Basterà il paracadute di Giorgia a salvarci da una classe dirigente che scansa gli esami?

  • Postato il 16 luglio 2025
  • Politica
  • Di Blitz
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In questo momento politico, tutto diventa oltremodo difficile: “È come buttarsi col paracadute ogni giorno”, sostiene Giorgia Meloni.

Qualsiasi ipotesi diventa problematica, perché non appena provi a spiegarla ti saltano tutti addosso e quindi non si va nè avanti, nè indietro.

Lo capiranno finalmente i nostri uomini e le nostre donne che siedono in Parlamento che così non si può andare avanti? Non c’è argomento su cui si può sperare di ottenere una pausa e quindi un accordo. Se l’avanza la destra è la sinistra ad alzare la voce e a puntare il dito contro il nemico. Se è la sinistra, il ritornello è identico e si accende subito una discussione che non porta da nessuna parte.

Chi sfoglia i giornali o vede la tv che cosa fa? Prende le distanze da questo inutile balletto e si allontana dalla politica. Ne sono un segno evidente le elezioni: la percentuale dei non votanti aumenta e si grida allo scandalo.

Chi sbraita di più sono proprio i colpevoli di questo disinteresse, i quali non capiscono o fanno finta di non capire che in tal  modo il Paese va a sbattere ed ha un futuro sempre più incerto.

Quel concerto non s’ha da fare

Basterà il paracadute di Giorgia a salvarci da una classe dirigente che scansa gli esami? Nella foto Valerij Gergiev
Basterà il paracadute di Giorgia a salvarci da una classe dirigente che scansa gli esami? – BlitzQuotidiano.it (foto ANSA)

Ora, è anche un concerto a dividere gli italiani o chi li rappresenta. Si deve tenere alla reggia di Caserta il 27 luglio e a dirigerlo dovrebbe essere un famoso direttore d’orchestra russo, Valerij Gergiev, che ha un difetto: essere un uomo molto vicino a Putin. “No, questa manifestazione non s’ha fare” dicono i contrari ricordando una minaccia dei bravi di Don Rodrigo allo spaventatissimo Don Abbondio.

Non si interessano del concerto, di quanto possa essere interessante, delle persone che, amanti della musica, vorrebbero essere in platea quella sera. No, questo è poco importante: un amico dell’aggressione russa all’Ucraina non può in nessun modo diventare protagonista in Italia anche se per poche ore. Ne nasce una violenta polemica in cui viene coinvolto pure il ministro della cultura Alessandro Giuli. Risponde alle domande dei giornalisti: “L;’arte non ha colore, ma la propaganda si”. Bisogna servirsi della diplomazia: non dire no, ma nemmeno si.

Così quell’appuntamento rimane appeso ad un filo fino a che i Guelfi e i Ghibellini non si mettano d’accordo. Se ti azzardi a dire che il talento è una cosa, le idee politiche un altro, vieni subito tacciato come un sostenitore di una delle due parti.

Eccolo il clima che si respira per le prossime elezioni regionali sulle quali dovremmo pronunciarci fin da settembre. La “guerra” è già cominciata, forse la si ritiene più importante di quella che porta morte e macerie in Ucraina o fame disperata nella striscia di Gaza dove non arrivano nemmeno gli aiuti umanitari.

Già, perchè dal voto autunnale potrebbe dipendere il futuro del governo.

Giorgia alla prova delle regionali

Giorgia Meloni non lo dice, ma in cuor suo sa che quella competizione potrebbe essere determinante per il governo che lei guida da quasi tre anni.

Allo stesso modo, è preoccupata Elly Schlein,  perchè il suo campo largo non riesce a sfondare, anzi è vicino alla debacle. Se questo comporterà un flop alle elezioni regionali, la vita per la segretaria del Pd diventerà più dura di quanto si possa immaginare.

I riformisti del partito sono in attesa sulla riva del fiume, mentre altre donne si affacciano sul mondo della politica per mettere alle corde Elly. La più gettonata è Silvia Salis, una vecchia gloria sportiva, oggi diventata sindaco di Genova. Ha carattere e la pensa diversamente dalla Schlein che ha portato il partito troppo a sinistra.

Tra le due fazioni c’è quel piccolo particolare dei dazi che se confermati da Trump al trenta per cento ridurrebbero l’Europa, e quindi l’Italia dí Giorgia, ai minimi termini. È vero che alle minacce del presidente degli Stati Uniti non si deve dare molto credito. Non lo diciamo noi, ma i veri capitomboli che Donald compie quotidianamente.

Una mattina si alza e dà un ultimatum a Putin di cinquanta giorni se non si decide a smetterla di bombardare Kiev e dintorni. L’altra si sveglia e ritiene che il Cremlino presto arriverà a più miti consigli.

Che cosa possiamo prevedere se questo è l’orientamento ondivago di Trump? È un furbacchione che cambia parere per spaventare chi lo ascolta; oppure un uomo che non sa nemmeno lui quale strada prendere?

Per il momento, l’Europa è in ansia, ma non si muove. È pronta però a farlo se alla fine del mese Donald  Trump non cambierà idea. Sono pronte le contromisure che potrebbero fare tanto male a chi le merita.

 Che questo sia un mondo di furbacchioni è provato dai fatti. Torniamo in Italia, dove dilaga la moda di evitare gli esami orali alla maturità. Il primo è stato un giovanotto di  Padova che ha rifiutato di farsi interrogare perchè nel nostro Paese c’è troppo agonismo. Che cosa voglia dire lo sa soltanto lui. Ma lo spunto è piaciuto a chi magari non era poi tanto preparato e poteva aspettarsi una solenne bocciatura. Sta di fatto che i ragazzi che hanno seguito questo esempio sono stati prima due, poi quattro.

Finchè la singolare protesta è diventata un’abitudine per chi aveva studiato poco. Insomma, si pensa di notte come fregare il prossimo quando diventa giorno. Se è questa la classe dirigente del futuro è meglio pregare.

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Autore
Blitz

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