“Altro che separazione delle carriere, senza di noi giustizia al collasso”. La protesta dei precari Pnrr: “6000 a rischio taglio”

  • Postato il 27 novembre 2025
  • Lavoro
  • Di Il Fatto Quotidiano
  • 1 Visualizzazioni

“Altro che separazione delle carriere e la creazione del doppio Consiglio superiore della magistratura. Questa riforma non è la priorità. I cittadini chiedono tempi certi, dalle cause che si fanno per il risarcimento del danno, fino ai processi penali. Ma il sistema è già sotto organico, senza di noi la giustizia sarà al collasso”. Mentre governo e forze politiche già si scontrano e si preparano al referendum sulla giustizia di marzo 2026, è il personale precario assunto con il Piano nazionale di ripresa e resilienza e ora in scadenza con la fine degli stessi progetti Pnrr, a rivendicare garanzie per il proprio futuro.

Dopo le diverse proroghe arrivate negli anni, ora il governo Meloni non sembra intenzionato a trovare una soluzione, né prevede stabilizzazioni di massa. Così, come già raccontato dal Fatto Quotidiano, un totale di 20mila dipendenti pubblici precari, dalla stessa giustizia, alle Università, passando per i ricercatori degli enti di ricerca fino a Comuni e sanità, rischia di restare presto a casa. Senza lavoro.

Tra tribunali e macchina amministrativa giudiziaria, sono ben 12mila i precari. Circa 8.200 sono stati destinati all’ufficio del processo, assunti in una prima ondata di 8.171 unità e poi altre 3.946 unità a tempo determinato, che hanno sostituito altrettanti che nel frattempo hanno lasciato il posto, avendo vinto concorsi altrove. Si tratta di laureati che fanno da supporto “para-giurisdizionale” ai magistrati (ricerche giurisprudenziali, bozze di provvedimenti, analisi fascicoli, schede di udienza). Ma ci sono anche tecnici informatici, statistici, edili, contabili e gli operatori di data entry, che si sono occupati della digitalizzazione massiva degli atti e del loro inserimento nei sistemi informatici. In gran parte lavorano già da 4 anni, altri sono entrati nel 2022. Nel 2024 avrebbero dovuto rifare il concorso, ma hanno ottenuto la proroga. Oggi almeno la metà dei 12mila precari della Giustizia teme per il proprio futuro.

La manovra dello scorso anno prevedeva di stabilizzare 3mila precari, ma in realtà per ora non è stata attivata alcuna procedura. E anche per quest’anno ci sono, al momento, soltanto promesse, ma poco di concreto: “Dal ministero c’è l’impegno, la possibilità di stabilizzare soltanto 6mila persone, secondo una prova e dei criteri. Ancora oggi non sappiamo nemmeno quali potranno essere questi requisiti di assunzione. Ma noi lottiamo affinché, anche per gradi, ma con un impegno concreto, tutti possano venire stabilizzati“. Anche perché, rivendicano, anche con le assunzioni di tutti i precari il settore sarebbe comunque sotto organico, di almeno 15mila unità. Per questo diverse decine di precari si sono ritrovati sotto il ministero della Funzione Pubblica, insieme alla Usb, per chiedere che in manovra siano approvati gli emendamenti sulla stabilizzazione, anche graduale, di tutto il personale precario.

“Al Tribunale di Modena, dove sono entrata a tempo determinato nel 2024, il personale precario è un terzo del totale. Se venisse confermata questa idea di assumere a livello nazionale soltanto metà della platea dei precari, sarebbe il collasso”, spiega una lavoratrice. Altri concordano: “Siamo tutti essenziali, utili. Ho rinunciato a un posto a tempo indeterminato per lavorare nel settore giustizia, ci credevo. Ma ora se in tanti saremo mandati via sarà un problema anche e soprattutto per i cittadini, oltre che per il nostro futuro”.

“Sembra quasi che ci sia la volontà di non far funzionare la giustizia, nel momento in cui gli investimenti sono sempre minimi e la priorità del governo è formalizzare quello che è un costante attacco alla magistratura con una riforma che distrae l’attenzione dal problema del precariato“, spiega un lavoratore che si occupa di digitalizzazione. “Inutile continuare a trovare misure affinché i magistrati possano scrivere più sentenze, se non c’è personale amministrativo che poi si occupi di tutti gli adempimenti precedenti e successivi. Se una sentenza viene scritta e depositata, ma non viene messa in esecuzione è tutto tempo perso“, rivendica un’altra lavoratrice.

Così, mentre il governo sembra impegnarsi quotidianamente nello scontro con la magistratura, secondo i lavoratori precari sembra essersi invece dimenticato dei reali problemi del settore: “Spendiamo soldi pubblici per le armi, ma il governo non si preoccupa di stabilizzare i dipendenti di un settore essenziale”.

Per ora gli impegni sembrano essere pochi, in attesa dei passaggi parlamentari della manovra a fine anno e degli accordi interni alla maggioranza: “Hanno ricevuto una nostra delegazione, ci è stato proposto un emendamento governativo per fare una graduatoria da assorbire negli anni successivi, anche da altre amministrazioni. Ma noi, oltre alla stabilizzazione di tutti, continuiamo a spingere per mantenere una continuità del servizio”, rivendicano i precari riuniti in presidio sotto il ministero.

“Grazie a noi è stato raggiunto l’obiettivo della riduzione dei tempi del processo, ora sembra ci dicano: ‘obiettivo raggiunto, voi potete anche andare a casa‘. Ma così si tornerà in poco tempo alla stessa situazione di prima”. Così c’è chi pensa già di emigrare all’estero: “Perché dovrei rimanere qui? Perché dare a uno Stato che non mi riconosce la mia salute, la mia professionalità e i miei desideri?”.

L'articolo “Altro che separazione delle carriere, senza di noi giustizia al collasso”. La protesta dei precari Pnrr: “6000 a rischio taglio” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Autore
Il Fatto Quotidiano

Potrebbero anche piacerti