Amianto, riconosciuta malattia professionale per tecnico Telecom di Bari

  • Postato il 23 giugno 2025
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Amianto, riconosciuta malattia professionale per tecnico Telecom di Bari

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Amianto, sentenza storica: riconosciuta malattia professionale a ex tecnico Telecom. Condannata l’Inail: rendita mensile per l’82enne. Decisiva l’esposizione prolungata nei locali contaminati di Bari.


BARI – Ha lavorato per oltre tre decenni tra cavi, centraline e polveri invisibili, in ambienti impregnati di amianto. Oggi, a 82 anni, l’ex assistente tecnico di Telecom Italia ottiene giustizia. Il tribunale del Lavoro di Bari ha riconosciuto la sua patologia come malattia professionale, condannando l’Inail a corrispondergli una rendita mensile vitalizia.

Amianto, riconosciuta malattia professionale per tecnico Telecom di Bari

A rendere pubblica la decisione è l’Osservatorio nazionale amianto (Ona), da anni impegnato nella tutela delle vittime di esposizione a fibre cancerogene. L’uomo ha prestato servizio per 31 anni nella sede barese di Telecom Italia, svolgendo attività di controllo e collaudo nella rete telefonica. Il tutto – si legge nella nota dell’Ona – senza alcun dispositivo di protezione individuale, nonostante la vicinanza allo stabilimento Fibronit, ex fabbrica nota per la produzione di materiali in cemento amianto, chiusa solo nel 1985.

A causa di quella prolungata esposizione, l’uomo ha sviluppato placche pleuriche calcifiche bilaterali, una lesione tipica dell’asbestosi. Particolarmente rilevante è l’uso quotidiano, imposto dall’azienda, di un telo ignifugo contenente crisotilo (amianto bianco) per le operazioni di saldatura: uno strumento che, anziché proteggere, si è rivelato veicolo di contaminazione.

«La sentenza – commenta Ezio Bonanni, presidente dell’Ona – dimostra come l’esposizione professionale sia stata per anni sottovalutata, quando non del tutto ignorata, da istituzioni e datori di lavoro». L’Osservatorio annuncia nuove azioni legali. Si chiederà il risarcimento dei danni e l’aumento della pensione per il lavoratore, come previsto dalla normativa vigente per le vittime dell’amianto.

Questa decisione si inserisce in un contesto nazionale ancora critico. In Italia, si contano ogni anno oltre 6.000 decessi legati all’amianto, nonostante il materiale sia stato bandito nel 1992. Secondo l’Ona, decine di migliaia di edifici pubblici e luoghi di lavoro ne conservano ancora tracce.

La sentenza di Bari rappresenta dunque una svolta giurisprudenziale, ma anche un appello alla memoria e alla responsabilità: non si può più ignorare il prezzo umano pagato da chi ha lavorato per anni a contatto con la morte silenziosa delle fibre d’amianto.

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