Anna Wintour lascia la direzione di Vogue America (ma non il ‘trono’ della moda): ecco perché è la fine di un’era

  • Postato il 27 giugno 2025
  • Moda E Stile
  • Di Il Fatto Quotidiano
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La notizia è arrivata inattesa, come un colpo di scena in una sfilata d’alta moda, nel pomeriggio di giovedì 26 giugno. Anna Wintour, la giornalista più potente e iconica del mondo, dopo 37 anni al timone di Vogue America, ha annunciato che lascerà la direzione della celebre testata. Un passo indietro, non un addio. La “Papessa della moda”, infatti, non abdica, ma cambia ruolo, consolidando la sua posizione al vertice dell’impero editoriale Condé Nast.

Come riportato da diversi media internazionali, tra cui il New York Post che ha ricevuto la conferma dalla casa editrice, Wintour, 75 anni, ha comunicato di persona la sua decisione durante una riunione con il suo staff, spiegando di essere alla ricerca di un nuovo leader per l’edizione americana del magazine. Manterrà, e anzi si concentrerà, sui suoi incarichi di potere globale: Chief Content Officer di Condé Nast – un ruolo che la vede supervisionare tutti i direttori delle testate del gruppo (da Vanity Fair a GQ e Wired), con la sola eccezione del New Yorker – e Global Editorial Director di Vogue, continuando a dettare la linea editoriale del marchio a livello mondiale.

Chiamata dalla famiglia Newhouse alla guida dell’ammiraglia americana nel 1988, succedendo a Grace Mirabella, Wintour ha immediatamente imposto la sua visione rivoluzionaria. La sua prima copertina, quella del novembre 1988, è passata alla storia: la modella Michaela Bercu, ritratta in strada da Peter Lindbergh con un sorriso smagliante, indossava un paio di jeans da 50 dollari abbinati a un preziosissimo maglione di Christian Lacroix da 10.000 dollari. Per la prima volta, un capo denim arrivava sulla cover di Vogue, rompendo le convenzioni e inaugurando un’estetica che mescolava alto e basso, lusso e vita reale.

Nel corso dei decenni, ha trasformato la rivista in un’istituzione culturale, capace di creare fenomeni come il “September Issue”, il voluminoso numero di settembre che detta le tendenze della stagione, e di lanciare (e a volte distruggere) le carriere di stilisti, modelle e fotografi. Il suo potere si è esteso ben oltre le pagine di Vogue. La dimostrazione plastica del “sistema Wintour” è il Met Gala, la serata di gala del Metropolitan Museum di New York che si tiene ogni primo lunedì di maggio. Un evento che lei ha trasformato da appuntamento mondano a kermesse globale, controllandone ogni singolo dettaglio, dalla lista degli invitati (le più importanti celebrity e gli stilisti del momento) alla raccolta fondi milionaria per il museo.

Abilissima nel creare un’immagine unica di sé stessa, con l’inconfondibile caschetto e gli inseparabili occhiali da sole scuri indossati anche al chiuso, è diventata un’icona pop globale, anche grazie al bestseller della sua ex assistente Lauren Weisberger, “Il diavolo veste Prada”, e al successivo film di successo con Meryl Streep in un ruolo palesemente ispirato a lei. Inglese di nascita (il padre Charles era direttore dell’Evening Standard), ma americana d’adozione dagli anni ’70, la sua carriera è iniziata con ruoli in testate come Harper’s Bazaar e nella rivista erotica per donne “Viva“, creata dalla moglie dell’editore di Penthouse, Bob Guccione. Fu lì, si dice, che assunse la sua prima assistente personale, iniziando a costruire la sua fama di “boss esigente e difficile”.

Insomma, guai a pensare che Anna Wintour si ritiri. Anzi, con questa mossa la “Papessa della moda” consolida il suo ruolo manageriale e globale, preparandosi a supervisionare il futuro dell’editoria di moda da una posizione diversa, forse ancora più potente. La domanda che ora infiamma il settore è una sola: chi potrà mai raccogliere la sua eredità sulla poltrona più ambita della moda mondiale?

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Il Fatto Quotidiano

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