Bankitalia si rifà il look con l’educazione finanziaria
- Postato il 27 luglio 2025
- Di Panorama
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Giovedì 10 luglio Directa, società d’intermediazione mobiliare quotata alla Borsa di Milano e di proprietà del finanziere torinese Massimo Segre, ha dovuto comunicare al mercato che la Procura di Torino aveva chiesto il rinvio a giudizio per 17 persone per i reati di abusivismo bancario e falso in bilancio.
Secondo i pm, il “Professore”, come ama essere chiamato Segre, insieme ai suoi manager avrebbe amministrato circa 300 milioni di euro l’anno della clientela istituzionale per finanziare altri istituti di credito in difficoltà, con tassi di interesse superiori a quelli corrisposti ai depositanti. Insomma, si sarebbe praticamente sostituito alla Banca d’Italia nel soccorrere riservatamente piccole banche in difficoltà.
Directa respinge ogni addebito, confida nella possibilità di dimostrare la propria correttezza ed è appena il caso di ricordare che in un paese civile gli indagati sono tutti innocenti fino al terzo grado di giudizio.
La coincidenza: educare mentre si è indagati
Nelle stesse ore, ironia della sorte, a Piazza Affari la stessa Directa celebrava l’ennesima giornata di incontri con clienti e investitori dedicata all’«educazione finanziaria». Una moda, ormai.
Questa stessa educazione finanziaria che ora sta diventando una delle missioni salvifiche (per sedi periferiche e organici) di Banca d’Italia, alle prese con lo svuotamento dei poteri dovuto al passaggio di molte funzioni alla Bce.
L’origine: dai crac bancari alla scuola
Inventata una decina di anni fa, all’epoca dei crac bancari come quello della Popolare di Vicenza, del Monte dei Paschi di Siena e di Veneto Banca, l’educazione finanziaria è una disciplina virtuosa e meritoria.
Specie se affidata a Via Nazionale e al ministero dell’Istruzione, che hanno le competenze giuste e non sono in conflitto d’interessi, o con gli armadi pieni di scheletri. Ma l’educazione finanziaria è anche diventata uno strumento di marketing.
Il peccato originale: rieducare i risparmiatori
Il problema è che si porta dietro un peccato originale, ovvero essere nata ai tempi dei governi di centrosinistra e del Pd “partito delle banche”, di una Bankitalia che ha avuto bisogno delle ispezioni da Francoforte per capire che alcuni rinomati banchieri presenti in prima fila alla sua assemblea annuale erano solo dei prestigiatori. Nel pieno delle crisi e delle inchieste giudiziarie, con Ignazio Visco al timone di Via Nazionale e Pier Carlo Padoan al Tesoro passò il concetto che bisognava rieducare i risparmiatori e non i banchieri.
Una necessità, ma anche una strategia di sistema
Difficile però negare che gli italiani abbiano bisogno di una maggior consapevolezza di quelle che sono le nozioni base dell’economia e dei prodotti finanziari, specie in un’era nella quale le banche e gli altri intermediari finanziari sono diventati dei supermarket che vendono qualunque cosa.
Bankitalia, Bce, Consob e la stessa Abi, l’associazione delle banche, controllano che l’offerta di prodotti finanziari sia corretta e trasparente, ma è meglio andare allo sportello preparati e imparare i primi rudimenti di finanza già a scuola.
Va fatto nell’ambito dell’educazione civica, perché è davvero difficile valutare un governo o il programma di un partito se non si sa come funzionano inflazione, potere d’acquisto, legge di bilancio, mercato del lavoro o sistema previdenziale.
Bankitalia cambia pelle: addio vigilanza, benvenuta formazione
Se le iniziative da parte di singole banche, come di vari enti, sono meritorie, meno noto è che l’educazione finanziaria sta cambiando la faccia di Bankitalia, che da anni è alla ricerca di una nuova centralità ed è ben consapevole che non può rimanere un semplice ufficio studi, almeno con questi organici di 7 mila persone, oltre la metà delle quali (55 per cento) dirigenti.
Secondo quanto risulta a Panorama, negli ultimi giorni di giugno in Bankitalia è stato varato un concorso dedicato a rimpinguare e rivitalizzare tutte le strutture della rete territoriale. La riorganizzazione voluta dal governatore Fabio Panetta sposta il baricentro dalla “vigilanza prudenziale” (controlli di vigilanza) alla “vigilanza di tutela” (educazione finanziaria).
Nuove strutture, corsi interni e concorsi esterni
Così, si sopprimono 39 strutture e se ne creano 37 di nuove, in modo da evitare traumi a chi ricopre il ruolo di capo divisione e sostituto, il tutto con la benedizione dei sindacati interni e con la promessa di fare anche un concorso per assumere dall’esterno.
