Batteria e autonomia, perché due auto elettriche non sono mai uguali
- Postato il 9 luglio 2025
- Smart Mobility
- Di Virgilio.it
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Nel mondo in rapida evoluzione della mobilità elettrica, batteria e autonomia sono diventati i temi centrali delle conversazioni tra appassionati e potenziali acquirenti. Ma dietro a dati spesso espressi in chilometri e kilowattora si cela una realtà ben più complessa: due auto elettriche con specifiche simili possono offrire esperienze di guida e percorrenze molto diverse. Perché? La risposta sta in un intreccio di fattori tecnologici, progettuali e persino comportamentali che rendono ogni veicolo un caso a sé. In questo approfondimento scopriremo come dimensione e chimica delle batterie, gestione elettronica, aerodinamica, peso e stile di guida concorrano a determinare l’autonomia reale di un’auto elettrica, spiegando una volta per tutte perché, in questo campo, non esiste un confronto davvero “alla pari”.
Autonomia auto elettriche: la differenza fra quella dichiarata e la reale
L’autonomia di un’auto elettrica si riferisce alla distanza che un veicolo a batteria può percorrere con una singola carica completa della sua batteria. Questo parametro è di cruciale importanza per chiunque stia valutando l’acquisto di un veicolo simile, poiché incide direttamente sulla praticità d’uso quotidiana e sulla necessità di pianificare le ricariche.
Esiste una distinzione fondamentale tra l’autonomia dichiarata e quella reale. L’autonomia dichiarata è il valore che i produttori di automobili elettriche comunicano e che si trova nelle specifiche tecniche dei veicoli. Questo dato viene ottenuto attraverso test standardizzati condotti in laboratorio, il più diffuso dei quali in Europa è il ciclo WLTP (Worldwide Harmonized Light Vehicles Test Procedure). Sebbene sia stato introdotto per fornire dati più rappresentativi rispetto ai precedenti protocolli di test, rimane pur sempre una procedura di prova che simula condizioni di guida specifiche – come velocità medie, accelerazioni e frenate – e si svolge in ambienti con temperature controllate. Di conseguenza, l’autonomia dichiarata funge da valore di riferimento, un “benchmark“, utile per confrontare le prestazioni dei veicoli, ma non sempre riflette perfettamente le condizioni di guida che si incontrano nella vita di tutti i giorni.
L’autonomia reale, invece, rappresenta la distanza effettiva che si riesce a coprire con l’auto elettrica durante l’uso quotidiano. Questo valore può discostarsi in modo significativo da quello dichiarato, talvolta anche del 20-40% in meno, a seconda di numerosi fattori. La ragione di questa discrepanza risiede nel fatto che le condizioni di guida reali sono intrinsecamente più complesse e variabili rispetto a quelle simulate in laboratorio.
I fattori che influenzano l’autonomia reale
Uno dei principali fattori che influenzano l’autonomia reale è lo stile di guida. Una guida aggressiva, caratterizzata da accelerazioni brusche, frenate improvvise e velocità elevate, comporta un consumo energetico nettamente superiore. Al contrario, una guida fluida e costante, che sfrutta al meglio la frenata rigenerativa – ovvero il recupero di energia in fase di decelerazione – contribuisce a massimizzare l’efficienza. La velocità incide fortemente: al suo aumentare, minore sarà l’autonomia.
Le condizioni climatiche e la temperatura esterna giocano un ruolo cruciale. Sia le temperature molto alte che quelle molto basse influiscono negativamente sull’efficienza della batteria. Il tipo di percorso, inoltre, influisce notevolmente. Nella guida urbana, con continue fermate e ripartenze, la frenata rigenerativa può essere molto efficace, contribuendo a estendere l’autonomia. In autostrada, a velocità elevate e costanti, la frenata rigenerativa è meno utilizzata e la resistenza aerodinamica aumenta drasticamente. Percorsi in salita richiedono più energia, mentre le discese permettono di recuperarne una parte.
L’aerodinamica di un veicolo è un elemento centrale. Si riferisce a quanto efficacemente esso riesce a “tagliare” l’aria durante il movimento. La resistenza aerodinamica, o drag, è la forza che si oppone al movimento del veicolo nell’aria e rappresenta una delle principali cause di consumo energetico, specialmente ad alte velocità. In un’auto elettrica, dove l’energia è preziosa e immagazzinata in una batteria, minimizzare questa resistenza è fondamentale per massimizzare l’autonomia.
I progettisti di auto elettriche dedicano un’attenzione maniacale alla forma della carrozzeria per ridurre il coefficiente di resistenza aerodinamica (Cx). Questo significa linee più filanti, superfici lisce, maniglie delle porte a filo carrozzeria e persino un design specifico dei cerchi. Un Cx basso implica che il veicolo ha bisogno di meno energia per muoversi. Ad esempio, studi indicano che ad una velocità di 110 km/h, circa il 60-70% dell’energia consumata da un veicolo elettrico è impiegata per vincere la resistenza aerodinamica. Ogni miglioramento anche minimo, come una riduzione del 10% del Cx, può tradursi in un aumento dell’autonomia di circa il 5-7% in autostrada. Anche dettagli apparentemente secondari, come la forma degli specchietti retrovisori o la presenza di alette attive che si aprono e chiudono per ottimizzare i flussi d’aria, contribuiscono a un’efficienza aerodinamica superiore.
Il carico del veicolo è un altro fattore fondamentale: maggiore è il peso trasportato (passeggeri, bagagli), maggiore sarà l’energia necessaria per far avanzare il veicolo. Gli pneumatici influenzano l’efficienza. Quelli con bassa resistenza al rotolamento (spesso classificati come “Classe A” sull’etichetta energetica) possono migliorare l’autonomia. Infine, con il tempo e l’utilizzo, la capacità delle batterie tende a diminuire, portando a una graduale riduzione dell’autonomia massima.
Da questo si deduce che, idealmente, adottando la stessa identica meccanica su due veicoli con differenti carrozzerie, è possibile ottenere due comportamenti in termini di consumi energetici completamente differenti.