Anna Carlucci a FQMagazine: “Stare davanti alla telecamera era una piccola sofferenza. Oggi non mi darebbe fastidio. Ballando con Le Stelle? Voglio bene a tutti, con Carolyn Smith un rapporto speciale”
- Postato il 19 giugno 2025
- Televisione
- Di Il Fatto Quotidiano
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Parlare al telefono con Anna Carlucci a tratti è straniante. Perché il timbro della voce, il fiume incessante di parole, persino le pause, sono identici a quelli della sorella Milly. Con la quale lavora a stretto contatto da dieci anni, quando le chiese di occuparsi dei social di Ballando con le stelle. Nella storia delle sorelle Carlucci si intrecciano sorellanza, affetto, determinazione, imprinting familiare e genetico, curiosità. Milly “il generale”, Gabriella l’indomita, Anna la riflessiva. Stesso cognome, diversa postura sotto i riflettori, uguale esigenza di mostrare la propria identità professionale. Ed ecco che dopo tanti anni di vita dietro le quinte – prima c’era stato un decennio vissuto davanti alle telecamere – Anna Carlucci è tornata in pista (non quella di Ballando), con un progetto che racconta molto della sua passione più grande: quella per le storie.
Anna, da pochi giorni è disponibile su RaiPlay Sound il suo primo podcast, Quello che i libri non dicono, un viaggio in cinque tappe per esplorare il lato nascosto della scrittura e della vita degli autori. Com’è nata l’idea?
Quasi due anni fa ebbi un brutto incidente e mi sono fratturata in maniera scomposta il piatto tibiale. Fu un periodo orribile che mi ha costretta a tre mesi di prigionia in casa. Questo però ha riacceso la creatività: mi è venuta l’idea per un documentario e poi quella per un podcast sui libri.
Come ne parla?
Non da critico letterario, perché non lo sono. Volevo parlare di libri soprattutto a chi non ne legge o ne legge pochi. Eco diceva che chi non legge, a settanta anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Aveva ragione. La lettura è un modo per aprire la mente, esplorare mondi, respirare vite che forse non conosceremo mai. Ecco perché ogni puntata, a cominciare dalla prima, con Alberto Matano, ci dà lo spunto per parlare di altro. Dalla vita quotidiana ai sentimenti.
Il boom dei podcast in questo momento è totale. Lei li ascolta?
Sono un’addicted, li ascolto in tutti i momenti possibili. I miei preferiti sono quelli del professor Alessandro Barbero, che trovo straordinario. Io e Milly ci scambiamo consigli e suggerimenti.
Ma si dice che sua sorella non abbia nemmeno uno smartphone…
(ride) È vero, però attraverso il pc e la mail ci scambiamo tutti i link.
Se lo ricorda quando è scoppiata la passione per la lettura?
Quando papà fece leva sulla mia venalità.
Racconti.
Da bambina ero così pigra che mi rifiutavo di leggere e non mi piaceva neppure troppo la scrittura. Un affronto per Mamma, che era insegnante. Papà, generale dell’Esercito, si ingegnò: “Ogni volta che leggi un libro e me lo riassumi per iscritto, ti do una paghetta”. Mi piaceva avere dei soldini in tasca e mi applicai. Poi scoprii che leggere mi piaceva e divenne una passione che coltivo da tutta la vita.
Così come quella per la scrittura. Il click quando avvenne?
D’estate, in vacanza, non mi perdevo un film. Quasi senza accorgermene mi appassionai al cinema e alle sceneggiature. Finito il liceo, avrei voluto fare una scuola di cinema e tv ma se non mi fossi iscritta all’università avrei dato un dolore a Papà. Ma trovai il modo di laurearmi in Letteratura americana con una tesi sul cinema. In quel momento incontrai un personaggio straordinario.
Chi?
Mario Verdone, il papà di Carlo, storico del cinema e saggista. Chissà, magari un giorno capiterà di parlargli di quell’incontro indimenticabile con suo padre.
Cosa accadde?
Avrei voluto scrivere una tesi su Woody Allen ma la mia professoressa mi disse: “Interessante però…”. E mi affidò un’analisi su Greed, film del cinema muto tratto da un romanzo verista, la cui versione originale durava sette ore. Feci un lavoro enorme lungo un anno, al termine del quale chiesi al professor Verdone di farmi da correlatore. “Le farò sapere”, mi disse.
Alla fine, accettò.
Squillò il telefono di casa e Mamma mi disse: “Anna, c’è Verdone al telefono”. Mi travolse con un entusiasmo inaspettato: “Quanto ci ha messo a fare la tesi? È un lavoro geniale”. Mi laureai e lui, senza dirmi nulla, iscrisse la tesi a un concorso del settore. Lo vinsi ma lo scoprii solo tempo dopo.
