Bonifica di Crotone, per la Commissione Ecomafie smaltimento interno imposto da norme Ue
- Postato il 22 dicembre 2025
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Bonifica di Crotone, per la Commissione Ecomafie smaltimento interno imposto da norme Ue

Nel documento approvato dalla Commissione Ecomafie sullo stato della bonifica di Crotone il nodo irrisolto della gestione dei rifiuti
CROTONE – Alla fine i rifiuti pericolosi della tanto sospirata bonifica dovranno essere smaltiti a Crotone. Potrebbe essere questa l’unica soluzione «tecnicamente ed economicamente sostenibile» con l’entrata in vigore della nuova normativa europea sulle esportazioni transfrontaliere. Lo mette nero su bianco la Commissione ecomafie. La relazione integrale del testo approvato all’unanimità sullo stato di attuazione della bonifica del Sin (Sito d’interesse nazionale) di Crotone, Cassano e Cerchiara, tra i più contaminati d’Italia, non focalizza soltanto il blocco sostanziale dell’iter.
INCERTEZZE E RISCHI
Nel tracciare le conclusioni, dopo la missione del febbraio scorso, i commissari illustrano un quadro di «persistente incertezza» sulla gestione dei rifiuti pericolosi e tenorm. Mettono in luce ritardi procedimentali, insufficienza delle misure di messa in sicurezza ad oggi adottate e mancanza di chiarezza nelle responsabilità. Aggravio dei costi e rischio di aggravamento della contaminazione. Esposizione crescente a rischi criminali e distorsioni negli appalti, come emerso, in particolare, dall’audizione del procuratore di Crotone, Domenico Guarascio. Del resto, i 117 milioni di euro investiti (di cui 87 stanziati dal ministero dell’Ambiente) stuzzicano gli appetiti della criminalità organizzata.
GESTIONE DEI RIFIUTI NODO IRRISOLTO
Dalle audizioni è emerso anche che la gestione dei rifiuti rimane il nodo centrale irrisolto. «I rifiuti non pericolosi devono essere conferiti fuori dalla Calabria, mentre i rifiuti pericolosi sono destinati all’estero, in attesa delle autorizzazioni per la notifica transfrontaliera. Tuttavia, con l’entrata in vigore del Regolamento (UE) 2024/1157 (applicabile dal 21 maggio 2026), le esportazioni saranno fortemente limitate, imponendo lo smaltimento interno qualora tecnicamente ed economicamente sostenibile».
PROSPETTIVA “OBBLIGATA”
Dopo quel “tuttavia”, il presidente leghista Jacopo Morrone e i relatori Andrea Dara (leghista pure lui) e Nicola Irto (Pd, componente di minoranza ed unico calabrese) e il pool di consulenti delineano una prospettiva, a loro dire, quasi obbligata. In barba a quanto sancito dal Paur (Provvedimento autorizzatorio unico regionale) che dal 2019 vincolava i siti preliminari D15 e D9, per il conferimento provvisorio delle scorie, all’utilizzo solo in caso di certezza, con tanto di contratto della società autorizzata a smaltire i rifiuti tenorm e norm con e senza amianto. Destinazione finale: fuori dalla Calabria, diceva il Paur (all’epoca varato dal governatore Oliverio). Smaltimento interno, dice la Commissione ecomafie, anche se precisa: «qualora tecnicamente ed economicamente sostenibile».
BONIFICA LONTANA DAGLI OBIETTIVI
A questa conclusione i commissari giungono dopo aver ripercorso un contesto ambientale che evidenzia «criticità significative, anche derivanti da inadeguata tempistica della bonifica, in capo ad Eni Rewind S.p.A.». Questo per la presenza di rifiuti industriali pericolosi, compresi materiali radioattivi naturali (Tenorm) e metalli pesanti, che ha determinato il “rischio sanitario ed ambientale particolarmente elevato” che portò all’istituzione del Sin. Le attività industriali storiche riferibili al gruppo Eni ed Edison (chimica, fertilizzanti, metallurgia), insieme alle discariche costiere, hanno prodotto, infatti, una «diffusa contaminazione dei suoli e delle acque di falda, con fenomeni assimilabili all’avvelenamento delle acque sotterranee, rendendo necessarie attività di monitoraggio costante e interventi di bonifica su vasta scala».
Nonostante l’avvio di interventi come la barriera idraulica e il Pob (Piano operativo di bonifica) fase I), la bonifica integrale «risulta ancora incompleta e ben lontana dagli obiettivi». Mentre «perdurante» è la contaminazione delle falde acquifere e dei sedimenti marini, oltre ad una massa di rifiuti pericolosi ancora da rimuovere.
ECCESSO DI PATOLOGIE TUMORALI
Tutto ciò a fronte di “significativi eccessi di mortalità e ospedalizzazione per numerose patologie tumorali e non tumorali, per alcune delle quali è accertato, o sospetto, un ruolo eziologico dei contaminanti presenti nel sito”. Le problematiche sanitarie connesse al Sin di Crotone–Cassano–Cerchiara sono documentate da un ampio corpus di studi epidemiologici, tra cui spicca il Rapporto Istisan 16/19 e il Sesto Rapporto Sentieri (2023). In particolare, la mortalità per cause con evidenza a priori di associazione con fonti di esposizione ambientali viene accertata “in eccesso in entrambi i generi”.