Per fare che cosa? Secondo i critici della riorganizzazione interna, ci si starebbe “inventando” un nuovo futuro, in parte anche con compiti di scarsa utilità per i cittadini, ma di esclusivo interesse del sistema. Le prime cifre che circolano parlano di 10-20 addetti per sede periferica (37), più 150-200 a Roma e 50 a Milano.
Formazione e ri-orientamento per i dipendenti in eccesso
Intanto, da luglio sono aperti per l’iscrizione i corsi interni di “ri-orientamento”, tra cui spicca l’educazione finanziaria, proprio per il personale delle filiali «più impattate».
Significa che i funzionari di Bankitalia che rischiano di perdere il posto di lavoro saranno dirottati sull’educazione finanziaria, che infatti da mesi vede i tecnici di Via Nazionale battere decine di licei e di scuole medie nelle varie province.
L’atterraggio morbido della nuova missione educativa
Insomma, l’educazione finanziaria diventa l’atterraggio morbido di una Banca d’Italia in crisi di vocazione. Nel piano di riorganizzazione interno si salvano le 21 filiali regionali. La vigilanza prudenziale sarà concentrata a Bologna, Bolzano, Firenze, Milano, Napoli, Roma, Torino e Venezia. In queste otto filiali e in altre tre (Bari, Catanzaro e Palermo) verrà svolto anche il contrasto al riciclaggio.
Poi ci sono altre 9 sedi (Agrigento, Catania, Forlì, Lecce, Pescara, Reggio Calabria, Salerno, Sassari, Verona) che «si concentreranno sulla gestione del contante e sui servizi informativi e contribuiranno anche alle attività di analisi economica e di educazione finanziaria».
Una strategia già annunciata da Panetta
Bankitalia è stata lungimirante. Lo scorso 31 ottobre, alla Giornata del Risparmio dell’Acri (Casse di risparmio), il governatore spiegava che bisogna «operare per accrescere le competenze dei cittadini in campo economico e finanziario, rafforzando la loro capacità di effettuare scelte di investimento oculate».
Un’azione capillare, dai poveri ai quattordicenni
E non è un caso che Via Nazionale ormai raggiunga ogni anno oltre 150 mila tra studenti, piccoli imprenditori e categorie «socialmente ed economicamente vulnerabili», che è il modo in cui l’educazione finanziaria chiama i poveri (5,6 milioni in Italia).
Bankitalia lavora in stretto accordo con il ministero dell’Istruzione, guidato da Giuseppe Valditara, e forma già oggi centinaia di insegnanti, che poi riverseranno queste conoscenze agli studenti. Ma anche a migranti, anziani e persone in difficoltà.
Inclusione finanziaria e lotta alla disintermediazione
Perché oltre all’educazione, c’è il problema della cosiddetta inclusione finanziaria. Ovvero, dell’altra faccia del vero incubo delle banche: la disintermediazione. Non a caso le attività di educazione finanziaria riguardano anche la messa in guardia dalle criptovalute e da tutta quell’area grigia della finanza digitale che toglie milioni di clienti alle banche in tutto il mondo.
Un quattordicenne oggi, un correntista domani
Sotto questo profilo, insegnare a un quattordicenne come si tiene un conto corrente significa anche garantire un futuro cliente al sistema bancario.
In più, l’educazione finanziaria va molto forte su giornali e tv (ci sono varie partnership con grossi gruppi editoriali come Rcs Mediagroup e Rai), il che lucida anche la reputazione degli sponsor e coinvolge decine di giornalisti.
Magda Bianco, il volto dell’educazione finanziaria
Alla guida del dipartimento Tutela della clientela ed educazione finanziaria c’è da anni una donna, Magda Bianco.
Bergamasca, 65 anni e un Phd in economia alla London School of Economics, Bianco è entrata in Via Nazionale nel 1989 e oggi è anche consulente del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per la politica economica.
Molto cattolica, come la sua mentore Annamaria Tarantola (ex vice direttore Bankitalia e presidente Rai dal 2012 al 2015), è stata presidente dell’Associazione donne della banca d’Italia e coordinatrice della commissione Pari opportunità.
Il vero nodo: i prodotti opachi
Il suo compito è importante, ma deve anche tenere conto di quanto sosteneva nel 2016 Salvatore Rossi, all’epoca direttore generale di Via Nazionale, che al festival dell’economia di Trento ammise: «Ho una preoccupazione sulla tutela del risparmio che in Italia è più debole rispetto ad altri Paesi, in parte dipendente dal fatto che c’è stata un’inclinazione a offrire prodotti opachi».
Conclusione: educare, sì. Ma anche non vendere fumo
L’educazione finanziaria è un’operazione win-win. Anzi, win-win-win perché fa bene ai cittadini, agli istituti di credito e a Bankitalia. La miglior tutela però è sempre quella di non vendere «prodotti opachi». Specialmente prima di salire in cattedra.