Borrell: “L’Europa complice su Gaza. Gente ammazzata come topi”. Germania, Spd contro Merz: “Critichi chiaramente Israele”

  • Postato il 25 luglio 2025
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“Noi europei, che predichiamo il rispetto del diritto, siamo complici. Le Nazioni Unite sono paralizzate dal veto. Europa è incapace di arrivare a un accordo” su sanzioni a Israele “perché la Germania e altri paesi continuano a opporsi negando la realtà per i loro complessi di colpa del passato”. Josep Borrell, che dal 2019 al 2024 è stato alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, dice di avere “perso la speranza che l’Europa reagisca” davanti alla mattanza sulla popolazione di Gaza, dove i civili vengono uccisi nei campi rifugiati mentre sono in fila per il pane e i bambini muoiono di fame. L’Europa resta inerte davanti alla carestia che sta uccidendo nella Striscia, “mentre seimila camion con medicine e alimenti sono bloccati alla frontiera dall’esercito israeliano”. Una situazione che, dice, “come europeista mi produce un’enorme tristezza”. “Li stanno uccidendo come topi quando vanno a cercare cibo. Non sto esagerando”, ha assicurato l’ex capo della diplomazia europea, deplorando il blocco israeliano a causa del quale “ci sono due milioni di persone che muoiono di fame”. Nel suo intervento a Cadena Ser, Borrell cita la Germania che, imbrigliata nel senso di colpa per il nazismo, “nega la realtà”.

Una convinzione che si fa strada anche a Berlino, dove dagli alleati di governo dell’Spd fino al corpo diplomatico cresce la pressione su Merz. Tutti, con parole e mezzi diversi, chiedono una diversa postura del governo rispetto a quanto Israele sta facendo nella Striscia: non solo una critica più chiara ed esplicita ma anche l’interruzione delle forniture militari. Alle loro voci si aggiunge quella dell’ex presidente tedesco Joachim Gauck, “sconvolto” dalle azioni criminali del governo Netanyahu, che ha avviato una campagna a Gaza “sproporzionata” e “irresponsabile”. Poi, a criticare il titolare degli Esteri Johann Johann Wadephul, un numero crescente di diplomatici all’interno del suo ministero. A rendere più acute le tensioni, la decisione di Berlino di non firmare il documento promosso dal Foreign Office britannico – e firmato da 28 Paesi, tra cui l’Italia – in cui si stabiliva che “la sofferenza dei civili a Gaza ha raggiunto livelli mai visti prima” e si chiedeva la fine immediata della guerra. Merz ha motivato la mancata sottoscrizione del documento ribadendo che la posizione della Germania sulla guerra di Israele contro l’organizzazione islamista palestinese Hamas nella Striscia è coerente con l’ultima dichiarazione congiunta del Consiglio europeo su tale conflitto, datata 26 giugno. È stato creato un gruppo on-line al quale avrebbero aderito circa 130 funzionari del ministero e diverse fonti riportano che potrebbe esserci anche un incontro con Wadephul. Per Der Spiegel si tratta anche di un conflitto generazionale: sono soprattutto i giovani diplomatici, tra i trenta e i quarant’anni, a chiedere un cambiamento di rotta. I funzionari più esperti difendono invece l’attuale politica del governo in particolare perché legata alla cosiddetta “ragion di Stato”, vale a dire la formula coniata da Angela Merkel che vincola i governi tedeschi alla sicurezza di Israele. Va ricordato che anche Wadephul in più di una dichiarazione ha provato a definire meglio la formula della ragion di Stato, coniugandola con il rispetto dei diritti umani. Ma parte del corpo diplomatico chiede di più: in particolare che le armi che la Germania invia ad Israele non possano essere utilizzate per azioni che rappresentano crimini di guerra o violazioni del diritto internazionale. Già ad aprile ex diplomatici tedeschi avevano pubblicato sul quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung una lettera aperta per chiedere un cambio di passo sulla guerra in Medio Oriente: “A Gaza non si può andare avanti così”.

A unirsi alle critiche a Merz anche 12 ex ambasciatori che hanno prestato servizio per conto della Germania in Medioriente. “Siamo sconvolti e non capiamo perché il governo tedesco non abbia aderito all’appello internazionale per la fine immediata della guerra a Gaza “, si legge in una lettera aperta che riferisce al documento non sottoscritto da Berlino, come riporta Der Spiegel. La lettera è stata firmata da diplomatici che hanno lavorato nei Territori Palestinesi, in Iran, Iraq ed Egitto, tra gli altri ed è indirizzata a Wadephul e al ministero degli Esteri Federale. “Consideriamo questa dichiarazione importante ed equilibrata. Si affronta il tema del rilascio incondizionato degli ostaggi da parte di Hamas, così come la sofferenza della popolazione di Gaza“, hanno scritto gli ex ambasciatori. Anche il cancelliere Friedrich Merz ha confermato che le posizioni espresse corrispondono alle richieste del governo tedesco, prosegue la lettera. I firmatari chiedono urgentemente che venga revocata la decisione di non firmare e che si uniscano agli altri europei. “La voce del governo tedesco nei confronti di Israele è troppo forte e non deve essere ignorata”, scrivono. Alla lettera è allegata una lettera degli ex ambasciatori dell’Ue alla leadership dell’Ue, datata martedì. Essa delinea le opzioni d’azione “che possono aumentare la pressione verso un cessate il fuoco e la fine del blocco umanitario contro la popolazione civile di Gaza”.

Sconvolto dall’azione di Israele anche l’ex presidente tedesco Joachim Gauck, che ha definito la campagna militare a Gaza “sproporzionata” e “irresponsabile”. “Si stanno infliggendo troppe sofferenze a troppe persone innocenti per punire i colpevoli“, ha dichiarato all’emittente tedesca Zdf. Gauck, che è stato capo di Stato della Germania dal 2012 al 2017, ha affermato di aver sempre provato un legame personale e un’ammirazione per Israele “che non abbandoneranno mai il suo cuore” e ciò lo ha reso ancora più esterrefatto, ha aggiunto, per le azioni del governo israeliano, del primo ministro Benjamin Netanyahu e di quelli che ha definito i suoi “partner di coalizione davvero terribili”. Israele aveva tutto il diritto di difendersi dall’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, ha affermato Gauck. “Continuo a credere che la Germania dovrebbe essere l’ultimo Paese ad abbandonare la sua solidarietà con Israele. Ma questo non significa che dobbiamo rimanere in silenzio su tutto”. Gauck ha descritto le sue critiche come difficili e dolorose, dicendo: “Devo sforzarmi di esprimerle, lo dico quasi in lacrime”.

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