Bergamo, fondi pubblici usati per comprare azioni di Banca Fucino
- Postato il 14 ottobre 2025
- Cronaca
- Di Il Fatto Quotidiano
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A Bergamo e dintorni si fanno sempre più insistenti le voci di crescenti difficoltà con le banche finanziatrici del sistema-Fondazioni, le “Opere di bene” fondate da Daniele Nembrini. Secondo alcune fonti interne, le “Opere” stanno vivendo un momento critico perché alcune banche hanno bloccato i finanziamenti. Ma i rapporti di Nembrini e delle sue (ex) Fondazioni con le banche affondano nel tempo, raccontano un’altra verità e aprono nuove piste: come quella di fondi pubblici che avrebbero dovuto essere destinati esclusivamente alla formazione professionale, per un importo di 3,5 milioni, utilizzati invece da Nembrini per acquistare quote di un importante istituto privato di credito romano, la Banca del Fucino.
Le indagini dei pubblici ministeri Emanuele Marchisio e Silvia Marchina, coordinati dal procuratore aggiunto Maria Cristina Rota, sono ufficialmente scattate dal 3 luglio 2024 con le perquisizioni e gli avvisi di garanzia all’imprenditore e manager di Bergamo, vicino alla Curia e a CL, insieme ad altre 11 persone, per vari reati tra i quali malversazione, falsi in atti e bilanci delle Fondazioni San Michele Arcangelo e Ikaros, cariche che ha lasciato lo scorso anno. A oggi, le indagini vertono solo sulle persone fisiche e le Fondazioni non hanno ricevuto alcuna interdittiva. Gli inquirenti cercano di capire a quale scopo sono stati effettivamente utilizzati milioni di contributi pubblici scomparsi tra decine di operazioni societarie, mentre Nembrini (che si vantava del suo “voto di povertà”) viveva nel lusso e comprava un patrimonio immobiliare da 6 milioni per la propria famiglia, e se siano avvenute possibili violazioni dei requisiti per ricevere i fondi di Regione Lombardia, Pnrr e Anpal Servizi, mentre per anni le famiglie degli studenti continuavano a sborsare rette di migliaia di euro l’anno e ora i dipendenti lamentano mesi di ritardo nei pagamenti degli stipendi.
A 15 mesi dall’avvio delle indagini e solo dopo l’inchiesta del Fatto, alla cautela degli istituti di credito si è ora affiancato anche un giro di vite della Regione Lombardia. che pare essersi svegliata da lustri di torpore e di fatto ha commissariato la rete di attività nella formazione professionale vicina alla Curia di Bergamo e a CL. Tre fonti diverse, interpellate dal Fatto, confermano che nelle scorse settimane con una decisione autonoma il Pirellone ha bloccato tutte le erogazioni di fondi pubblici alle Fondazioni e ha effettuato una stretta sui controlli: prima di versare i finanziamenti pubblici ora chiede di vedere le fatture che le Fondazioni hanno ricevuto dai fornitori per l’attività svolta, poi le contabili dei bonifici di avvenuto pagamento. Nei fatti è una sorta di commissariamento non ufficiale, deciso all’improvviso dopo anni di controlli assai laschi, con gli esiti critici di due ispezioni condotte tempo fa lasciati cadere nel vuoto. Certo, il rallentamento dei pagamenti non riguarda solo il sistema “ex Nembrini”, ma viene lamentato anche da molti altri enti di formazione lombardi, ma a oggi fonti interne confermano che solo le Fondazioni bergamasche sembrano non essere state pagate dalla Regione, bloccando i contributi pubblici che spettano per legge e mettendo così in crisi i pagamenti a dipendenti, collaboratori e fornitori. Dunque perché questa attenzione solo adesso? La stretta si apre a diverse interpretazioni: dall’interno delle “Opere” c’è chi avanza persino il dubbio che questa mossa possa favorire i concorrenti rappresentando di fatto una “spinta” per favorire un passaggio di proprietà delle Fondazioni.
