Bonifiche, un’emergenza in stallo
- Postato il 12 maggio 2025
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Il Quotidiano del Sud
Bonifiche, un’emergenza in stallo
Sullo stato delle bonifiche in Italia il punto di Legambiente sui siti di terra e le falde acquifere inquinati
L’Italia convive da decenni con un pesante fardello ambientale: aree industriali dismesse, siti contaminati da attività estrattive, chimiche, siderurgiche, discariche abusive. Il problema delle bonifiche ambientali è emerso in maniera drammatica già a metà degli anni ’90, con la legge n. 426 del 1998 che ha istituito i cosiddetti Siti di Interesse Nazionale (SIN), cioè territori inquinati da risanare per la loro rilevanza in termini di estensione e rischio sanitario.
BONIFICHE, I SITI INDIVIDUATI DAL SIN NEL 2002
Nel 2002 erano 57 i SIN ufficialmente individuati. Col tempo, la lista è cambiata: alcuni sono stati declassati a Siti di Interesse Regionale (SIR), altri sono stati accorpati o ridefiniti, ma oggi se ne contano 42, distribuiti su circa 148.598 ettari a terra e 78.586 ettari a mare.
Secondo il recente report “Le bonifiche in stallo”, presentato da Legambiente insieme ad ACLI, AGESCI, ARCI, Azione Cattolica Italiana e Libera, la situazione dei Siti di Interesse Nazionale è allarmante: su 148.598 ettari di aree a terra inquinate, solo il 24% è stato caratterizzato e appena il 6% delle aree contaminate a terra è effettivamente bonificato.
LE FALDE ACQUIFERE
Per quanto riguarda le falde acquifere, il dato scende a un misero 2% che ha visto completare il processo di bonifica.
La lentezza degli interventi è tale che, mantenendo l’attuale ritmo di 11 ettari bonificati all’anno, ci vorranno almeno 60 anni per completare le bonifiche nei siti più “virtuosi”, mentre per gli altri i tempi potrebbero estendersi a secoli. Questo è forse il dato più impressionante, un orizzonte inaccettabile – sottolineano le associazioni che hanno redatto il report – soprattutto per le oltre 6 milioni di persone che vivono in prossimità dei luoghi contaminati.
BONIFICHE E RESPONSABILITÀ RIMPALLATE
Il problema non è (solo) tecnico. È politico, economico e amministrativo. I fondi pubblici spesso arrivano tardi, sono insufficienti o non spesi. Le responsabilità vengono rimpallate tra Ministeri, Regioni e Comuni. Le aziende responsabili dell’inquinamento spesso falliscono, si sottraggono agli obblighi o ricorrono a contenziosi infiniti.
LA MANCANZA DI STRATEGIA SULLE BONIFICHE
La mancanza di una strategia nazionale sulle bonifiche è evidente. Come denuncia il report, dal 2015 al 2023 sono stati accertati 35 reati di omessa bonifica, concentrati in particolare in Sicilia, Lombardia e Veneto. Le sanzioni però raramente sono seguite da interventi concreti di ripristino ambientale.
“Ecogiustizia subito”: la voce del popolo inquinato. Una strategia nazionale assente
Di fronte a questa paralisi istituzionale, la campagna itinerante “Ecogiustizia subito: in nome del popolo inquinato” promossa dalle stesse associazioni che hanno redatto il report, ha percorso l’Italia per sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni. L’ampia alleanza di associazioni che hanno raggiunto i SIN – da Taranto a Gela, da Crotone a Bagnoli, da Brescia a Pioltello – ha evidenziato come gli oltre 6 milioni di cittadini che vivono in aree contaminate, spesso sono inadeguatamente informati sui rischi per la salute e senza prospettive concrete di risanamento.
La campagna ha anche sottolineato la necessità di applicare il principio “chi inquina paga”, spesso disatteso, e ha proposto una road map con 12 interventi chiave per garantire ecogiustizia e un futuro sostenibile alle comunità colpite. Tra questi anche l’istituzione di una autorità pubblica indipendente sulle bonifiche; il censimento aggiornato e trasparente dei siti contaminati e il maggiore coinvolgimento delle comunità locali nei processi decisionali.
Il report denuncia l’assenza di una strategia nazionale per le bonifiche, evidenziando gravi ritardi negli iter amministrativi e una frammentazione delle competenze tra enti locali e nazionali. Dal 2015 al 2023 sono stati accertati 35 reati di omessa bonifica, con la Sicilia in testa per numero di infrazioni.
I MAGGIORI SITI CONTAMINATI IN ITALIA
Da Nord a Sud il paesaggio è costellato di centri dell’inquinamento. Al Nord è presente uno dei siti più contaminati d’Europa. La ex Caffaro ha disperso PCB (policlorobifenili) per decenni, sostanze altamente tossiche e persistenti. L’inquinamento coinvolge terreni, acque sotterranee e persino orti urbani. Nonostante sia SIN dal 2003, la bonifica è ancora lontana dal completamento, con criticità anche nelle scuole e nelle aree abitate. E ancora la sede di Pioltello – Rodano in Lombardia, altissima è la contaminazione da cromo esavalente, una sostanza altamente cancerogena, dovuta ad attività industriali passate. Le falde acquifere sono gravemente compromesse. Anche qui, a fronte di accertamenti da anni, i piani di bonifica avanzano lentamente e la popolazione è costretta a convivere con il rischio.
EX ILVA TARANTO
Taranto ha l’area dell’ex ILVA che è tra le più inquinate d’Europa. Nonostante numerosi studi, risorse promesse e battaglie giudiziarie, il processo di bonifica è lento e frammentato. Interventi parziali, monitoraggi sporadici e mancanza di una regia unica hanno trasformato una delle vertenze ambientali più note in una terra di nessuno. A Bagnoli (Napoli) un intero quartiere è contaminato da amianto, piombo e arsenico a causa dell’ex acciaieria Italsider. Dichiarato SIN già nel 2000, la bonifica è stata ostacolata da cause legali, inefficienze politiche e fallimenti amministrativi. Dopo oltre vent’anni, l’area resta in gran parte inaccessibile e abbandonata.
IL CASO DI CROTONE
Crotone, in Calabria, ha ereditato un grave inquinamento da scorie industriali contenenti metalli pesanti provenienti da vecchie attività chimiche. In alcuni casi, i rifiuti tossici sono stati utilizzati come materiale di riempimento per strade e fondamenta. Le bonifiche sono state avviate solo parzialmente e con ritardi clamorosi.
IL PETROLCHIMICO A GELA
In Sicilia, a Gela la sede di un polo petrolchimico che ha provocato gravi danni ambientali e sanitari, tra cui un aumento di malattie tumorali. Le attività di bonifica sono ancora in fase embrionale, e i fondi stanziati non sono stati del tutto utilizzati. I cittadini vivono tra promesse mancate e un forte senso di abbandono.