Annullato il processo Maradona. Uno dei giudici realizzava un docufilm su di lui
Postato il 29 maggio 2025
Di Panorama
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I giudici del Tribunale di San Isidro (Buenos Aires) hanno deciso l’annullamento del processo per la morte di Diego Armando Maradona a seguito dello scandalo sulla realizzazione di un documentario non autorizzato che coinvolge uno dei tre membri dello stesso tribunale. La decisione è stata annunciata dal giudice Maximiliano Savarino, uno dei tre membri del tribunale Il togato ha spiegato la decisione affermando che «la giudice Julieta Makintach», coinvolta nella realizzazione di un documentario non autorizzato sul calciatore più grande di tutti i tempi, «non è intervenuta in modo imparziale» e che «la sua condotta ha prodotto un danno sia per la parte querelante come per la difesa». Il processo era iniziato nello scorso marzo. Gli ultimi venti giorni di vita di Maradona, dal compleanno alla morte, raccontano la vicenda triste e drammatica dell’ex Pibe de Oro. È morto il 25 novembre 2020, dopo quasi un giorno di agonia, in preda ai suoi demoni, abbandonato a se stesso, curato poco e male, furente e mansueto, imbottito di psicofarmaci, logorato da una stato di salute aggravatosi col tempo a causa anche di una sofferenza cardiaca molto grave. , ingrossato a tal punto da pesare il doppio del normale con una funzionalità ridotta al 38%. Basterebbero queste parole pronunciate dal suo ex avvocato, Matias Morla, per spiegare in che condizioni fosse El Diez. E perché, alla luce dei rilievi degli inquirenti e delle perizie di commissioni mediche specializzate, i magistrati che hanno condotto l’inchiesta sul suo decesso avevano di portare sul banco degli imputati tutti coloro che, tra dottori (centrale è la figura del medico e amico di Diego, Leopoldo Luque) e infermieri, gravitavano intorno alla sua persona. L’accusa ipotizzata è di omicidio volontario ma con una serie di circostanze aggravanti per negligenza medica con condanne che vanno – a diverso titolo – dagli 8 ai 24 anni. La realtà emersa, che alimenta rabbia e rimpianti, è che Maradona poteva essere salvato. Nonostante il fisico provato da una vita di abusi ed eccessi, da cure intensive e medicinali altrettanto pesanti, avrebbe avuto maggiori possibilità di sopravvivere se fosse stato ricoverato in un centro sanitario polivalente, tale da garantirgli un regime di assistenza adeguato alle sue necessità. Considerati il quadro clinico generale e quello psichiatrico la riabilitazione di Maradona dopo l’ultima operazione alla testa (gli fu rimosso un ematoma subdurale, un accumulo di sangue tra cervello e cranio) .
La narrazione del periodo di vita che va dal 30 ottobre, giorno del sessantesimo compleanno, fino alla morte è tutta in quelle poche parole che descrivono lo stato d’animo di una persona triste, che non riusciva più a camminare se non sostenuta a braccio, tormentata dai fantasmi e dallo stress, da una frase manifesto della sua esistenza, quel che lo ha risucchiato in un vortice di esperienze sfibranti, emozioni forti, amicizie false, spingendosi spesso nelle mani di chi voleva un pezzo della sua popolarità e del suo patrimonio. , confessò con dolore. Fino a quando, ormai sfiancato, s’è piegato sulle ginocchia ed è crollato. Spolpato un po’ alla volta perfino da morto, quando gli impiegati dell’agenzia funebre scattarono un selfie accanto alla salma e ne condivisero la foto sui social. , disse la ex moglie, Claudia Villafane, parlando con Oscar Ruggeri (ex compagno di nazionale di Diego campione del mondo nel 1986)., con chiaro riferimento alla casa di San Andres (Buenos Aires), a quella stanza alle spalle della cucina che era poco più grande di uno stanzino dove c’era spazio appena per un gabinetto chimico accanto al letto, una poltrona, un televisore e assi di legno messe alle finestre per conservare un po’ di privacy. È il tassello che mancava per descrivere l’ambiente malsano intorno all’ex Pibe, scandito da quella affermazione cinica “il ciccione sta per morire” pronunciata dal neurochirurgo Luque nel giorno del lungo addio. Diego era devastato dagli psicofarmaci. Il cocktail che ingeriva serviva a tenerne a bada gli aspetti più instabili della sua personalità. Gli davano perfino caramelle per effetto placebo dicendogli che erano pastiglie da prendere per il suo bene. In uno degli ultimi video l’ex Pibe è ritratto a tavola, seduto in maniera posticcia: ha dinanzi a sé un piatto con del brodo ma fa fatica perfino a impugnare le posate, mormora qualcosa, lo sguardo è assente, fissa l’obiettivo ma non sembra presente a se stesso. Maradona era fuori controllo: non doveva bere ma c’era chi gli scioglieva le pillole nella birra; non avrebbe dovuto fumare, gli portavano erba per spinelli; aveva bisogno di assistenza medica specialistica, lo tumularono in una camera organizzando servizi inadeguati. Diego alternava momenti di felicità ad altri di nervosismo, esplosioni di rabbia e depressione, esaltazione e delusione. Aveva un ultimo desiderio rimasto inesaudito: tornare a Cuba e riunire tutta la famiglia. Era dolente nel corpo e nell’anima. Non gli bastava imbottirsi di alcool e farmaci per trovare pace interiore e mettere a tacere quel frastuono che lo ha accompagnato per tutta la vita, per liberarsi dalle dipendenze che solo un percorso terapico in un centro specializzato avrebbero potuto tenere a bada. Adesso che i suoi carnefici erano stati portati alla sbarra l’ennesimo colpo di scena. Processo annullato, si ripartirà da zero con nuovi giudici.