Balneari, l’UE boccia il piano italiano su gare e indennizzi

  • Postato il 22 luglio 2025
  • Di Panorama
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La Commissione europea ha respinto la proposta italiana sulle concessioni balneari, sollevando una serie di rilievi che mettono a rischio l’intero impianto normativo studiato dal governo per regolare il comparto. Al centro dello scontro ci sono soprattutto le modalità di indennizzo previste per gli attuali gestori e la mancata imposizione di gare ad evidenza pubblica.

Un settore tra interessi locali e norme europee

Il settore balneare italiano, da anni al centro di un acceso dibattito giuridico e politico, si ritrova ancora una volta al bivio tra interessi locali e vincoli comunitari. L’ultima versione del decreto predisposto dal governo italiano puntava a salvaguardare, almeno in parte, i diritti acquisiti dagli attuali concessionari, prevedendo forme di compensazione economica per chi si troverà a perdere l’assegnazione delle spiagge dopo le gare. Ma per Bruxelles si tratta di un impianto che mina alle basi il principio della concorrenza e apre la strada a possibili distorsioni del mercato.

Gli indennizzi sotto accusa

Secondo le regole europee, infatti, le concessioni demaniali marittime non possono essere rinnovate automaticamente, né tantomeno possono essere attribuite senza una procedura competitiva. Il sistema degli indennizzi, così come configurato nella bozza italiana, rischia di tradursi in un ostacolo all’accesso per nuovi operatori, creando una barriera economica che favorisce chi già è presente sul mercato. La linea comunitaria è chiara: l’unico rimborso eventualmente ammissibile riguarda gli investimenti ancora da ammortizzare, ma solo se strettamente funzionali alla concessione.

Serve una vera apertura alla concorrenza

Oltre al nodo degli indennizzi, Bruxelles ha puntato il dito contro l’assenza di un obbligo esplicito e vincolante di procedura pubblica per l’assegnazione delle concessioni. Le sentenze della Corte di giustizia sono inequivocabili: le proroghe generalizzate sono contrarie al diritto europeo e ogni forma di affidamento deve passare da una gara, secondo criteri trasparenti e non discriminatori. Il nuovo sistema italiano, pur annunciando l’intenzione di organizzare bandi entro il 2027, non fornirebbe garanzie sufficienti su tempistiche e modalità.

Il rischio infrazione e le conseguenze per l’Italia

Il quadro che si delinea è complesso e delicato. Da un lato c’è la necessità di tutelare un settore che rappresenta una parte importante del turismo italiano, fatto di imprese familiari, spesso radicate da decenni nei territori. Dall’altro, vi è l’obbligo, sancito a livello europeo, di garantire la concorrenza e la rotazione degli affidamenti, in nome di una gestione equa e non esclusiva delle risorse pubbliche.

Il rischio concreto, ora, è l’apertura formale di una procedura d’infrazione contro l’Italia. Una mossa che potrebbe tradursi in sanzioni economiche milionarie e in ulteriori pressioni politiche in vista delle scadenze previste dal PNRR e dagli impegni presi sul fronte della concorrenza. La Commissione ha lasciato uno spiraglio aperto al dialogo, ma è chiaro che per evitare lo scontro frontale servirà una revisione sostanziale del decreto.

Il futuro delle spiagge italiane è tutto da scrivere

In attesa di sviluppi, resta la tensione tra Roma e Bruxelles. La questione balneare, da tempo diventata un terreno simbolico di confronto tra sovranità nazionale e obblighi comunitari, è destinata a restare al centro del dibattito politico. Con una certezza: il tempo delle proroghe infinite è ormai finito, e il futuro delle spiagge italiane dovrà necessariamente passare per una riforma vera, credibile e conforme ai principi europei.

Autore
Panorama

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