazione severa allo scopo preciso di far ammalare gli elettori, per abbassare l’affluenza alle urne e manipolare così le elezioni in corso.

In documenti sequestrati in Afghanistan durante gli anni Novanta, unità militari dell’intelligence americana scoprirono che i membri della futura Al Qaeda – maestri nella guerra asimmetrica – invitavano i propri miliziani a colpire il settore agroalimentare dei «Paesi crociati» attraverso antrace, virus e altre malattie del bestiame. L’approccio qaedista ha fatto scuola anche in Turchia e nel Kurdistan iracheno, dove nel 2006 una potente influenza aviaria colpì duramente le zone rurali, creando psicosi e incertezza per un intero anno: voci di una possibile diffusione intenzionale per destabilizzare le comunità curde non sono mai state confermate, ma rimane il sospetto di un attacco biologico volontario. 

A mettere in pratica le teorie qaediste ci hanno pensato i membri di Aum Shinrikyo, setta giapponese tristemente nota per l’attentato con gas sarin rilasciato nella metropolitana di Tokyo nel marzo 1995 (13 morti e oltre 6.200 intossicati): i loro esperimenti biologici su animali da allevamento e colture furono fermati in tempo dalle autorità solo per un fortunato caso (una soffiata alla polizia). 

Ancora, tra il 2020 e il 2022 un’allerta per la peste suina africana in Australia ha messo in crisi la sicurezza nazionale dell’intero continente, dopo che lotti di carne di maiale contaminata sono stati intercettati ripetutamente alle frontiere, al punto che esperti analisti hanno ipotizzato un’azione organizzata per colpire il comparto suinicolo nazionale. Le autorità di Canberra – particolarmente rigorose nei controlli frontalieri – sono riuscite a evitare il contagio, ma il rischio di una diffusione incontrollata è stato concreto. Anche l’Italia ha avuto un episodio di potenziale «agroterrorismo». Si tratta dell’epidemia di Xylella che, a partire dal 2013, ha falcidiato milioni di ulivi pugliesi, sterminati da un batterio arrivato dal continente americano. La sua origine rimane controversa: da errore di laboratorio a diffusione dolosa. Il danno economico supera i 2 miliardi di euro.  Di certo nel complesso scenario geopolitico di oggi, un fungo letale è stato introdotto negli Stati Uniti. E il direttore dell’Fbi Kash Patel sostiene che uno dei due ricercatori appartiene al Partito comunista cinese (Pcc) e che l’altra ha ricevuto finanziamenti dal governo di Pechino. Non è difficile trarre le conclusioni.

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Panorama

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