Assist alle compagnie telefoniche che vogliono aumentare le tariffe: l’emendamento di Forza Italia al ddl Concorrenza

  • Postato il 27 ottobre 2025
  • Economia
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Il disegno di legge annuale sulla concorrenza, all’esame del Senato, potrebbe essere modificato da emendamenti che rischiano di incidere direttamente sulle tasche e sulla privacy di milioni di utenti. In particolare quello presentato in extremis a fine settembre dai senatori di Forza Italia Antonio Trevisi, Adriano Paroli e Dario Damiani, che punta a reintrodurre la possibilità per le compagnie telefoniche di agganciare automaticamente le tariffe all’andamento dell’inflazione. La sorte della proposta si dovrebbe conoscere domani: la commissione Industria, convocata per martedì pomeriggio, dovrà procedere a un esame a tappe forzate per arrivare in Aula e ottenere il primo via libera entro giovedì. Poi il ddl passerà alla Camera per l’ok definitivo che deve arrivare entro il 31 dicembre perché rientra negli obiettivi Pnrr.

L’emendamento incriminato, il 9.0.113, dispone che “i contratti per adesione stipulati con gli operatori di comunicazione elettronica possono prevedere una clausola di adeguamento automatico dei prezzi, in misura corrispondente all’aumento dell’indice annuale dei prezzi al consumo, eventualmente incrementato di un coefficiente predeterminato e reso noto all’utente prima della sottoscrizione del contratto”. In altre parole, le tariffe potrebbero aumentare ogni anno in linea con l’inflazione, più un eventuale margine deciso dal gestore. L’adeguamento non potrebbe avvenire più di una volta l’anno e avrebbe effetto per i successivi dodici mesi. Il coefficiente di maggiorazione dovrebbe rispettare un tetto massimo fissato dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) e le compagnie dovrebbero comunicare agli utenti, con almeno due mesi di anticipo, l’aumento dei prezzi.

Il punto più controverso, però, è un altro. Nella proposta si precisa che l’adeguamento “non costituisce modifica delle condizioni contrattuali”. Significa che l’aumento legato all’inflazione non darebbe diritto al recesso gratuito, come invece avviene oggi quando un operatore cambia unilateralmente le condizioni di un’offerta. L’utente che volesse andarsene, in sostanza, dovrebbe farlo pagando eventuali penali o restituendo sconti e rateizzazioni.

In questo modo diventerebbe carta straccia la delibera con cui nel 2023 l’Agcom – dopo diversi esposti di associazioni consumatori – aveva chiarito che qualsiasi variazione del prezzo, anche se dovuta a una clausola di indicizzazione, costituisce a tutti gli effetti una modifica delle condizioni contrattuali. E, di conseguenza, gli operatori devono garantire agli utenti il diritto di recesso senza costi o penali. Uno stop alle mosse di alcuni operatori che avevano iniziato a introdurre nei propri contratti una clausola di adeguamento automatico delle tariffe all’inflazione sostenendo che si trattasse di una semplice applicazione di un parametro economico oggettivo, e che quindi non fosse una modifica contrattuale. Quella delivera aveva costretto le aziende rivedere i propri contratti e a sospendere l’applicazione automatica degli aumenti.

Ora, se l’emendamento passasse, potrebbe arrivare un passo indietro che darebbe mano libera alle compagnie per aumentare i prezzi ogni anno, in caso di inflazione alta, senza che i clienti abbiano strumenti per difendersi.

Sul tavolo c’è anche un secondo emendamento, l’8.0.14 a firma dei senatori Sabrina Licheri, Marco Bevilacqua e Fabrizio Naturale del M5s, di segno opposto, che propone di vietare espressamente le offerte indicizzate all’inflazione e ogni forma di rimodulazione automatica delle tariffe.

Ma non è l’unico fronte aperto. Altri emendamenti, firmati da Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Italia Viva, puntano a superare il divieto di utilizzo a fini commerciali dei dati relativi al cambio di operatore. Le nuove proposte consentirebbero agli operatori di accedere alle informazioni necessarie per la portabilità del numero e usarle per formulare offerte commerciali mirate, a condizione che l’utente dia il proprio consenso.

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Il Fatto Quotidiano

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