Bce tiene i tassi al 2% e rivendica: l’inflazione è al nostro target
- Postato il 24 luglio 2025
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Bce tiene i tassi al 2% e rivendica: l’inflazione è al nostro target
Roma, 24 lug. (askanews) – Come ampiamente atteso, la Banca centrale europea ha interrotto la manovra di riduzione dei tassi di interesse che proseguiva da circa un anno. Il principale riferimento sul costo del denaro nell’area euro, il tasso sui depositi, resta quindi al 2%, mentre il comunicato diffuso al termine del Consiglio direttivo rivendica che l’inflazione media nell’area valutaria “è pari attualmente al nostro obiettivo del 2% a medio termine”.
Lo stesso Consiglio non si sbilancia sulle mosse future, ribadendo che verranno decise volta per volta sulla base dei dati – è stato però aggiunto un riferimento alla necessità di valutare i rischi che circondano le prospettive di inflazione – e che il direttorio non intende vincolarsi ad alcun percorso predeterminato sui tassi. Nella conferenza stampa esplicativa, la presidente Christine Lagarde è sembrata usare una sfumatura leggermente più netta.
“Siamo in una buona posizione ora per aspettare e guardare” come i rischi sulle prospettive di inflazione e crescita “si svilupperano nei prossimi pochi mesi. Avremo nuove previsioni economiche a settembre e, più avanti, rivaluteremo a ogni incontro monetario (il quadro) e continueremo a farlo a settembre, a ottobre, a dicembre e avanti. Sulla base su questo lavoro il Consiglio direttivo deciderà quale sia la linea monetaria appropriata”, ha affermato. Nel pomeriggio si è visto un leggero altalenare dell’euro sul mercato dei cambi, in serata è poco mosso a 1,1763 sul dollaro. In ordine sparso con movimenti limitati le Borse Ue (Milano -0,15%).
Lagarde è stata interpellata sulle ipotesi di mercato di un altro taglio prima di fine anno ai tassi di interesse.
L’insistenza con cui ha ripetuto il concetto di essere “in una buona posizione per attendere” potrebbe segnalare nuovamente, come accaduto a giugno, un generico orientamento a non modificare i tassi al prossimo Consiglio, calendarizzato l’11 settembre. I commenti degli analisti ora mostrano una crescente cautela sull’ipotesi di un taglio in quella occasione, già in precedenza non dato per certo.
Il quadro resta caratterizzato da una elevata incertezza, a cominciare dalla partita sui dazi commerciali con gli Stati Uniti su cui pure, negli ultimi giorni, secondo indiscrezioni di stampa sembrano essersi avvicinate le posizioni su un’ipotesi di livellamento al 15% delle tariffe Usa sulle importazioni dalla Ue. Altra incognita è sui cambi dell’euro, su cui Lagarde si è limitata a ribadire la posizione formale dell’istituzione: “sui tassi di cambio non abbiamo alcun livello obiettivo. Monitorando i tassi di cambio perché sono rilevanti per le nostre previsioni di inflazione”, ha detto.
Secondo Lagarde “prima si risolve l’incertezza”, sui dazi commerciali e meglio sarà “per tutti gli attori economici, noi inclusi”. La decisione di oggi è stata presa dal Consiglio Bce all’unanimità. E per la strategia futura è “ampiamente condiviso – ha aggiunto – che dobbiamo lavorare sulla base dei dati che dobbiamo decidere volta per volta senza predeterminare le future decisioni “.
“Non vi posso dire più di questo. I mercati fanno quello che devono fare e noi facciamo quello che dobbiamo fare”. Alcuni vorrebbero indicazioni più esplicite “lo capisco. Ma no: non è possibile nelle circostanze attuali – ha affermato Lagarde – come ho detto, siamo ben posizionati per aspettare e vedere”.
Per quanto riguarda le grandi banche centrali, ora l’attenzione si sposta oltre Atlantico, dove in un quadro politico molto più teso la Federal Reserve vedrà riunirsi il suo direttorio (il Fomc) martedì e mercoledì prossimi.
Già stasera sarà oggetto di una inconsueta visita a sorpresa – quasi un blitz – del presidente Usa Donald Trump, che all’improvviso ha fatto sapere che intende partecipare a un tour precedentemente organizzato per i funzionari della Casa Bianca alla sede che l’istituzione monetaria sta ristrutturando.
Da mesi Trump bersaglia la Fed – e in particolare il suo presidente, Jerome Powell – di durissime critiche, lamentando l’assenza di taglia e i tassi di interesse. Per parte sua l’istituzione monetaria ha motivato l’immobilismo con l’incertezza legata ai dazi commerciali, mentre Powell si è rifiutato di commentare gli epiteti di cui è stato oggetto. (di Roberto Vozzi).
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