Battlefield 6: un ottimo ritorno costruito intorno ai punti forti del passato per il multiplayer. La campagna il punto debole

  • Postato il 13 ottobre 2025
  • Tecnologia
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Dopo un capitolo divisivo come Battlefield 2042, il nuovo episodio della serie di Electronic Arts e DICE tenta di rimettere ordine nel proprio universo, tornando a ciò che definisce davvero il marchio: guerre su larga scala, mappe distruttibili, veicoli che fanno la differenza e una direzione artistica più radicata nella realtà militare contemporanea. Battlefield 6 è un titolo che recupera l’identità perduta, riportando concretezza in una categoria – quella degli sparatutto- ormai da troppo tempo allo sbaraglio.

Un multiplayer che ritrova la direzione
Il cuore di Battlefield 6 batte forte nel multigiocatore. Le battaglie tornano a essere enormi e caotiche, ma allo stesso tempo leggibili. La reintroduzione delle classi tradizionali — assalto, supporto, ricognitore e ingegnere — ristabilisce equilibrio e ruoli chiari in squadra, dopo gli esperimenti poco convincenti dei “specialisti” di 2042.
Ogni classe ha compiti riconoscibili e strumenti distintivi, che influenzano la strategia complessiva. Il risultato è un gameplay più coeso, capace di generare quelle sinergie spontanee che erano mancate nell’ultimo capitolo.

Le armi proposte sono tra le migliori di sempre nella saga di Battlefield in termini di feeling: responsive, realistiche, modificabili e adatte ad ogni situazione. Gli sviluppatori hanno deciso di garantire libertà negli equipaggiamenti di classe, consentendo ad ognuna di esse di utilizzare qualsiasi arma si preferisca, sebbene per ogni classe ci siano le relative armi distintive.

Le mappe sono ampie, ma non dispersive, costruite per favorire l’interazione tra fanteria, mezzi terrestri e velivoli. La distruzione ambientale non è solo spettacolo: far crollare un edificio può ribaltare l’andamento di uno scontro, sebbene non tutti gli edifici siano completamente distruggibili (il che porterebbe probabilmente i giocatori a radere al suolo qualsiasi cosa si trovino davanti, togliendo dunque l’accezione tattica data dalla struttura stessa delle mappe). Nonostante ciò, si tratta di uno degli elementi che più contribuiscono a dare personalità a ogni partita, restituendo la sensazione di trovarsi in un campo di battaglia vivo, dinamico e imprevedibile ed altamente stressante (nel senso realistico del termine).

Sul piano tecnico, il multiplayer mostra una solidità che mancava da tempo. I server reggono anche nei momenti di maggiore affluenza, il netcode è abbastanza stabile (abbiamo notato diverse istanze di gioco dove i danni non venivano correttamente registrati) e la resa visiva — soprattutto su PC e console di nuova generazione — restituisce un impatto credibile, con effetti di luce e particellari convincenti.

Una campagna che fatica a lasciare il segno
Il ritorno della modalità single player avrebbe potuto essere l’occasione per esplorare di nuovo la dimensione narrativa della serie. Invece, la campagna di Battlefield 6 rimane l’aspetto meno riuscito del pacchetto.
La storia segue un conflitto tra NATO e Pax Armata, ambientato in un futuro prossimo, con tensioni globali e missioni distribuite tra diversi fronti. Le premesse erano anche interessanti, ma lo sviluppo si è rivelato troppo lineare e privo di reale profondità. I personaggi mancano di spessore e i dialoghi si limitano a svolgere una funzione di raccordo tra una sequenza d’azione e l’altra.

Le missioni, per quanto spettacolari, sono fortemente guidate. La libertà tattica che caratterizza il multiplayer viene qui sostituita da un’impostazione rigida e prevedibile, dove l’intelligenza artificiale mostra limiti evidenti e gli scontri si risolvono sempre con la stessa struttura. Anche dal punto di vista della durata, la campagna risulta breve e frammentata, più vicina a un tutorial esteso che a un’esperienza narrativa completa.

È un peccato, perché visivamente alcune sequenze funzionano e la regia riesce a ricreare la scala e il ritmo cinematografico tipici della serie. Tuttavia, la mancanza di un vero punto di vista o di un messaggio riconoscibile lascia la sensazione di un’occasione non colta.

Comparto tecnico, audio e direzione artistica
Il motore Frostbite, qui nella sua iterazione più recente, continua a essere uno dei punti di forza del franchise. La resa grafica raggiunge standard elevati: texture definite, illuminazione dinamica convincente e un sistema di distruzione ambientale che rimane tra i migliori di sempre. Gli scenari alternano aree urbane dense a spazi aperti, offrendo varietà visiva e funzionale.

Ogni mappa vanta una sua identità specifica ed è stata curata nei minimi dettagli, quasi maniacalmente, dagli sviluppatori. La sensazione di conflitto è reale, il caos, le esplosioni, la guerra: tutto è trasposto alla perfezione.

L’audio, da sempre uno dei marchi di qualità di Battlefield, si conferma eccezionale. Il suono dei colpi, il rimbombo dei veicoli e le esplosioni creano un paesaggio acustico immersivo, realistico e perfettamente integrato con l’azione.

Su PC le prestazioni sono ottime, con ampie opzioni grafiche e un frame rate stabile anche nelle situazioni più concitate. Con un setup che monta una GPU Nvidia GeForce RTX 4090 e le impostazioni tutte in ultra abbiamo viaggiato su una media di 160/165 FPS stabili anche in situazioni di stress del motore grafico come mappe molto ampie, esplosioni e distruzione di interi edifici. Qualche “fastidio” (forse voluto) lo genera l’illuminazione, soprattutto passando dall’interno degli edifici all’esterno, dove la luce risulta spesso accecante e rende difficile l’individuazione dei nemici.

Design e ritmo delle partite
Il design delle mappe privilegia la varietà degli approcci: spazi urbani verticali, deserti attraversati da mezzi corazzati, ambientazioni montane da togliere il fiato.

Le modalità principali — Conquista, Sfondamento, Corsa, oltre alla nuovissima Escalation— garantiscono un ritmo di gioco costante e un buon bilanciamento tra strategia e immediatezza. L’approccio di Battlefield 6 non cerca di reinventare la formula, ma di consolidarla e renderla nuovamente affidabile. La nuova meccanica di movement del personaggio risulta più vicino ad altri sparatutto odierni rispetto al classico Battlefield, un’implementazione che in molti hanno gradito, ma che alcuni veterani della saga non hanno particolarmente apprezzato.

Conclusione
Battlefield 6 rappresenta un passo avanti deciso rispetto al suo predecessore. È un gioco che ritrova la propria anima, riafferma l’importanza del lavoro di squadra e restituisce al franchise e a tutto il genere di riferimento il respiro epico che lo aveva contraddistinto.
La parte multiplayer dimostra come la serie possa ancora offrire un’esperienza di guerra spettacolare e coerente, in grado di coinvolgere e mettere alla prova anche i veterani.

La campagna single player, invece, rimane un’aggiunta secondaria: funzionale come introduzione alle meccaniche, ma priva del mordente necessario per imporsi come elemento narrativo autonomo.

Nel complesso, Battlefield 6 è un titolo solido, costruito per durare nel tempo e migliorare con aggiornamenti futuri. Non segna una rivoluzione, ma un ritorno alla forma — quella che molti avevano smesso di aspettarsi, ma che tanto serviva al genere.

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Il Fatto Quotidiano

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