Auto elettriche, l’Italia fanalino di coda nell’Ue
- Postato il 31 ottobre 2025
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- Di Virgilio.it
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L’Italia si è confermata il fanalino di coda tra i major market del Vecchio Continente nella filiera delle auto elettriche. La quota è risultata pari al 5,2% nei primi 9 mesi del 2025 contro il 18,1% della media europea. Il confronto con le altre nazioni è allarmante, considerando l’8,4% della Spagna, il 18,1% della Germania il 18,2% della Francia, il 21,4% del Portogallo e addirittura il 22,1% del Regno Unito.
Non solo l’Italia accusa un gap con le realtà più evolute, ma anche con Ungheria (8,4%), Lettonia (7,1%), Estonia (7%), Lituania (6,9%), Repubblica Ceca (5,6%) e Grecia (5,5%). I dati sono stati elaborati da Motus-E che ha messo in luce tutte le criticità dell’industria green europea. Dal 2019 ad oggi gli investimenti hanno superato i 1,8 miliardi di euro e sono stati installati oltre 70.000 punti di ricarica a livello pubblico. Tutto questo non è bastato all’Italia per uscire dall’impasse.
La crisi del Belpaese
Alle nostre latitudini l’auto è stata molto più di un semplice mezzo per spostarsi da un punto A a un punto B. Le vetture italiane sono emblemi di stile, opere d’arte che ci invidia il mondo intero. Per chi è cresciuto con il rombo dei motori termici non è facile immaginare un futuro a bordo di EV silenziose e senz’anima. Al di là della mancanza di una fitta rete di colonnine di ricarica su tutto lo Stivale, c’è un problema di mentalità. A giusta ragione chi ha il potere d’acquisto, principalmente adulti di età avanzata, non ha nessuna intenzione di cambiare le proprie abitudini per adattarsi a una nuova tecnologia che non trasmette lo stesso piacere di guida.
Inoltre c’è una difficoltà di natura economica. Con la crisi in cui è piombato l’italiano medio c’è l’esigenza di pensare ad altre priorità. Ad oggi, salvo clamorose offerte spinte dagli incentivi, non c’è la concreta voglia di investire cifre importanti per auto elettriche che reggono molto poco sul mercato dell’usato. Preoccupa la svalutazione, così come l’ansia dell’autonomia di batterie che dovranno ancora essere migliorate in futuro. I progressisti green che hanno scelto l’elettrico, non a caso, hanno preferito tenersi stretta spesso un’altra vettura con motori tradizionali all’interno del proprio garage. Lo scenario italiano non è destinato a migliorare nemmeno con il boom degli incentivi che rischiano di dopare un sistema problematico.
Criticità croniche
Il presidente di Motus-E, Fabio Pressi, ha analizzato la questione sotto un profilo ancor più evidente:
“Il settore della ricarica attrae investimenti, crea occupazione e rappresenta un fattore abilitante imprescindibile per lo sviluppo nazionale della nuova mobilità, eppure è costretto a misurarsi con enormi criticità, riconducibili alla frammentazione delle competenze normative tra le Istituzioni, a iter autorizzativi farraginosi e diversi in ogni Comune, alle difficoltà incontrate per la copertura della rete autostradale e alla presenza di tariffe regolate che rendono impossibile abbassare i costi di ricarica a beneficio degli automobilisti”.
L’Italia ha un problema atavico con la burocrazia e l’associazione vorrebbe un riduzione dei costi di approvvigionamento energetico per gli operatori della ricarica, sulla scia delle tariffe stabilite dagli altri grandi Paesi europei. Occorrono interventi normativi e regolatori per semplificare le fasi di connessione delle infrastrutture, per migliorare le reti autostradali e per offrire concessioni di suolo di 20 anni. Per ora tutto va avanti senza una programmazione che sta creando numerosi affanni anche ai costruttori e ai lavoratori.