Benedetta Europa! Le radici per il futuro europeo dal Meeting di Rimini a Igino Giordani

  • Postato il 12 ottobre 2025
  • Politica
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La riflessione iniziata con la prima parte che ha preso in considerazione per metterli in parallelo tra contenuti e proposte, gli interventi di Romano Prodi e Mario Draghi (qui il link al primo articolo), non può che concludersi col terzo intervento significativo di questa estate che è avvenuto sempre al Meeting di Rimini ovvero quello della presidente del Consiglio dei ministri italiana, Giorgia Meloni, che parte riprendendo il tema dell’iniziativa del movimento Comunione e Liberazione, una frase di T.S. Eliot, “nei luoghi deserti costruiremo con mattoni nuovi” e fa un parallelo con Atreju, personaggio del libro “La storia infinita” che lotta contro il “nulla che avanza” per richiamare una resistenza all’omologazione al vuoto valoriale ed identitario. Continua parlando della situazione dell’Italia, delle guerre e poi dell’Europa oggi condividendo il discorso di Draghi che l’ha preceduta. Giustamente si interroga sulla necessità di ritrovare un primato della politica, rispetto alla burocrazia per risolvere problemi: sull’Europa e il contesto ideal/ideologico fa due precisi passaggi, cioè deve fare meno e meglio, senza soffocare gli stati nazionali e annullarne l’identità che va sintetizzata in maniera virtuosa e “la nostra casa, a cui aggiungere mattoni nuovi, è l’Occidente. Non – come ho detto diverse volte – un luogo fisico, ma un sistema di valori nato tra l’incontro tra la filosofia greca, il diritto romano e l’umanismo cristiano”.

Il primo aspetto è l’idea di una sfiducia verso la primazia della costruzione strategica sovranazionale che deve essere ridotta nella sua capacità d’azione rispetto allo stato nazione: questo è abbastanza fedele con la storia della cultura “missina”, la destra italiana, che non ha fatto evoluzioni in senso conservatore classico o addirittura, come ipotizzato da qualcuno, in senso “cattolico liberale”, l’idea di Europa di Giorgio Almirante che fu segretario nazionale del Movimento Sociale Italiano, ma oggi sembra porsi in linea, pur con alcune sfumature ancora diverse come per molte destre di diversi Paesi, con quel nazional-conservatorismo delineato dal filosofo e sociologo israeliano Yoram Hazony, il cui pensiero potrebbe essere un incrocio ideale delle varie declinazioni su un asse che va da Israele agli Usa del movimento Maga.

Ora, si potrebbero citare per approfondire sia  Edward W. Said col saggio “Orientalismo”, sia Ian Buruma e Avishai Margait con “Occidentalismo. L’Occidente agli occhi dei suoi nemici” per cercare di trovare un inquadramento passando dalla domanda del filosofo italiano Michele Federico Sciacca “Europa o occidentalismo?” e analizzare la dicotomia noi/gli altri che si viene a creare ma, come posto in premessa nella prima parte, il tentativo è quello di andare alla questione fondamentale, cioè le tre “ricette” proposte da Prodi, Draghi e Meloni, difficilmente sono in grado di sostenere quella maturità e riforma per una convinta capacità d’azione dell’Europa auspicata dall’ex ministro degli esteri francese De Villepin, fermo restando la concretezza a valle delle azioni nei diversi settori come quello dell’IA.

Qual è, allora, il punto a monte per ritrovarla, questa benedetta Europa?

Forse occorre riprendere in mano i padri fondatori, la loro storia, i loro valori e prenderli sul serio come fatto da papa Francesco quando, ad Atene nel 2021 in un importante discorso su Europa e democrazia, cita De Gasperi a proposito del contrasto allo “scetticismo democratico”. Premessa la ripresa dei padri fondatori democristiani, come fatto, su questa linea va segnalata l’uscita di un piccolo e pregevole libro di un giovane studioso, Stefano Zaffino, che ha appena pubblicato un interessante saggio dal titolo “Fraternità e Profezia. Il pensiero di Igino Giordani nel solco della ‘Fratelli tutti'” per le edizioni Tau: cosa può centrare?

Innanzitutto si rifà al protagonismo politico dei cattolici (che per inciso guardano all’amor di Patria e non al nazionalismo) che è alla base dell’Europa e prende in esame una figura originale come Giordani, democristiano ma che che fu, tra il 1920 e il 1921, direttore dell’ufficio stampa del PPI nazionale con la segreteria nazionale di don Luigi Sturzo che già in quegli anni ebbe occasione di incontrare Adenauer con De Gasperi. Il testo ci aiuta ad andare ai fondamentali per ritrovare questo sogno europeo che rischia di rimanere schiacciato dalle polarizzazioni che ruotano intorno al passaggio da geografia a ideologia nazionalista dell’occidente e che non arrivano, come si è visto, alla radice della necessaria maturazione di esso che i popoli cercano perché prima delle azioni serve sanare lo scetticismo che viaggia oggi alla velocità dell’algoritmo dei social: come fare?

Se prendiamo il testo di Zaffino serve l’esempio di Giordani nel far crescere nuove leve in grado di amministrare la cosa pubblica, perché è evidente un problema attuale di formazione di classe dirigente sempre in assetto emergenziale (e di passaggio del testimone tra generazioni del miglior pensiero politico autonomo dei cattolici, il popolarismo), come tracciato nel suo testo “Rivolta cattolica” che viene citato in parallelo con l’Enciclica di papa Francesco in cui si legge che “per rendere possibile lo sviluppo di una comunità mondiale, capace di realizzare la fraternità a partire dai popoli e nazioni che vivano l’amicizia sociale è necessaria la migliore politica, posta al servizio del vero bene comune. Purtroppo, invece, la politica oggi spesso assume forme che ostacolano il cammino verso un mondo diverso” (Ft, 154).

Un nuovo protagonismo cattolico, dunque, non può non partire da ciò che i discorsi analizzati sono mancanti perché è l’unico in grado di farlo in quanto le sue radici sono conservate dai popoli, anche questo emerge dal libro or ora citato, ma serve non indugiare più in vecchie contrapposizioni figlie di tempi passati e polarizzazioni ormai anti-cattoliche perché o “cattoliciste democratiche” o “cristianiste”.

Autore
Formiche

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