Alessia Pifferi “capace di intendere e volere”, quando uccise la figlia lasciandola morire di stenti

  • Postato il 26 agosto 2025
  • Giustizia
  • Di Il Fatto Quotidiano
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A febbraio, a sorpresa, dopo un processo, finito con la condanna all’ergastolo, in cui si era discussa anche con durezza tra le parti la capacità di intendere e di volere, per Alessia Pifferi – che lasciò morire di stenti la figlia di 18 mesi – fu decisa una nuova perizia psichiatrica. Anche i periti nominati dai giudici dell’appello ha stabilito che la donna era pienamente capace di intendere e volere al momento dei fatti. Una perizia psichiatrica nel primo processo aveva già accertato che la 40enne era capace di intendere e volere e, poi, su istanza della difesa la Corte d’Assise d’appello ha affidato a tre esperti un nuovo accertamento. Nelle motivazioni di primo grado i magistrati, anche sulla perizia, avevano scritto che che aveva “fatto morire la figlia per fare un lungo fine settimana con il compagno”.

La seconda perizia – I giudici popolari, guidati dalla presidente Ivana Caputo e la giudice a latere Franca Anelli, avevano conferito a febbraio l’incarico allo psichiatra bresciano, Giacomo Francesco Filippini, alla Professoressa di neuropsicologia e scienze cognitive dell’Università Bicocca, Nadia Bolognini, e allo specialista in Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, Stefano Benzoni.

Al collegio di esperti era stato chiesto di accertare se la donna che lunedì ha compiuto 40 anni fosse “affetta da patologie psichiatriche” e “alterazioni clinicamente significative della sfera cognitiva” tali da avere “interferito sulla capacità di intendere e di volere escludendola del tutto o scemandola gravemente” al momento dei fatti e nelle due occasioni precedenti in cui la bimba è stata lasciata sola in casa sopravvivendo, dal 2 al 4 luglio e dall’8 all’11 luglio del 2022.

La perizia, durata 6 mesi in carcere a Vigevano, sarà discussa in aula all’udienza del 24 settembre con la sostituta pg di Milano, Lucilla Tontodonati, che per la pubblica accusa ha nominato come consulenti le dottoresse Patrizia De Losa e Valentina Crespi, la difesa dell’imputata con l’avvocata Alessia Pontenani e per la parte civile (madre e sorella di Pifferi) il legale Emanuele De Mitri.

La prima perizia – La prima perizia psichiatrica era stata firmata dallo psichiatra forense Elvezio Pirfo, considerato uno dei massimi esperti, e quindi aveva destato stupore la decisione dei magistrati dell’appello di nominare un nuovo team di esperti che sono arrivati alla medesima conclusione. Pirfo aveva stabilito che al momento dei fatti la donna, che lasciò alla piccola un biberon per una settimana, aveva tutelato i suoi desideri di donna rispetto ai doveri di accudimento materno verso la piccola Diana e ha anche adottato ‘un’intelligenza di condotta’ viste le motivazioni diverse delle proprie scelte date a persone diverse”.

Il processo bis – Gli esiti della perizia, che confermano l’analisi svolta in primo grado da Pirfo, potrebbero impattare indirettamente anche sul ‘caso Pifferi bis’ che vede imputati di falso e favoreggiamento personale la legale della donna, il suo consulente di parte e alcune psicologhe del carcere San Vittore. Sono tutti accusati in concorso di aver manipolato documenti e un “test di Wais” per far risultare un quoziente intellettivo di 40, come quello di una bambina di 6 anni, per evitarle una condanna all’ergastolo. La richiesta di rinvio a giudizio del pm Francesco De Tommasi pende davanti al gup Roberto Crepaldi. L’udienza è fissata per l’11 settembre e sono previsti gli interrogatori degli imputati. Proprio Pirfo aveva testimoniato che “i test delle psicologhe” erano “inattendibili” e che la “scelta” era stata inappropriata”.

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Il Fatto Quotidiano

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