Boyzone: il documentario che racconta il «fenomeno Boyband»

  • Postato il 30 aprile 2025
  • Di Panorama
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Per la prima volta in trent’anni, Ronan Keating, Keith Duffy, Shane Lynch e Mikey Graham si raccontano senza filtri nella docuserie Sky Original BOYZONE – Vita, morte e boyband, disponibile dal 19 aprile su Sky Documentaries, in streaming su NOW e on demand. Un viaggio emozionante in tre episodi – tutti disponibili in binge – che ripercorre la parabola di una delle band più amate degli anni ’90, svelandone il lato più intimo, le fragilità, le tensioni, i trionfi e le perdite.

Dal debutto nel 1993, sotto la guida del manager Louis Walsh, i Boyzone hanno conquistato il cuore di milioni di fan nel mondo, vendendo oltre 25 milioni di dischi e firmando alcune delle ballad più iconiche della loro epoca, da No Matter What a Father and Son. Il documentario, diretto da Sophie Oliver e prodotto da Curious Films per Sky, offre un ritratto sincero e toccante dei quattro membri sopravvissuti alla band, scavando nei retroscena del successo e riportando alla luce il dolore ancora vivo per la perdita di Stephen Gately, scomparso prematuramente nel 2009.

Tra immagini d’archivio, interviste esclusive e testimonianze inedite – tra cui la sorella di Stephen, Michelle Gately, l’ex compagno Eloy De Jong e l’ex manager Louis Walsh – la docuserie racconta cosa significava essere una boyband negli anni d’oro del pop, e cosa comportava davvero diventare idoli di massa da adolescenti, affrontando la pressione mediatica, le dinamiche interne, le aspettative del pubblico e le trasformazioni personali.

L’epoca delle boyband: un’ossessione pop tra generazioni

I Boyzone non sono stati un caso isolato, ma parte di un fenomeno musicale e culturale che ha travolto il mondo tra la fine degli anni ’80 e i primi 2000. Dopo l’apripista New Kids on the Block, band americana che negli anni Ottanta ha inaugurato il modello della “boyband da poster”, capaci di combinare coreografie, fascino adolescenziale e melodie catchy, il decennio successivo ha visto l’ascesa esplosiva dei Backstreet Boys e degli NSYNC negli Stati Uniti, e dei Take That e appunto dei Boyzone in Europa.

Con il loro stile pulito, le armonie vocali e l’immagine perfettamente costruita, i Boyzone si sono inseriti nel cuore del pop britannico portando una vena irlandese distintiva e una sensibilità melodica che li ha resi subito riconoscibili. Il loro successo ha aperto la strada a nuove generazioni di boyband, dai Blue agli One Direction, che nei primi anni 2010 hanno replicato – e in parte reinventato – quella stessa formula con un tocco più rock e disinvolto.

Ma non si può parlare del fenomeno boyband senza citare chi, negli ultimi anni, ha rivoluzionato completamente le regole del gioco: i BTS. Il gruppo sudcoreano ha ridefinito il concetto stesso di boyband, portandolo oltre il semplice intrattenimento pop per trasformarlo in un movimento culturale globale, con impatti sociali, linguistici e generazionali senza precedenti.

Dalla gloria alla vulnerabilità: la parabola dei Boyzone

Ciò che rende BOYZONE – Vita, morte e boyband così potente è la volontà di raccontare non solo il luccichio del successo, ma anche la fatica e la fragilità che quel sogno comportava. Dopo lo scioglimento nel 1999, i membri hanno seguito percorsi individuali nel mondo della musica e della televisione, ritrovandosi nel 2007 per una reunion celebrata dai fan. Ma fu proprio in quel momento che la tragedia colpì la band: la morte improvvisa di Stephen Gately a soli 33 anni.

Il lutto ha segnato profondamente il gruppo e ha dato una nuova consapevolezza ai suoi membri. La docuserie, in questo senso, è anche un omaggio al legame umano che ha unito quei ragazzi irlandesi che volevano semplicemente cantare e si sono ritrovati, invece, a rappresentare i sogni e le emozioni di un’intera generazione.

Boyzone: il documentario che racconta il «fenomeno Boyband»
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Un’eredità che non sbiadisce

Tra la nostalgia di chi ha vissuto gli anni ’90 e la curiosità di chi oggi riscopre quel periodo, i Boyzone rimangono un simbolo della musica pop più autentica. Un’epoca in cui le emozioni si cantavano in falsetto, i videoclip si giravano in bianco e nero, e le fan scrivevano lettere a mano. La loro storia, ora finalmente raccontata dai protagonisti stessi, restituisce dignità e profondità a un genere spesso liquidato come “musica per ragazzine”, ma che in realtà ha definito lo spirito del tempo e tracciato un solco importante nella cultura popolare.

Autore
Panorama

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