BYD aggira i dazi UE con la produzione in Thailandia: strategia vincente
- Postato il 29 agosto 2025
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- Di Virgilio.it
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BYD, quando l’Unione Europea ha imposto dazi aggiuntivi alle auto elettriche prodotte in Cina, non ha mosso alcuna nessuna polemica o sussurrato qualche minaccia. In sordina, però, ha scelto di agire in modo molto oculato e lungimirante, aggirando l’ostacolo grazie all’appoggio della fabbrica thailandese dove viene assemblata una delle sue auto.
La protagonista si chiama BYD Dolphin, compatta elettrica nata per conquistare le strade del Vecchio Continente, ora simbolo della nuova strategia globale del marchio. Oltre 900 esemplari sono partiti dallo stabilimento di Rayong, a bordo della BYD Zhengzhou, prima nave di proprietà dell’azienda a compiere il viaggio dalla Thailandia verso i porti di Germania, Belgio e Regno Unito. Non è solo un’operazione logistica: è una mossa di geopolitica industriale, un’azione chirurgica per aggirare gli impedimenti e consolidare la presenza del marchio alle nostre latitudini
Dalla Cina alla Thailandia: la nuova via della seta elettrica
Lo stabilimento di Rayong è molto più di una fabbrica. È il primo impianto interamente di proprietà BYD fuori dalla Cina, inaugurato nel luglio 2024. Una struttura moderna, progettata per produrre 150.000 auto l’anno, di cui una fetta sempre più grande destinata all’export. Lo stabilimento non lavora come gli altri: adotta il sistema CKD (Completely Knocked Down), ovvero spedisce auto in kit da assemblare localmente, riducendo drasticamente i costi e i dazi.
In poche settimane, questo centro operativo ha già prodotto 90.000 veicoli NEV (New Energy Vehicles). Ora, con la Dolphin in rotta verso l’Europa, Rayong assume un valore strategico. È il nuovo hub asiatico per l’elettrico globale. Perché BYD, pur continuando a essere cinese nell’anima e nel capitale, ha ormai capito che il mondo si conquista con fabbriche in movimento e rotte flessibili.
Dazi e diplomazia: l’arte di galleggiare tra le regole
Il cuore dell’operazione è chiaro: schivare il dazio extra del 20,7% imposto dall’Ue alle auto elettriche cinesi. Aggiunto al 10% già esistente, il colpo sarebbe stato pesante. Tuttavia, produrre in Thailandia cambia tutto: si evita l’etichetta “Made in China” e si entra in Europa con un vantaggio competitivo non indifferente. Una mossa lecita, perfettamente inserita nelle maglie del commercio globale, ma che mostra quanto la sfida tra Bruxelles e Pechino sia meno ideologica e più strategica di quanto sembri.
Numeri da capogiro
I numeri parlano chiaro. Solo nei primi sette mesi del 2025, BYD ha venduto 2,45 milioni di vetture passeggeri, di cui oltre 545.000 all’estero. Una crescita del 133,5% anno su anno. Numeri che farebbero brillare gli occhi a qualsiasi costruttore occidentale. Eppure, c’è un segnale che suona come un campanello d’allarme: a luglio 2025, la crescita è stata solo dello 0,1% rispetto all’anno precedente, la più bassa degli ultimi 18 mesi. È il primo scricchiolio? Forse. Intanto BYD risponde con i fatti: la Dolphin “made in Thailand” arriva in Europa con tempismo perfetto, mantenendo prezzi competitivi, senza sacrificare margini o mercato.
Una nave, un simbolo
La BYD Zhengzhou non è solo una nave cargo, ma la prova galleggiante che il mondo dell’auto sta cambiando forma e direzione. La globalizzazione non è finita, è solo diventata più astuta. Se in Europa si discute di dazi e protezionismo, in Asia si costruiscono soluzioni veloci, economiche e inarrestabili.
Le prime Dolphin sono già in viaggio. E non saranno le ultime. BYD non ha solo costruito un’auto. Ha costruito un passaggio segreto tra le maglie del commercio internazionale. E oggi, su quella rotta che unisce Rayong al cuore dell’Europa, naviga il futuro silenzioso ma potente della mobilità elettrica globale.