Almerigo Grilz, chi era «l’inviato ignoto» caduto in guerra e dimenticato dalla stampa italiana
- Postato il 9 luglio 2025
- Di Panorama
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«Alla vita scomoda» è il brindisi – davanti al fuoco di un bivacco, con un guerrigliero mozambicano – di Almerigo Grilz, interpretato da Francesco Centorame, in Albatross, il film sulla vita avventurosa del primo giornalista italiano caduto su un campo di battaglia dopo il secondo conflitto mondiale. Il ribelle africano gli chiede perché non ha scelto «soldi e vita comoda» con un seggio garantito in Parlamento.
Grilz alza il bicchiere di whiskey, sotto un cielo stellato, per brindare alla scelta di rincorrere i sogni e realizzarli, anche se per poco, girando il mondo e raccontando le guerre dimenticate degli anni Ottanta come giornalista libero, free lance, dell’Albatross press agency. Agenzia fondata a Trieste, nel 1983, assieme a Gian Micalessin e chi scrive, per scoprire il mondo. E diventare «crazy italians», i pazzi italiani, che si tuffano nel lato oscuro dell’umanità portando dalla prima linea il bang bang richiesto dai network americani come la Nbc, la Cbs e le più grandi tv europee.
Albatross, dal 3 luglio nelle sale, è la storia di un “fratello” maggiore e compagno d’avventure. La vita di Almerigo Grilz, dalla passione politica negli anni Settanta al Mozambico, dove è caduto con la cinepresa in mano filmando una battaglia fra i ribelli della Renamo ed i governativi del Frelimo nella spaventosa guerra civile che ha provocato un milione di morti. Un inviato rimasto a lungo ignoto perché negli anni Settanta militava dalla parte “sbagliata” rispetto ai tanti dall’altro lato della barricata, oggi grandi giornalisti.
«Albatross è arrivato sul mio tavolo nel novembre del 2019. Non conoscevo la storia di Grilz, che andava raccontata. Poi con l’arrivo del Covid tutto è slittato», ha spiegato alla presentazione del film a Roma l’ad di Rai Cinema, Paolo Del Brocco. Non è stato facile trovare il regista, che è pure sceneggiatore, Giulio Base. In tanti hanno detto di no temendo “di non lavorare più” raccontando la storia dell’“uomo nero” Grilz. Lo stesso Base ha rivelato che un «illustre giornalista» gli ha scritto, alla vigilia della prima capitolina: «Leni ce l’ha fatta. Adesso vediamo se ci riesci». Il riferimento è a Leni Riefenstahl, la regista preferita di Adolf Hitler.
Albatross, realizzato con un budget non hollywoodiano di 2,5 milioni di euro, è una produzione One More Pictures di Gennaro Coppola con Rai Cinema e il contributo del Fondo del ministero della Cultura, di Apulia Film e Friuli Venezia Giulia Film Commission. «Boia chi molla è il grido di battaglia – Fascisti carogne tornate nelle fogne» sono gli slogan che risuonano a gran voce all’inizio sullo sfondo nero e titolo rosso, Albatross. Poi irrompe la prima scena di scontri di piazza negli anni Settanta e inizia la trama romanzata sulla prima vita di Grilz segretario del Fronte della gioventù a Trieste e pupillo, nella realtà, di Gianfranco Fini.
Dall’altra parte della barricata c’è Vito, un personaggio di fantasia ispirato al famoso giornalista Toni Capuozzo, che per primo ha ricordato Grilz «inviato ignoto», interpretato da giovane da Michele Favaro e, nei giorni nostri, da un monumentale Giancarlo Giannini. La storia di Almerigo si intreccia con quella del suo antagonista come racconta il regista: «Temevo di fare un film divisivo e non trovavo una chiave interpretativa. Poi mi imbatto nell’introduzione di un libro firmata da Toni Capuozzo, friulano, che sosteneva si dovesse rispettare Grilz, anche se la pensava diversamente da lui. Anzi non escludeva di averlo incrociato negli scontri di piazza».
