Alberto Trentini, la madre: “Meloni non ha mai pronunciato il suo nome come invece ha fatto con Cecilia Sala, è un dolore”
- Postato il 24 giugno 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Cala di nuovo il silenzio sul caso Trentini con i riflettori spostati altrove – l’escalation tra Iran e Israele – e il pensiero “entrato in moratoria”, per dirla con le parole di Eugenio Montale, anche prima di luglio. Persino la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, rischia di andare in ferie senza aver menzionato in pubblico Alberto Trentini, lasciando inascoltato l’appello lanciato una settimana fa dalla madre del cooperante, Armanda Colusso, e dalla legale Alessandra Ballerini, alla conferenza stampa che si è tenuta l’11 giugno a Roma. “Che non si sia spesa per pronunciarlo, come ha fatto invece pronunciare quello di Cecilia Sala, è stato un dolore in più”, ha detto la stessa Armanda alla trasmissione Il cavallo e la torre di Marco Damilano. E al momento nessun cedimento da parte della premier, che a quanto risulta a ilfattoquotidiano.it non ha neppure richiamato a Lido Venezia. Eppure certe notizie giungono sempre sulla sua scrivania, e vengono monitorate con minuziosità da Palazzo Chigi.
Tra silenzi e aperture. Neppure Alberto ha chiamato più dallo scorso 16 maggio. Qualche occidentale rilasciato di recente da El Rodeo I dice di averlo visto, ma le informazioni sono scarse e il suo nome non è noto, ad esempio, ai detenuti locali che non hanno alcun contatto con quelli stranieri. E talvolta l’assenza di informazione induce i familiari a volersi recare direttamente a Caracas, ma al momento prevalgono la prudenza e la fiducia sull’operato della Farnesina, attraverso l’ambasciatore Giovanni Umberto De Vito, e dell’Intelligence coinvolta in una delicata trattativa per il rilascio del cooperante. E i messaggi di apertura non sono mancati in questo tempo, come il ringraziamento del vice-ministro degli Esteri Edmondo Cirielli al presidente venezuelano Nicolas Maduro, a seguito della chiamata di Trentini, auspicando una “rapida scarcerazione del connazionale”. Fonti di Caracas assicurano sia un momento maturo per il dialogo tra Palazzo Chigi e quello di Miraflores considerata l’urgenza di amicizie per un Venezuela lacerato dalle sanzioni americane. D’altro canto, anche Caracas sta compiendo sforzi per normalizzare le relazioni diplomatiche con altri Stati visto il ripristino, nelle ultime ore, delle relazioni diplomatiche e consolari anche con Montevideo e Città del Panama.
Scenari. Tacciono anche le rappresentanze diplomatiche e consolari venezuelane in Italia e nella Santa Sede, già interpellate da ilfattoquotidiano.it. Si spera però che il console venezuelano a Milano, Gian Carlo Di Martino, ora in corsa per la carica di sindaco alla città di Maracaibo, la seconda più importante del Paese, possa contribuire alla liberazione del cooperante. Di Martino è infatti a conoscenza del caso Trentini, e ha sempre adottato una linea distensiva nei rapporti Caracas-Roma. In parallelo, in questi giorni, l’arcivescovo di Caracas, monsignor Raúl Biord Castillo, che conta anche sulla stima delle autorità venezuelane, fa tappa a Roma aprendo anche all’incontro con i familiari di Alberto. Quanto agli scenari di liberazione di Trentini si è finora ipotizzato un gesto di grazia, considerate le chiare indicazioni lasciate da papa Francesco nella bolla giubilare Spes non confundit, e l’affetto del presidente Maduro nei confronti del predecessore di Leone XIV. Ma anche l’espulsione, in extremis, vista l’assenza di accuse nei confronti di Trentini e l’assenza di vincoli di parentela con il Paese sudamericano. Resta tuttavia in stallo, e senza una data certa, la possibile visita consolare a beneficio dell’operatore umanitario. Al momento nessuna tra le cancellerie occidentali è riuscita a far visita ai propri concittadini: ottantatré gli stranieri arrestati per ragioni politiche tra cui molti con doppio passaporto com’è il caso degli altri sei italiani detenuti nel Paese.
Spes contra spem. Non viene meno la solidarietà degli amici di Alberto, che lunedì, insieme alla mamma, hanno percorso le strade che portano da Venezia a Mestre, chiedendo il rilascio dell’amico, del figlio, dell’uomo. Era presente anche l’attrice Ottavia Piccolo. Di Alberto rimpiangono tutto: dalla “tenacia e la forza interiore che lo spingeva a superare ogni ostacolo” alle “imperfezioni e fragilità”; dal “suono della sua risata” alla sua disponibilità a “tendere sempre la mano”. Giungono anche le lettere di scrittori, intellettuali e artisti, tra cui Helena Janeczek e Pif, alcune delle quali pubblicate da Repubblica. “Gliele faremo leggere quando tornerà”, ha detto la legale Ballerini. Giungono parole di solidarietà anche da Giuseppe Benedetto, presidente della Fondazione Einaudi, che ha dedicato ad Alberto l’omonimo riconoscimento: “Faccio mio l’appello che la mamma di Alberto ha rivolto nei giorni al governo e ai giornalisti: non smettiamo di parlare di Alberto Trentini finché non verrà riportato a casa”. Lo nominano anche le opposizioni venezuelane, almeno in Italia, ma come già sostenuto da Armanda su Ilfatto.it “il lavoro di Alberto in Venezuela era solo di carattere umanitario, non politico”.
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