Alzheimer, una strategia semplice ma potente ne abbassa il rischio del 15%
- Postato il 27 aprile 2025
- Lifestyle
- Di Blitz
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Con il progressivo invecchiamento della popolazione mondiale, le malattie neurodegenerative come per esempio l’Alzheimer sono sempre più comuni. Tuttavia, la ricerca scientifica continua a offrire nuove speranze, dimostrando che adottare alcuni accorgimenti nella vita quotidiana può fare una differenza sostanziale. Un recente studio condotto su quasi 34.000 adulti ipertesi suggerisce che un controllo efficace della pressione arteriosa può ridurre il rischio di demenza del 15%.
Questa scoperta si inserisce in un contesto scientifico sempre più orientato verso la prevenzione e il rallentamento del declino cognitivo attraverso strategie non farmacologiche e modifiche dello stile di vita. Secondo gli esperti, prendersi cura della propria salute cardiovascolare ha effetti benefici anche sulla funzione cerebrale, e questo studio ne è l’ennesima, concreta conferma.
La connessione tra pressione alta e declino cognitivo

L’ipertensione, comunemente nota come pressione alta, è uno dei principali fattori di rischio per numerose patologie croniche, incluse le malattie cardiovascolari e cerebrovascolari. Ma ciò che sta emergendo con sempre maggiore chiarezza è il legame diretto tra pressione arteriosa elevata e deterioramento delle funzioni cognitive.
L’ipertensione cronica danneggia i vasi sanguigni del cervello, compromettendo il flusso di sangue e ossigeno. Questo porta, nel tempo, a una degenerazione progressiva delle cellule nervose, aumentando la probabilità di sviluppare disturbi come l’Alzheimer e le demenze vascolari. Inoltre, la pressione alta favorisce l’insorgenza di microlesioni cerebrali, infarti silenti e altri danni neurologici spesso irreversibili.
Lo studio
I risultati di questa nuova ricerca, pubblicata sulla rivista Nature Medicine, forniscono una delle prove più solide finora a disposizione sulla correlazione tra trattamento dell’ipertensione e prevenzione della demenza. Lo studio ha coinvolto quasi 34.000 persone con ipertensione non controllata, residenti in aree rurali della Cina. I partecipanti, tutti di età superiore ai 40 anni, sono stati seguiti per un periodo di quattro anni.
Il campione è stato suddiviso in due gruppi. Il primo ha ricevuto un trattamento intensivo a base di farmaci antipertensivi, accompagnato da supporto medico personalizzato e strategie per migliorare lo stile di vita. Il secondo gruppo ha continuato con le cure abituali, ricevendo solo informazioni generali sulla gestione della pressione.
Al termine dello studio, è emerso che coloro che hanno beneficiato del trattamento intensivo hanno registrato una riduzione del 15% del rischio di sviluppare demenza e del 16% del rischio di deterioramento cognitivo rispetto al gruppo di controllo. Una differenza statistica significativa, che offre un punto fermo a livello di prevenzione.
Stile di vita e salute del cervello, un legame sempre più evidente
Oltre alla terapia farmacologica, lo studio ha evidenziato l’importanza delle abitudini quotidiane nella prevenzione delle malattie neurodegenerative. Tra gli interventi raccomandati, figurano la riduzione del consumo di sale, l’attività fisica regolare, la perdita di peso, la riduzione dell’assunzione di alcolici e la cessazione del fumo. Questi fattori non solo contribuiscono a mantenere sotto controllo la pressione arteriosa, ma agiscono direttamente anche sulla salute cerebrale.
Numerose ricerche parallele confermano, infatti, che un’alimentazione equilibrata, come la dieta mediterranea, ricca di frutta, verdura, legumi, cereali integrali e pesce, è associata a un minor rischio di sviluppare Alzheimer. Allo stesso modo, l’esercizio fisico costante migliora l’ossigenazione del cervello e stimola la produzione di nuove connessioni neuronali.
Anche la qualità del sonno riveste un ruolo cruciale. Disturbi come l’insonnia o l’apnea notturna, se non trattati, possono favorire l’accumulo di proteine tossiche nel cervello, come la beta-amiloide, coinvolta nell’insorgenza dell’Alzheimer. Non a caso, recenti linee guida raccomandano il trattamento tempestivo di questi disturbi per preservare le funzioni cognitive.
Udito e demenza: un legame meno conosciuto, ma fondamentale
Un’altra area di interesse emergente nella prevenzione del declino cognitivo è la salute dell’udito. Diversi studi hanno dimostrato che la perdita uditiva non trattata rappresenta uno dei principali fattori di rischio modificabili per la demenza. Il motivo è duplice: da un lato, lo sforzo costante per decodificare i suoni affatica il cervello, dall’altro, la perdita di udito contribuisce all’isolamento sociale, che a sua volta accelera il declino cognitivo.
L’uso di apparecchi acustici, se introdotti precocemente, può quindi rappresentare un’efficace strategia preventiva, migliorando la qualità della vita e mantenendo attive le connessioni cerebrali.
Gli esperti: “Ciò che fa bene al cuore, fa bene al cervello”
Il dottor Richard Oakley, direttore associato per la ricerca e l’innovazione presso l’Alzheimer’s Society, ha sottolineato come lo studio in questione rappresenti una pietra miliare nella comprensione del legame tra ipertensione e demenza. “Sebbene non esista una singola soluzione miracolosa, sappiamo che prendersi cura del cuore si riflette positivamente anche sulla salute del cervello”, ha affermato. “Questa ricerca è uno dei primi grandi trial clinici che dimostra un effetto preventivo concreto del trattamento della pressione alta sul rischio di demenza”.
Anche altri studiosi, pur non coinvolti direttamente nello studio, hanno accolto con entusiasmo i risultati, riconoscendone il valore clinico e le implicazioni per la salute pubblica. L’adozione di strategie su vasta scala per il controllo dell’ipertensione potrebbe ridurre in maniera significativa l’incidenza delle malattie neurodegenerative nei prossimi decenni.
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