Negli Anni di piombo la storia di Almerigo si sviluppa fra la politica e gli amori senza nascondere che erano tempi di scontri di piazza, di spranghe e chiavi inglesi, in un clima di latente guerra civile. Grilz, però, girava pure l’Europa in autostop e per pagarsi il viaggio vendeva collanine o correva a Londra a filmare il matrimonio di Lady Diana. Dopo il periodo più turbolento ci chiediamo cosa vogliamo fare da grandi e spunta il sogno di tre giovani e scapestrati triestini di viaggiare per il mondo raccontando le guerre dimenticate. Così nasce l’Albatross, il gabbiano invincibile, «grande e grosso, che sembra goffo, finché non apre le ali e vola in alto per avere una visione diversa della vita e della realtà senza paraocchi» recita Centorame. Assieme ad Almerigo dall’Afghanistan, all’Africa e alle Filippine con i guerriglieri maoisti che lo chiamavano «ka», compagno, abbiamo affrontato il tema della paura e della morte, come si vede nel film. Albatross alterna le scene di guerra, i reportage, che non sono realizzati con i mezzi di Hollywood, ma rendono l’idea, al racconto di Vito – interpretato da Giannini – che torna a Trieste, dopo una vita da star dell’informazione, per convincere l’Ordine dei giornalisti a non relegare nell’oblio Grilz. «Quando ho cominciato questo mestiere, come tutti noi, avevo la convinzione di essere dalla parte corretta», dice Vito. «C’era un ragazzo a quei tempi che era dalla parte sbagliata, ma come noi pensava di essere da quella giusta. Quel ragazzo non è cresciuto, non è diventato un adulto come noi, ma ha perso la vita accanto a un popolo in guerra».
Le ultime scene girate da Grilz in Mozambico, il 19 maggio 1987, sono ricostruite nel film: il giornalista cade centrato dal colpo di un cecchino e il rivolo di sangue gli cola dalla nuca. «Per la morte di Almerigo, la notte prima, ho rivisto innumerevoli volte le sue ultime immagini», raccontava Centorame durante le riprese finali in Puglia nel 2023. «La sepoltura è stata toccante. Fra le comparse c’era anche un vero mozambicano, che ha intonato una canzone del suo Paese per i caduti. Eravamo in provincia di Foggia, ma sembrava di essere veramente in Africa. Una scena talmente grande da farmi sentire piccolo».
Albatross si chiude con Vito/Giannini che riparte in treno dopo essersi battuto per una targa che ricordi Grilz. Il giornale di Trieste spara in prima pagina: «Mai! Non ci sarà nessuna targa per il mercenario Almerigo Grilz». Per 21 anni è stato così, con un presidente dell’Ordine locale che ha risposto di non voler trasformare «in un orto lapidario» la facciata del palazzo della stampa, dove campeggiano i riquadri che giustamente ricordano tutti gli altri reporter triestini caduti: i tre della Rai a Mostar e Miran Hrovatin a Mogadiscio. Poi è stata concessa una targa all’interno con tutti i nomi dei caduti per mafia, terrorismo e in guerra, tra i quali compare pure quello di Almerigo.
Soprattutto a Trieste, c’è ancora chi sostiene che Grilz «ha partecipato attivamente alle attività di guerriglia dei tagliagole della Renamo in Mozambico», come ha fatto Pierpaolo Brovedani della sezione Cgil dell’Anpi. Assieme a una quarantina di associazioni oltranziste di sinistra ha indetto una petizione per cancellare il premio giornalistico Grilz, sottoscritta da Paolo Rumiz, firma di Repubblica.
Per la presentazione di Albatross a Trieste si sono scatenati gli odiatori da tastiera con dozzine di post oltraggiosi sulla pagina di TriesteCinema. C’è chi è convinto che «sia morto da mercenario». Chi addirittura invoca le foibe: «Peccato che i partigiani di Tito si siano scordato di troppi…». E interviene anche Alessandro Metz, socio di Casarini in una Ong del mare, entrambi sotto processo a Ragusa per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina aggravato dal profitto. Metz sentenzia che Grilz «veniva pagato per fare da ufficio stampa dei massacratori della Renamo». E aggiunge: «A Trieste del “giornalista” non c’è traccia, solo il ricordo di un fascista picchiatore, che poi ha “venduto” i suoi servizi in giro per il mondo». Giannini, interpellato sulle possibili polemiche, ha risposto telegrafico: «Futtitenn».
Fra sei mesi Albatross andrà in onda sulla Rai e la figura di Almerigo giornalista, caduto sul campo dell’informazione, è stata riconosciuta anche dal cardinale Matteo Zuppi.
All’inizio degli anni Novanta aveva mediato con la Comunità di Sant’Egidio la pace in Mozambico fra Frelimo e Renamo. Gli alpini italiani hanno poi garantito gli accordi con una missione che si chiamava Albatross. «La storia di Almerigo Grilz è importante, di un uomo coraggioso che faceva conoscere quello che era nascosto, che non esisteva perché non c’erano immagini», ha detto il cardinale in un videomessaggio. «Gli dobbiamo la conoscenza della realtà del Mozambico e il coraggio di andare e rischiare la vita».