Bankitalia, dalle criptovalute rischi per la stabilità finanziaria

  • Postato il 30 aprile 2025
  • Di Agi.it
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Bankitalia, dalle criptovalute rischi per la stabilità finanziaria

AGI - Il valore di mercato delle criptoattività, cresciuto nel corso del 2024, è ulteriormente aumentato dopo le elezioni presidenziali negli Stati Uniti e l'annuncio di iniziative volte a rafforzare l'adozione di strumenti digitali denominati in dollari da parte della nuova amministrazione, è successivamente sceso, portandosi alla fine di marzo a 2,75 trilioni di dollari.

Oltre il 60 per cento del mercato è rappresentato da Bitcoin e il 30 da altre criptoattività non garantite da attività sottostanti (unbacked crypto-assets); solo il 9 per cento è costituito da attività digitali emesse da entità che ne ancorano il prezzo a valute tradizionali di riferimento (stablecoins). È quanto emerge da un riquadro tematico sull'evoluzione del mercato delle criptoattività contenuto nel rapporto sulla stabilità finanziaria della Banca d'Italia.

"La forte espansione di Bitcoin e delle altre criptoattività caratterizzate da un'elevata volatilità delle quotazioni", spiega ancora Bankitalia, "comporta rischi non solo per gli investitori, ma potenzialmente anche per la stabilità finanziaria, alla luce delle crescenti interconnessioni tra l'ecosistema di queste attività, il settore finanziario tradizionale e l'economia reale".

Detenzione di Bitcoin

Una quota elevata di Bitcoin sarebbe detenuta da emittenti di exchange traded funds (Etf) e dalle tesorerie di alcune società non finanziarie. In particolare, l'investimento da parte di queste ultime è realizzato nella convinzione che Bitcoin possa sostenere le proprie quotazioni, esponendole tuttavia alla sua marcata volatilità di prezzo. Una parte significativa di Bitcoin è inoltre detenuta da imprese operanti esclusivamente nel settore delle attività digitali (ad es. le piattaforme di scambio) che, non essendo sottoposte a specifici requisiti di governance, possono essere soggette a rilevanti conflitti di interesse. Tre quarti di queste imprese hanno sede negli Stati Uniti; alcune si trovano inoltre in Cina, Canada e Regno Unito. La loro presenza nei paesi dell'area dell'euro è al momento trascurabile.

Interesse verso soluzioni tecnologiche

Il crescente interesse di banche e altri intermediari verso soluzioni tecnologiche a registri distribuiti e a infrastrutture globali decentrate potrebbe aumentare il ricorso a criptoattività sia per operazioni finanziarie tradizionali, sia per l'emissione di strumenti e servizi innovativi, anche attraverso l'interazione con le grandi aziende tecnologiche (BigTech). Il comparto degli stablecoins si mantiene contenuto e fortemente concentrato in due specifici strumenti (Tether e Usd Coin), ancorati al dollaro statunitense attraverso la detenzione da parte dei soggetti emittenti di riserve denominate nella medesima valuta.

Scenario e implicazioni

Uno scenario in cui gli stablecoins legati alla valuta americana assumessero dimensione sistemica potrebbe determinare un'eccezionale domanda di titoli pubblici degli Stati Uniti, utilizzati come attività di riserva dagli emittenti. In caso di dissesto di uno di questi ultimi si potrebbe verificare una corsa ai rimborsi, con un repentino aumento delle richieste di liquidazione da parte dei detentori e con la vendita forzata delle attività di riserva; ciò provocherebbe tensioni sui mercati dei titoli pubblici americani e ripercussioni su altri comparti del sistema finanziario globale. Nell'area dell'euro l'eventuale diffusione su larga scala di strumenti e servizi di pagamento basati su stablecoins in euro offerti da aziende o da banche americane, che potrebbero sostituire gli attuali strumenti al dettaglio paneuropei, potrebbe avere implicazioni anche per il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento e per la stessa sovranità monetaria.

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Autore
Agi.it

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