Bankitalia: “Le maggiori spese per la difesa sono incluse solo in parte nelle previsioni del documento di finanza pubblica”
- Postato il 8 ottobre 2025
- Economia
- Di Il Fatto Quotidiano
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L’aumento delle spese militari, a cui il governo Meloni si è impegnato con i partner della Nato, non è pienamente incorporato nei conti pubblici. È l’avvertimento che arriva dalla Banca d’Italia nell’audizione del capo del Dipartimento Economia e Statistica, Andrea Brandolini, davanti alle commissioni Bilancio riunite per l’esame del Documento programmatico di finanza pubblica 2025. “Il quadro programmatico sembra non includere, se non in parte, maggiori oneri per la capacità di difesa – ha osservato Brandolini – sebbene il Dpfp giudichi realistico un graduale aumento della spesa nel prossimo triennio, fino a 0,5 punti di Pil in più nel 2028“. Un incremento che, se non compensato, rischia di riflettersi sui saldi.
“In assenza di misure correttive ulteriori rispetto alla manovra, una maggiore spesa per la difesa rispetto a quella incorporata nel tendenziale condurrebbe a una dinamica della spesa netta“, che con il nuovo Patto di stabilità è il parametro tenuto sotto controllo da Bruxelles, “più sostenuta rispetto a quanto programmato”. Se succederà dopo che l’Italia sarà uscita dalla procedura di infrazione per deficit eccessivo “si potrebbe rendere necessario ricorrere all’attivazione della clausola di salvaguardia nazionale per le spese in difesa, secondo quanto delineato dalla Commissione europea lo scorso marzo”. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti nella sua introduzione al Documento spiega del resto che “l’aumento della spesa in difesa dovrà essere graduale, onde garantire una coerenza con lo sviluppo dell’offerta nazionale e non spiazzare altre componenti di spesa” e il testo precisa che “non si ritiene possibile riuscire a definire puntuali programmi di spesa già nella prossima legge di bilancio, né una precisa allocazione di risorse sia in termini di stanziamenti sia in termini di flussi di cassa sottostanti i pagamenti”.
Nel valutare le componenti della spesa, Via Nazionale sottolinea poi che “i redditi da lavoro dei dipendenti pubblici contribuirebbero alla riduzione dell’incidenza della spesa primaria corrente per 0,3 punti; in rapporto al prodotto scenderebbero all’8,7 per cento nel 2028, uno dei valori più bassi dell’ultimo quarto di secolo”.
In termini nominali “la spesa per i redditi da lavoro dipendente crescerebbe in media dell’1,5 per cento all’anno a fronte di un aumento del deflatore dei consumi privati pari all’1,8 per cento”. Vale a dire che i lavoratori pubblici continueranno a perdere potere d’acquisto. Non proprio un bell’esempio per i datori di lavoro privati che l’Istat ha invitato ad aumentare gli stipendi per attirare i giovani.
Da Brandolini sono arrivate anche altre osservazioni critiche sul Documento del Mef, a partire dalla scarsa trasparenza sulla manovra. “Il DPFP – così come accadeva in passato con la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza – dà conto dell’andamento dei principali saldi, ma non include indicazioni sull’evoluzione programmata della spesa primaria complessiva o delle entrate”. E, nonostante le risoluzioni parlamentari di settembre avessero impegnato il governo a indicare nel testo “l’articolazione delle misure di prossima adozione nell’ambito della manovra di finanza pubblica e dei relativi effetti finanziari”, si limita a vaghi riferimenti a “riduzione del carico fiscale sui redditi da lavoro, rifinanziamento del fondo sanitario nazionale, incentivi agli investimenti privati e misure a sostegno della natalità e della conciliazione vita-lavoro; non si fa menzione di specifici interventi a copertura“. Lo stesso aveva sottolineato nell’audizione di martedì sera la Corte dei Conti: “Il Dpfp non appare fornire un quadro di dettaglio delle misure che il Governo ritiene di inserire nella prossima manovra di bilancio e dei relativi effetti finanziari”.
Per Bankitalia, la politica di bilancio delineata resta “improntata alla prudenza”, ma l’equilibrio è fragile. “Il processo di risanamento dei conti procede, ma non è esente da rischi”. Tra le altre criticità, il capo del Dipartimento ha richiamato l’attenzione sulla necessità di “fornire un dettaglio sufficiente a ricostruire tutte le variabili che concorrono a determinare la dinamica della spesa netta”, soprattutto in relazione ai flussi di spesa europea dopo la fine del Pnrr. La Banca d’Italia chiede inoltre maggiore chiarezza sulla “componente stock-flussi” del debito pubblico, che continua a incidere in modo significativo sulla sua crescita, e invita il governo a “limitare gli incrementi di spesa o le riduzioni di entrate di natura temporanea”, vedi bonus, sgravi fiscali o fondi straordinari, che “hanno effetti solo transitori sulla domanda, aumentano il livello del debito e risultano spesso difficili da rimuovere”.
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