La chiave di lettura di alcune di queste vicende potrebbe anche essere legata agli intrecci tra le attività di Daniele Nembrini e le banche. Secondo una segnalazione all’esame degli inquirenti, a partire dal 2020 l’imprenditore bergamasco aveva iniziato a far trasferire grosse somme reperibili nei bilanci dalle “Opere” ai conti di Fondazione San Michele Arcangelo. I fondi pubblici furono destinati, invece che per le attività istituzionali nella formazione professionale, per l’acquisto di azioni di Banca del Fucino. Si tratta della storica banca privata romana fondata nel 1923 dalla famiglia Torlonia che dal 2019 fa parte del gruppo Igea Banca. Oggi l’istituto è presieduto da Mauro Masi e ha come amministratore delegato Francesco Maiolini. Entrambi manager di lungo corso vicini a Gianni Letta, ex sottosegretario del governo Berlusconi con delega ai servizi segreti, Masi ha alle spalle una lunga carriera da grand commis di Stato, mentre Maiolini tra il 2000 e il 2012 è stato direttore generale di Banca Nuova, controllata palermitana della fu Banca Popolare di Vicenza dove per un certo periodo ebbero conti bancari i servizi, e dal 2003 al 2012 consigliere di Sec Servizi, datacenter dell’ex gruppo Bpv.
Gli acquisti da parte di Fondazione San Michele di pacchetti di azioni della Fucino, i cui atti sono stati firmati personalmente da Nembrini, si inserivano nel percorso di uscita dalla banca e di conseguente risistemazione della partecipazione dell’imprenditore mantovano Giorgio Girondi. In base a un accordo siglato il 17 febbraio 2021 con l’istituto di credito, Girondi stava vendendo per 47,9 milioni circa l’intera quota della banca in capo alla sua GGG Spa, pari a 22,35 milioni di azioni. Ad aprile 2022 – e ancora oggi – la Fondazione San Michele Arcangelo risultava così proprietaria di 1,69 milioni di azioni di Banca del Fucino, prenotate in più tranche, per le quali tra il 30 novembre 2020 e il 21 ottobre 2021 aveva pagato in totale 3,5 milioni.
Ma c’è di più. Ulteriori carte interne al sistema Nembrini, sotto analisi degli inquirenti, indicano l’intenzione del “fondatore” di pagare altri 1,7 milioni nell’acquisto di altri titoli della banca per consolidare la partecipazione della sua Fondazione nella cordata di controllo della Fucino, con il progetto di arrivare a detenere 2,5 milioni di azioni. Operazione che però non pare essersi concretizzata, almeno non in capo alla Fondazione San Michele Arcangelo. In sostanza, ingenti fondi pubblici venivano sottratti alle attività di formazione per le quali erano stati erogati alle “Opere di bene” per essere invece utilizzati per investire in azioni non quotate e illiquide della banca privata. Una mossa, a detta di alcune fonti, attraverso la quale Nembrini tentava accreditarsi nell’importante salotto creditizio, stringendo relazioni importanti non solo a livello finanziario.
Ma dalla documentazione all’esame degli inquirenti emerge anche che i rapporti tra Nembrini e Banca del Fucino erano a doppia mandata. Come conferma la stessa banca, il mutuo di acquisto della villa di Cenate (Bergamo) comprata da Daniele Nembrini per 1,5 milioni di euro e ristrutturata con una spesa di altri 800 mila euro, è stato erogato proprio dalla Fucino e garantito dalla Fondazione San Michele. E secondo fonti vicine agli inquirenti altri finanziamenti per milioni, alcuni dei quali garantiti dallo Stato durante l’emergenza della pandemia Covid, sono stati girati dalla stessa banca alle Fondazioni dell’imprenditore bergamasco. D’altronde in molte cose Nembrini aderiva al precetto evangelico “non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra”.
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