Attenti a quei due: tutti gli affari tra Trump e Orban che hanno permesso al magiaro di continuare ad avere il petrolio russo

  • Postato il 8 novembre 2025
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“It’s not personal: it’s business”. Potrebbe essere questa una battuta per raccontare, qualche ora dopo, l’accordo fatto tra il presidente americano Trump e il primo ministro ungherese Orban in merito all’esenzione di Budapest sul divieto di ottenere petrolio russo. Una decisione che costituisce un colpo non indifferente per l’Ucraina.

Alla base della scelta della Casa Bianca ci sono accordi commerciali. Gli Stati Uniti hanno concesso all’Ungheria un anno di esenzione dalle sanzioni americane sull’importazione di petrolio e di gas dalla Russia. Secondo una nota del Dipartimento di Stato, Budapest avvia un graduale spostamento verso l’approvvigionamento di fonti energetiche occidentali, pur mantenendo il flusso di forniture russe. Orban si è impegnato ad acquistare 600 milioni di dollari di gas naturale liquefatto americano; c’è poi un accordo da 114 milioni di dollari con la Westinghouse Electric Company per la fornitura di combustibile nucleare alla centrale Paks I. Questo impianto che dipende dalle forniture russe dovrebbe iniziare a ricevere sostegno americano dal prossimo anno. Infine, c’è stata la firma su un memorandum d’intesa per una cooperazione nel settore nucleare civile con un investimento fino a 20 miliardi di dollari da parte ungherese per la costruzione di piccoli reattori modulari (SMR).

I due leader sono sembrati in perfetta sintonia: Trump riconosce che “è molto difficile per l’Ungheria ottenere petrolio e gas da altre aree. Non hanno il vantaggio di avere il mare… Non hanno i porti. Hanno un problema complicato”. Dal canto suo, il magiaro si è rivenduto il risultato sui social con questo messaggio: “Decisione presa: il presidente Trump ha garantito la piena esenzione dalle sanzioni per i gasdotti TurkStream e Friendship, consentendo all’Ungheria di continuare a fornire alle famiglie i prezzi dell’energia più bassi d’Europa. Grazie, signor Presidente!”.

Le reazioni sia negli Stati Uniti che in Ucraina non sono positive, perchè solo qualche giorno prima Trump aveva manifestato la sua contrarietà alla strategia della Russia di sviare un possibile incontro tra lui e il presidente Putin, proseguendo i bombardamenti anche sui civili ucraini, facendo partire le sanzioni verso i giganti dell’energia russa. Ma, come spesso accade con il tycoon, quella che sembra una decisione granitica un giorno, trova un mutamento non indifferente in quello successivo

La senatrice democratica Jeanne Shaheen scrive così: “Il presidente Trump ha ragione quando afferma che l’Europa deve ridurre la sua dipendenza dalle esportazioni di energia russa che alimentano la macchina da guerra di Putin. Esorto il presidente Trump a non dare scampo al primo ministro Orbán, poiché l’Ungheria sta effettivamente aumentando la sua dipendenza dall’energia russa e ha fornito quasi sette miliardi di dollari alle casse del Cremlino dall’inizio di questa guerra. Ecco perché il senatore Tillis e io abbiamo guidato una risoluzione bipartisan questa settimana, con sei co-sponsor repubblicani, che esorta l’Ungheria e tutti gli altri paesi europei interessati a porre fine alla loro dipendenza dall’energia russa. Se vogliamo portare Putin al tavolo dei negoziati, dobbiamo fare pressione sulle sue principali fonti di reddito. Sono lieto che il presidente Trump abbia preso provvedimenti contro le principali aziende energetiche russe la scorsa settimana: deve fare lo stesso con i loro maggiori clienti, come l’Ungheria”. Peter Magyar, leader del partito di opposizione Tisza, ritiene che “la storia dell’Ungheria è scritta sulle piazze del Paese, e non a Mosca o Washington. Si può giocare a teatro, ma la storia ungherese ha provato che il doppiogiochismo non funziona, non si può servire due padroni”, riferendosi alla tattica di Orban di voler mantenere rapporti privilegiati sia con Trump che con il presidente russo Putin. Magyar guarda già alle prossime elezioni per poter rivedere gli accordi commerciali: in Ungheria si andrà al voto nell’aprile 2026 e, al momento, i sondaggi mostrano un vantaggio di circa il 10% di Tisza su Fidesz, la formazione politica del primo ministro.

Appare evidente come l’esenzione ottenuta da Orban rafforzi la spaccatura in Europa tra un blocco che intende mettere in campo misure per colpire l’economia russa e quei Paesi – Ungheria in testa – che si sentono più vicini alle strategie dei Cremlino. Il Kyiv Post la definisce “l’età dell’oro” della collaborazione tra Trump e Orban e parla di un “approccio pragmatico e transazionale che separa la pressione geopolitica sulla Russia dalle esigenze energetiche di un alleato chiave dal punto di vista ideologico”.

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