“Bavaglio alla giudiziaria, autocensura e pubblicità”: ecco perché la libertà di stampa in Italia è peggiorata

  • Postato il 2 maggio 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Il bavaglio alla cronaca giudiziaria imposto dal governo, i “crescenti” conflitti d’interessi tra i proprietari dei principali giornali, ma anche le querele temerarie e l’autocensura tra i giornalisti. È per tutti questi motivi che l’Italia ha peggiorato la sua posizione nella classifica della libertà di stampa di Reporters Sans Frontières. Alla vigilia della Giornata internazionale per la libertà di stampa, l’organizzazione no profit ha pubblicato i risultati del suo report annuale, riconoscendo al nostro Paese un punteggio pari a 68,01, che equivale al 49esimo posto in classifica su 180 nazioni. L’anno scorso i punti erano 69,8, pari al 46esimo posto. L’Italia dunque perde tre posizioni ed è in fondo alla classifica delle nazioni europee: solo Grecia, Romania, Malta, Cipro, Ungheria e Bulgaria fanno peggio. Roma è superata in classifica dall’Organizzazione degli Stati Caraibici orientali, da Tonga e dal Belize. Ma va detto che peggio di noi fanno Paesi come gli Stati Uniti e Giappone, mentre la classifica è guidata da Norvegia, Estonia e Olanda. I report sono il risultato di un questionario inviato dall’ong a varie organizzazioni per la libertà di espressione, al monitoraggio dei corrispondenti di Rsf e alle audizioni degli addetti ai lavori, quindi giornalisti, ricercatori e attivisti.

Il bavaglio del governo – Nel dossier dedicato al nostro Paese, gli analisti di Reporters Sans Frontières scrivono che “i professionisti dei media a volte cedono all’autocensura, sia per conformarsi alla linea editoriale della propria testata giornalistica, sia per evitare una causa per diffamazione o altre forme di azione legale. La situazione può essere aggravata per i giornalisti di cronaca nera e giudiziaria dalla legge bavaglio votata dalla coalizione di governo del primo ministro Giorgia Meloni, che vieta la pubblicazione di un ordine di custodia cautelare in carcere fino al termine dell’udienza preliminare. I sindacati dei giornalisti condannano anche la crescente ingerenza politica nei media pubblici“. Il riferimento è chiaramente al decreto legislativo approvato nel dicembre scorso, che vieta la pubblicazione testuale delle ordinanze di arresto, di obbligo o divieto di dimora, l’interdizione dallo svolgimento di un’attività o l’obbligo di firma.

Pubblicità e sussidi statali – Sul fronte parlamentare, l’ong sottolinea ancora una volta come la “paralisi legislativa” stia “frenando l’adozione di diverse proposte di legge volte a preservare e persino migliorare la libertà giornalistica. Questo spiega in parte le limitazioni che alcuni giornalisti incontrano nel loro lavoro. La criminalizzazione della diffamazione e le numerose procedure SLAPP limitano la libertà giornalistica“. Il riferimento è alle querele temerarie promosse soprattutto dai politici nei confronti di cronisti, senza che davvero esistano i presupposti per la diffamazione. La questione delle Slaap e il problema dell’autocensura è aggravata dalla situazione economica dei media, sempre più in profondo rosso a causa delle costante perdita di copie in edicola. Un meccanismo che spinge i giornali a essere sempre più dipendenti dalla pubblicità e dalle sovvenzioni pubbliche. “I media dipendono sempre più dagli introiti pubblicitari e dai sussidi statali. Anche la carta stampata sta affrontando un graduale calo delle vendite. Inoltre, l’annunciata acquisizione di una delle principali agenzie di stampa italiane, l’Agenzia Giornalistica Italiana , da parte di Antonio Angelucci, deputato della maggioranza al potere e proprietario di diversi altri importanti quotidiani italiani, evidenzia la minaccia della concentrazione dei media e dei conflitti di interesse”. Il passaggio di mano dell’Agi è stato per il momento bloccato. Il parlamentare della Lega, nel frattempo, ha accumulato un piccolo impero di carta con le testate Libero, Il Giornale, Il Tempo e alcuni quotidiani locali. Da un lato, dunque, si ha concentrazione di giornali nelle mani di pochi imprenditori con interessi economici e politici diversi da quelli dell’editoria pura, dall’altro c’è un continuo peggioramento della situazione economica dei media. “Il risultato è una crescente precarietà che mina pericolosamente il giornalismo, il suo dinamismo e la sua autonomia”, sottolinea il report.

Mafia e corruzione – Nel dossier dedicato da Reporters Sans Frontières al nostro Paese si fa cenno anche al racconto delle mafie. “I giornalisti che indagano sulla criminalità organizzata e sulla corruzione sono sistematicamente minacciati e talvolta sottoposti a violenza fisica per il loro lavoro investigativo. Le loro auto o case vengono talvolta distrutte da incendi dolosi. Campagne di intimidazione online vengono orchestrate contro coloro che si occupano di queste questioni. Circa venti giornalisti vivono attualmente sotto scorta permanente della polizia dopo essere stati oggetto di intimidazioni e attacchi”, si legge ancora il report. L’analisi della ong evidenzia inoltre come, a partire dalla pandemia di Covid-19, la nostra società abbia sviluppato una “polarizzazione che ha colpito i giornalisti, vittime di aggressioni verbali e fisiche durante le proteste contro le misure sanitarie”. Finita l’emergenza coronavirus, però, è rimasta la polarizzazione, che si è cristallizzata “attorno a questioni politiche o ideologiche legate all’attualità”. In definitiva, dunque, “la libertà di stampa in Italia continua a essere minacciata dalle organizzazioni mafiose, in particolare nel sud del Paese, nonché da diversi piccoli gruppi estremisti violenti. I giornalisti denunciano anche i tentativi dei politici di ostacolare la loro libertà di occuparsi di casi giudiziari attraverso una legge bavaglio che si aggiunge alle procedure Slaap, prassi comune in Italia”. Il risultato è una qualità della libertà di stampa in continuo peggioramento.

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Il Fatto Quotidiano

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