Un altro grande incontro fu quello con Leo Benvenuti, geniale e prolifico sceneggiatore, autore di decine di film, da Fantozzi ad Amici Miei passando per Matrimonio all’italiana di De Sica.
Teneva un corso di scrittura creativa, mi iscrissi e capii che scrivere sceneggiature e storie era quello che volevo fare. Fu un mentore pazzesco, ricordo ancora gli incontri che organizzava a casa sua con noi allievi: “Grazie a voi giovani apro nuove finestre sul mondo”.
Nel 1985, quarant’anni fa esatti, la svolta: Luciano Rispoli la sceglie per affiancarlo a Parola mia.
Lavoravo come assistente alla regia al centro di produzione Rai di Torino, mi occupavo di un contenitore del pomeriggio. Un giorno incontrai Rispoli e mi disse: “Anna, le andrebbe di andare in video?”. Si trattava di sostituire la persona che conduceva uno dei giochi. Risposi tentennando: “Sta scherzando?”.
È vero che fu Milly a spingerla ad accettare?
Tornai a casa, a Roma, per il pranzo del sabato che era un rito a casa nostra. Quasi alla fine, dissi di quella proposta e Milly mi chiese: “Cos’hai risposto?”. “Che non ci penso proprio”, risposi. Lei mi guardò interdetta, mi diede della sciocca e poi mi convinse ad accettare la proposta.
Parola mia è rimasto un cult del servizio pubblico. Secondo lei perché?
Perché introdusse l’intrattenimento culturale: l’esperimento di Rispoli era quello di parlare anche di cose altissime o di nicchia con un linguaggio accessibile a tutti. Senza spocchia. Il risultato fu un’operazione clamorosa: io per prima, avevo la sensazione di fare qualcosa di unico. Così è stato.
Oggi parlare di cultura in tv è quasi come dire una parolaccia.
Ed è un errore, perché l’insegnamento di Rispoli resta attualissimo. Certo, oggi fare la selezioni dei concorrenti – a cui chiedevamo di fare l’analisi un testo in un minuto o di scrivere un tema in cinque minuti – sarebbe complessa. Quando leggo che il 50% degli studenti italiani delle scuole superiori non comprende ciò che legge, resto basita.
Tornando a Rispoli, è stato uno dei pionieri della tv pubblica, un visionario, un creatore di formati. Non crede che sia stato celebrato troppo poco?
Sì, concordo viene celebrato troppo poco e ci ricordiamo poco della sua tv gentile e educata. Eppure, di lui, come di Fabrizio Frizzi, restano impressi il garbo, la gentilezza e sorriso. Così sono riusciti a entrare nel cuore delle persone.
Lei a Parola mia aveva anche il compito di fare la recensione di un libro. Qual quello che le ha cambiato la vita?
L’amore ai tempi del colera di Gabriel García Márquez mi ha letteralmente travolto. Ho una passione per la letteratura sudamericana, adoro il realismo magico.
Sul suo comodino ora cosa c’è?
Dietro ogni profondo respiro, il libro di Teo Mammucari. Me lo ha regalato e confesso che mi sta lasciando senza parole scoprire la sua vita imperfetta e come sia riuscito a sopravvivere a certe situazioni.
Nel suo cassetto c’è una storia che vorrebbe diventasse un libro o un film?
Una sceneggiatura, che sogno diventi un film. È ispirata a una storia vera, avvenuta negli anni ’20 a Santo Domingo. Me la raccontò la sera di Capodanno di molti anni fa la nonna di una mia amica. Rimasi talmente rapita che mi misi subito a sceneggiarla: proprio il giorno in cui finii, sei mesi dopo, la mia amica mi chiamò per dirmi che la nonna era morta. Era come se si fosse chiuso un cerchio e questo mi colpì molto.
La parola e la scrittura sono diventate parte della sua vita. Dopo Parola mia fece diversi programmi da autrice, poi realizzò due lungometraggi. Si è pentita di aver lasciato il video per lavorare dietro le quinte?
No, affatto. Stare davanti alla telecamera era una piccola sofferenza, non mi faceva sentire a mio agio. Non era il mio posto: la popolarità mi imbarazzava, la mia timidezza era somma. Ad un certo punto sentii addirittura di non avere più una mia vita. Oggi non mi darebbe fastidio, ma ho un’altra maturità.
Lasciò il video all’apice della popolarità, consacrata dall’imitazione stracult del Trio: a Sanremo 1989, Marchesi, Lopez e Solenghi fecero la parodia delle sorelle Carlucci.
Ogni volta che la rivedo non riesco a smettere di ridere. Anche se all’epoca ero una Anna introversa, la apprezzai e mi divertì. Quando incontro Massimo Lopez, lui mi dice: “Ti ho fatto un’imitazione coi baffi”.
