Anche gli infermieri contro la manovra: “Gli aumenti non risolvono le carenze d’organico”. E la Lombardia li recluta dall’Uzbekistan

Aumenti di stipendio stimati in circa 1.600 euro l’anno, indennità aumentate di 40 euro lordi e 5mila assunzioni previste contro un buco di 65mila professionisti (almeno). Doveva essere la manovra in grado di mandare un messaggio chiaro a chi lavora nel Servizio sanitario nazionale. La legge di bilancio del cambio di rotta per i professionisti della sanità pubblica. E invece, dopo le critiche di osservatori indipendenti e camici bianchi, è arrivata anche la bocciatura da parte degli infermieri. Sono loro una delle categorie più sofferenti del nostro Ssn, e tra quelle che più emigrano all’estero alla ricerca di condizioni migliori, dopo essersi formati in patria.

In Italia, ne mancano più di 65mila – anche se secondo i sindacati di categoria la carenza è quasi tre volte maggiore – e nei prossimi anni questa drammatica penuria di personale peggiorerà, visto che sempre meno giovani scelgono di intraprendere questa professione. In un contesto del genere, la manovra mette sul tavolo poco per l’incremento degli stipendi degli infermieri, con l’indennità di specificità che arriverebbe a 110 euro lordi, circa 40 in più dell’attuale. Considerate le condizioni di burnout diffuso in cui versano i professionisti a causa delle gravi carenze d’organico, queste misure economiche difficilmente avranno impatto sul numero di assunzioni. Se non tramite il reclutamento di infermieri dall’estero, come quelli arrivati in Lombardia dall’Uzbekistan.

“Questa manovra non racconta affatto una svolta per la sanità, ma è l’ennesima illusione”, scrive Antonio De Palma, presidente del sindacato degli infermieri Nursing Up, in una lettera aperta rivolta al ministro della Salute, Orazio Schillaci. Commentando l’austerità della legge di bilancio – che vale appena 18,7 miliardi, una delle più leggere degli ultimi anni -, De Palma parla di “uno nuovo schiaffo ai professionisti della sanità pubblica”. “Ci parlavano di un fiume di risorse – scrive – ma ci ritroviamo con una pozzanghera che evapora al primo sole: 2,4 miliardi nel 2026 che diventano appena 2,65 complessivi nel biennio successivo. È un passo indietro, non avanti”.

Sul fronte delle assunzioni, prosegue De Palma, “solo 1500 medici e 5000 infermieri l’anno, di fronte a una voragine di 175mila professionisti mancanti (per raggiungere la media europea pari a 8,4 infermieri ogni mille abitanti. Nel 2024 questa media in Italia era di 6,5, ndr). È come tentare di curare un’emorragia con un cerotto. Il Ssn non può reggere così. Quanto agli stipendi, gli aumenti sono una mancia che non basta a fermare la fuga dei professionisti né a restituire dignità a chi resta”, sottolinea il leader sindacale. E in questo modo a pagare il prezzo più alto sono i cittadini, che rinunciano a curarsi, esasperati dalle lunghe liste d’attesa, dalle difficoltà dei pronto soccorsi e dall’ascesa del costoso sistema privato. “In una situazione del genere, la politica preferisce inventare figure ibride come l’assistente infermiere. O reclutare addirittura infermieri dall’Uzbekistan, professionisti che non conoscono la lingua né il nostro sistema”.

Il riferimento è all’ultimo arruolamento di lavoratori stranieri da parte della regione amministrata da Attilio Fontana. Entro il 2026 ne arriveranno oltre 200. I primi dieci sono stati accolti dal governatore lo scorso giovedì: prenderanno servizio nella Regione dopo un percorso di formazione clinica e teorica nell’Asst Fatebenefratelli-Sacco di Milano. Ci vorranno mesi prima che si rendano autonomi. Poi verranno impegnati in diversi reparti ospedalieri, tra cui pronto soccorso, terapia intensiva, cardiologia, nefrologia, oncologia ed area pediatrica. Fino ad allora, dovranno essere affiancati e supervisionati da un tutor, con il rischio di dover staccare un’altra risorsa dai reparti già affaticati. Parteciperanno anche a corsi di lingua italiana.

Non è la prima volta che la Lombardia recluta infermieri dall’estero: nei mesi scorsi sono arrivati professionisti dall’India e dal Sudamerica. Ora è il turno dei colleghi asiatici. E non è neanche la prima volta che questo modello viene criticato. Anche perché, come già osservato in altre occasioni, una volta in Italia questi professionisti fanno spesso lo stesso percorso dei loro colleghi italiani: lasciano il pubblico per accettare offerte economiche più vantaggiose nel privato o condizioni di lavoro migliori in altri paesi europei, come la vicina Svizzera.

Quello della legge di bilancio 2025 “è un segnale gravissimo di disattenzione verso chi manda avanti gli ospedali”, secondo De Palma. Prima della presentazione della manovra il ministro “non ci ha mai voluti incontrare – continua il presidente Nursing Up -. Evidentemente i sindacati delle professioni sanitarie non servono. Eppure il confronto vero è l’unica via per costruire strategie efficaci. Non è tardi: lo faccia ora, ministro. Ci convochi subito“, è l’appello del sindacato. “Non chiediamo regali, ma dignità e rispetto. E pretendiamo che chi rappresenta decine di migliaia di professionisti sia finalmente ascoltato. Perché dal confronto nascono le soluzioni. Dal silenzio, solo il declino”, conclude De Palma.

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Il Fatto Quotidiano

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