Cairo, nel mirino migliaia di metri cubi di ceneri in un capannone abbandonato da tempo a Bragno
- Postato il 30 ottobre 2025
- Cronaca
- Di Il Vostro Giornale
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Cairo Montenotte. E’ in stato di abbandono da tempo, con recinzione divelta, tetti sfondati e la possibilità per chiunque di entrare nel capannone dove sono accatastate migliaia di tonnellate di ceneri ed ora la Provincia di Savona ha revocato l’autorizzazione ambientale alla società Ecocem srl che gestiva l’impianto di recupero di rifiuti speciali.
Chi visita il sito, accessibile a tutti lungo la strada che si percorre per raggiungere altre aziende dell’area dell’ex Cairo Reindustria, a Bragno, si accorge subito dello stato di incuria in cui versano gli edifici e i macchinari, e addirittura da mesi non esiste alcuna protezione se non un cartello arrugginito che vieta l’ingresso ai non addetti ai lavori.
Che la situazione fosse fuori norma l’avevano evidenziata nel 2022 i Carabinieri del Noe, infatti all’interno del capannone erano stati rilevati oltre 27 mila metri cubi di rifiuti provenienti da lavorazioni industriali a fronte dei 45oo consentiti. Dalla Provincia era partita una diffida ed era stata concessa una proroga di due anni dell’autorizzazione ambientale affinchè la società provvedesse al ripristino del sito. Ma ad oggi nulla è stato fatto ed ecco la revoca e l’obbligo di bonificare l’area.
A destare più scalpore, secondo le dichiarazioni di Renato Galliano, membro del Coordinamento No Inceneritore in Valle Bormida, “sono le ceneri provenienti dal termovalorizzatore di Torino e presumibilmente inviate qui per utilizzarle nella produzione di clinker, ma di fatto abbandonate”.
Non si sono fatte attendere nemmeno le reazioni politiche. “La scoperta di oltre 27 mila metri cubi di ceneri tossiche provenienti dall’inceneritore di Torino, abbandonate da anni all’interno di un capannone in località Bragno, desta profonda indignazione e preoccupazione – lo dichiara la coordinatrice del M5S Savona Stefania Scarone con il capogruppo regionale del M5S Stefano Giordano – Ci chiediamo come sia stato possibile che un simile quantitativo di rifiuti pericolosi sia rimasto depositato per così tanto tempo, in quantità quasi tripla rispetto a quella autorizzata, e per quali finalità quelle ceneri fossero state accumulate. Secondo le prime ricostruzioni, avrebbero dovuto essere trasformate in clinker per la produzione di cemento. Invece sono rimaste ammassate a cielo aperto, a pochi passi da un asilo, in una zona già fortemente compromessa dal punto di vista ambientale. Questa vicenda rappresenta l’ennesima prova dei rischi legati alla strategia dell’incenerimento come soluzione per la chiusura del ciclo dei rifiuti. Non possiamo permettere che la Val Bormida, territorio che ha già pagato un prezzo altissimo a decenni di inquinamento industriale, diventi una nuova “valle della morte”.
“Il caso di Bragno deve essere un campanello d’allarme per tutti coloro che oggi si dichiarano “possibilisti” rispetto alla costruzione di nuovi inceneritori in Liguria. I cittadini della valle non resteranno in silenzio di fronte a un simile scempio ambientale. Chiediamo alla Regione Liguria, alla Provincia di Savona e a tutti gli enti competenti di garantire massima trasparenza, bonifica immediata del sito e accertamento delle responsabilità. Non si può parlare di economia circolare quando il risultato è l’abbandono di montagne di scorie tossiche nel cuore del nostro territorio. La chiusura del ciclo dei rifiuti non può e non deve trasformarsi nella chiusura del ciclo di vita della Val Bormida”, conclude Scarone.