ELEVATA CONTAMINAZIONE
Nell’area ex Pertusola è stato rilevato che “alcuni metalli superano di migliaia di volte i limiti normativi previsti dal D.Lgs. 152/2006”. Ad esempio, il cadmio supera di oltre 1.000 volte il limite stabilito per i suoli. Nelle acque sotterranee “i metalli che superano ampiamente i limiti di legge sono cadmio, piombo e mercurio, inquinanti persistenti, tossici e bioaccumulabili”.
Le indagini condotte nell’area portuale hanno rilevato la presenza di arsenico, cadmio, mercurio, piombo e zinco“con concentrazioni superiori ai valori di intervento Ispra e ai limiti della colonna B, tabella 1, allegato 5, Titolo V, Parte IV del D.Lgs. 152/2006, con livelli di cromo“estremamente elevati” e una “diffusa ed elevata contaminazione”. Gli effetti sanitari comprendono eccessi di tumori, patologie respiratorie e cardiovascolari, oltre a rischi specifici per patologie renali e neoplasie epatiche. Il rapporto Sentieri ha segnalato anche un eccesso di ricoveri per tutti i tumori in età 0-29 anni” e per linfomi non Hodgkin in età pediatrico-giovanile.
CHIESTI INTERVENTI NORMATIVI
Ecco perché la bonifica è “improcrastinabile”, osservano i commissari. Ma per l’organismo parlamentare è necessario «un intervento normativo e istituzionale che assicuri il rispetto del principio «chi inquina paga», riduca i margini di «conflittualità politica e amministrativa» e garantisca l’effettiva tutela dell’ambiente e della salute delle comunità locali. I commissari auspicano un simile «intervento normativo» dopo aver ripercorso le criticità del procedimento amministrativo, caratterizzato da ritardi pluriennali e contenziosi che hanno allungato i tempi ulteriormente.
PAUR “ALLO STATO” INVALICABILE
Come si ricorderà, il Mase aveva tentato di superare l’impasse con il diktat del primo agosto 2024 con cui rimuoveva il vincolo del Paur e imponeva l’avvio degli scavi presso la discarica Sovreco, l’impianto del gruppo Vrenna. Regione Calabria, Comune e Provincia di Crotone insorsero con ricorsi al Tar e diffide. Nella stessa direzione del Mase andava il commissario straordinario Emilio Errigo con l’ordinanza con cui nell’aprile scorso imponeva l’utilizzo della discarica Sovreco e il riesame del Paur. Ha fatto chiarezza il Tar disponendo la rimozione dei provvedimenti impugnati per la presenza del vincolo Paur “allo stato invalicabile”. Una sentenza che, osservano i commissari, che «ha sancito l’impossibilità di imporre vincoli immotivati, riaffermando che la scelta del conferimento spetta al soggetto obbligato alla bonifica, nel rispetto delle autorizzazioni vigenti».
IL “MONITO” DEL TAR
Ma il Tar, sempre secondo i commissari, traccia anche le «linee giuda della futura azione amministrativa». Forse sta tutto nella locuzione “allo stato” che precede l’”invalicabile”. «Essa (l’azione amministrativa, ndr) non potrà non tener conto che le norme comunitarie, specie quelle regolamentari, di prossima vigenza, impediranno nel futuro di porre in essere una sistematica dinamica di trasferimento transfrontaliero dei rifiuti, in deroga alle dette previsioni normative di portata generale.
Pertanto, i principi di matrice europea di prossimità ed autosufficienza non potranno essere pretermessi, ma andranno gradualmente coniugati con le esigenze del territorio che sconta, per i Sin derivanti da attività industriali di tipo storico, le rilevantissime criticità della compromissione irreversibile delle aree dedotte nei progetti di bonifica e stralcio». Nella pronuncia dell’autorità giudiziaria la Commissione individua un «monito » a «soluzioni concertate (e non unilaterali) che implichino la doverosa partecipazione di tutte le parti, pubbliche e private, coinvolte nella soluzione delle tematiche». “Soluzioni” che sembrano avvicinarsi sempre di più verso la discarica del gruppo Vrenna.
DISCARICA SOVRECO «TECNICAMENTE IDONEA»
«La questione dei rifiuti Tenorm e Tenorm con amianto resta irrisolta. Attualmente nessuna discarica nazionale è autorizzata al conferimento. Sovreco risulta l’unica tecnicamente idonea, ma necessita di ulteriori autorizzazioni ai sensi del D. Lgs. 101/2020. Permangono incertezze sui volumi stimati, ritardi nella realizzazione degli impianti di trattamento D9 e D15, mancanza di autorizzazioni prefettizie e difficoltà connesse alle notifiche transfrontaliere».
L’INTERVENTO “COORDINATO”
In tali condizioni, il completamento della bonifica non potrà essere operativo prima del 2027. Ecco perché, «alla luce della sentenza n. 1396/2025 del Tar Calabria e delle criticità emerse», la Commissione sottolinea l’esigenza di un «intervento urgente e coordinato».
Un intervento, cioè, «volto a chiarire le competenze, superare le incongruenze normative e garantire la tutela dell’ambiente e conseguentemente la salute pubblica, mediante strumenti straordinari, nonchè un controllo costante da parte delle istituzioni centrali e dell’autorità giudiziaria». Chi inquina paga, dunque. Ma se lo smaltimento è in loco, ed è pure “imposto”, paga al ribasso.
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