L’imitazione che Giulia Vecchio fa di Milly le piace?
Moltissimo. Anche a Milly, tanto che l’ha voluta a Sognando… Ballando con le stelle. “Mi spieghi come ti è venuta questa cosa delle ascelle?”, le ho chiesto quando l’ho incontrata. “Mi dicevano di camminare dritta come Milly, con i gomiti alti e le braccia strette tipo ballerina e mi è venuto di annusarmi”, mi ha risposto.
A proposito della parodia del Trio, sua sorella Gabriella disse: “Divertente ma giurammo: mai più in tv tutte insieme”.
Abbiamo capito che essere tre sorelle con lo stesso cognome è ingombrante. E che le critiche pretestuose sono fastidiose. La nostra fortuna è essere state attratte da ambiti collaterali ma diversi. Ognuna ha la propria identità, nessuna soffre la competizione con le altre.
Quando Gabriella in tv faceva le sue “imprese spericolate”, si stupiva?
No, perché faceva in tv quello che faceva nella vita. Ogni tanto mi coinvolgeva ma finivo per farmi male. Si figuri che poco tempo fa sono stata in Cappadocia e non sono nemmeno salita su una mongolfiera. Io sono ardita di testa, non con il corpo.
Bisogna essere arditi anche per gestire da dieci anni i social di Ballando?
(ride) No, basta essere sul pezzo, studiare, aggiornarsi. Ballando è un classico che si è rinnovato perché Milly ha sempre saputo guardare avanti. Nel 2015 mi disse: “Apriamoci al mondo digitale. Abbiamo solo la pagina Facebook, ti va di occuparti dei social?”. Questa intuizione ha portato ad aprirci ad un pubblico diverso, ad abbassare l’età media di ascolto.
La cosa di cui va fiera?
Aver proposto di introdurre il “tesoretto social”. Il più votato guadagna punti. Ero curiosa di vedere che impatto avrebbe avuto. Ha funzionato, tanto che poi altri programmi hanno sperimentato lo stesso meccanismo.
Ogni tanto però vi accusano di voti falsati.
Chi lo dice, non sa di cosa parla. C’è una società incaricata dalla Rai che analizza il voto in tempo reale e decurta quelli non veri. C’è massima trasparenza.
Ai concorrenti e ai ballerini, che suggerimenti dà?
Provo a spiegargli cosa dovrebbero fare per entrare in empatica col pubblico. Restando se stessi, senza maschere perché poi la gente ti sgama. E accadono situazioni impensabili. Come con Milena Vukotic: aveva 80 anni, nessun profilo social. Glieli aprimmo, lei ci autorizzava a pubblicare i contenuti e tutte le settimane vinceva il tesoretto.
Le scintille e le tensioni, anche aspre, tra i concorrenti e la giuria sono il sale di Ballando. Lei come le vive?
Con tranquillità perché so che Milly le vivrà con tranquillità assoluta. Anche nei momenti più spinosi, lei butta la testa indietro, si fa una risata e trova il modo per voltare pagina.
Coi giurati che rapporto ha?
Voglio bene a tutti e li stimo molto. Senza dubbio ho un rapporto speciale con Carolyn Smith.
Sognando… Ballando lo considera un esperimento riuscito?
Direi che è andata bene, anche considerando il momento in cui è andato in onda. Tutti i maestri che abbiamo conosciuto saranno un bacino da cui pescare.
State già lavorando al cast della prossima edizione di Ballando con le stelle?
Sì, ma io non partecipo per scelta a questa fase, non entro nelle dinamiche. Scopro chi sono i concorrenti solo quando iniziamo la promozione. Ognuno deve avere il suo ruolo.
C’è una cosa di sua sorella Milly che continua a stupirla?
La sua creatività. Ad esempio, disegna e dipinge in maniera strepitosa. E la sua capacità di essere leader valorizzando il lavoro di ognuno.
Il filo rosso che accomuna le sorelle Carlucci?
Probabilmente la grande curiosità, la passione per lo studio, la determinazione. Questo fa sì che non abbiamo paura di buttarci sulle cose, sperimentare, osare se necessario.
I vostri genitori che direbbero oggi di voi?
Sarebbe felici. L’armonia nella nostra famiglia è merito loro: hanno saputo ascoltarci, comprendere le nostre attitudini, spingerci all’impegno e ai sacrifici, valorizzarci.
E di lei, in particolare, che direbbero?
Credo che sarebbero felici della donna che sono diventata. Ho avuto alti e bassi, non sempre è stato facile ma ho ripreso in mano la mia vita anche quando sembrava complicato. Ne sarebbero orgogliosi.
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