Alessandro Bonaccorsi e il “Disegno brutto” in carcere: “Lo scopo è aiutare i ragazzi detenuti a fare pace col passato”
- Postato il 26 novembre 2025
- Cronaca
- Di Il Fatto Quotidiano
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“C’era un ragazzo, in carcere, che si masticava i fogli, perché non gli piaceva quello che disegnava. Un giorno si è disegnato in una buca, che era come si sentiva in quel periodo. Mi sono accorto che la forma della buca che aveva disegnato non era chiusa e quindi gli ho detto, ‘vedi, stai esprimendo il fatto che puoi uscirne’. Il disegno è parte di noi, e spesso rappresenta un pensiero o una sensazione”.
Alessandro Bonaccorsi vive a Ravenna ed è un disegnatore, autore, formatore e facilitatore grafico. È anche l’inventore del “Disegno Brutto”, un metodo pensato per chi non sa disegnare, che libera dai condizionamenti e crea nuovi punti di vista sulla realtà.
“Uno strumento incredibile per pensare meglio, rilassarsi, divertirsi, capire, comunicare, con un’apparenza scherzosa che nasconde un percorso filosofico di crescita personale”, lo definisce Alessandro. Che lo ha messo a punto dopo anni di ricerca su di sé, passando per diversi fallimenti universitari, per un periodo da allenatore di pallavolo semiprofessionista e di grafico-operaio in una grande industria grafica, fino a diventare un creativo freelance vent’anni fa. A un certo punto, arriva l’idea di un nuovo modo di disegnare, il Disegno Brutto, appunto. Esploso sui suoi social network ben prima della pandemia (nel 2017). Da quel momento lo ha insegnato in tutta Italia, in decine di corsi, agli infermieri come ai manager, ai docenti come agli impiegati, in associazioni, festival, musei, aziende, persino università.
Un anno fa è stato chiamato dalla Fondazione “Terre Des Hommes” per un progetto nel carcere Beccaria di Milano. “Cercavano delle attività per far capire ai ragazzi che c’è un altro modo di pensare e che avessero un approccio originale”, racconta. Il Disegno Brutto è uno dei laboratori proposti da Terre des Hommes con il progetto Chance (avviato con il sostegno di Enel Cuore). Un progetto che mette al centro la persona, a prescindere dal reato, o dalla divisa e che vuole favorire il dialogo tra minorenni detenuti, agenti e operatori offrendo nuove possibilità di espressione, crescita e comprensione reciproca. Alessandro ha iniziato un primo laboratorio, a gennaio di quest’anno, fatto da sette incontri, che si ripeteranno poi per altri due corsi.
“Si lavora nel refettorio della sezione, una quindicina di ragazzi ogni volta, li chiamo dall’uscio delle celle. Mi aiuta una mediatrice culturale di lingua araba, perché molti detenuti sono arabofoni. L’obiettivo è dare la possibilità di creare un nuovo racconto di sé, lavorare sulla loro identità così come sulla relazione con l’altro. Qualunque cosa disegnano va bene, lo scopo è far sì che si lascino andare, farli entrare in comunicazione attraverso il segno, ancora lavorare sulla memoria del luogo da cui sono venuti e sull’immaginazione di un possibile futuro”.
Il Disegno Brutto è un metodo che favorisce questi aspetti. In particolare, aiuta il racconto del tempo, e quindi della vita, un tema venuto fuori fin da subito, spiega Bonaccorsi. “Fin dalla prima sessione è venuta fuori l’insofferenza di essere chiusi lì dentro, il fatto che il tempo si ripeta uguale. Un ragazzo ha disegnato un serpente che si mangia la coda e delle persone chiuse dentro il serpente”.
Un altro aspetto positivo del Disegno Brutto è l’effetto calmante, “anche i ragazzi che avevano problemi di attenzione, che normalmente non riescono a stare fermi un attimo, sono stati seduti per un’ora a disegnare. Ho scoperto anche che molti sono analfabeti graficamente, per dire, hanno difficoltà a fare cerchi concentrici, e non hanno dimestichezza con la scrittura e il disegno. Hanno abilità di disegno rimaste a quando avevano dieci anni, eppure riescono con quei tratti e quelle figurazioni incerte o infantili a esprimere pensieri complessi”.
Durante le due ore, il “maestro” fornisce poche indicazioni essenziali, propone piccoli esercizi, e comunque non dice mai frasi come “potevi farlo meglio”. Non ci si giudica e non si viene giudicati. Il Disegno Brutto è un metodo attraverso cui, anche sbagliando, nell’errare, ci si esprime, e questo crea fiducia, ma anche “un rapporto, anche fisico, i ragazzi mi abbracciano, siamo in un habitat di tranquillità e calma, riusciamo a creare un giardino interiore”.
Durante il percorso “emergono emozioni forti. C’è un ragazzo che dopo il secondo incontro mi ha detto che non sarebbe più venuto, perché tutto quello che disegnava lo riportava a un passato, un passato dove stava bene e che ora non c’è più. Però passa sempre a salutare, anche se non si siede. Anche questo è, comunque, un rapporto”.
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