Anche professionisti genovesi nel gruppo “Mia moglie”: medici, avvocati e docenti tra gli iscritti

  • Postato il 20 agosto 2025
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Genova. Medici, funzionari del ministero, avvocati, docenti universitari: c’erano anche professionisti genovesi nel gruppo Facebook “Mia moglie”, utilizzato da decine di uomini per postare foto di donne (mogli, e non solo) a loro insaputa e commentarle poi liberamente con gli altri membri.

A scoprirlo, e denunciarlo, è stata l’attivista Biancamaria Furci prima che il gruppo venisse chiuso dopo le numerose segnalazioni alla polizia postale, partite dal gruppo No Justice No Peace e dall’attivista e femminista Carolina Capria su Instagram.

L’attivista Biancamaria Furci: “Nel gruppo medici, poliziotti, avvocati: diteci ancora che siamo al sicuro”

Furci, genovese, attivista femminista e creator digitale, è riuscita a entrare nel gruppo (32.000 iscritti, creato nel 2019) e a passare in rassegna i partecipanti, scoprendo che molti indicavano su Facebook di abitare o lavorare a Genova: “Questo è il momento di controllare se i vostri partner/mariti sono su quel gruppo. Di controllare se ci sono i partner/mariti delle vostre amiche”, ha scritto lanciando un appello.

Detto, fatto: l’attivista ha fatto le sue ricerche e condiviso screenshot di professionisti che sui social, nelle informazioni, indicavano Genova come residenza.

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“Ho cercato gli uomini della mia città iscritti al gruppo, quelli prima di ieri, e chi ci ho trovato? Poliziotti, militari, medici, dirigenti sanitari, avvocati, insegnati. Diteci che ancora dobbiamo sentirci al sicuro a denunciare, a farci prendere in cura, a girare per strada, a studiare”.

Come funzionava il  gruppo “Mia moglie”

L’indignazione per la scoperta dei contenuti del gruppo ormai da giorni scuote la Rete. I partecipanti, alcuni anonimi, altri no, hanno condiviso per anni immagini di donne quasi sempre ignare di essere fotografate o riprese, men che meno condivise sui social, a volte in costume o in situazioni private, per avviare un dibattito con gli altri utenti e commentare il loro aspetto fisico, spesso con pesanti allusioni sessuali.

Alcune donne sono state riprese mentre dormono, altre in coda a una cassa, altre ancora al mare. Gli iscritti, alle critiche, si sono difesi parlando di “perbenismo” e di una condivisione degli scatti in accordo con mogli e compagne parlando “giochi sessuali innocenti”. Altri membri non hanno postato niente, ma hanno partecipato al gruppo solo come osservatori e commentatori. Il tutto quasi sempre con pseudonimi, o nascondendosi dietro alla dicitura “partecipante anonimo”.

In alcune foto i volti delle donne sono stati oscurati, in altri invece si vedevano chiaramente. Oltre che una evidente violazione della privacy potrebbe dunque configurarsi anche il reato di revenge porn, che punisce chi condivide materiale a tema sessuale senza il consenso della persona interessata.

Autore
Genova24

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