Calabria storia e turismo: il tragico destino di Murat a Pizzo
- Postato il 7 luglio 2025
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Il Quotidiano del Sud
Calabria storia e turismo: il tragico destino di Murat a Pizzo
NON solo spiagge bellissime, mare cristallino e panorama mozzafiato: Pizzo Calabro, perla turistica della costa tirrenica calabrese, pullula di storia e di cultura. La cittadina della provincia di Vibo Valentia nel 1815 fu infatti luogo di un avvenimento cruciale per la storia d’Italia e d’Europa. Nell’antico maniero trovò la morte mediante fucilazione Gioacchino Murat, re di Napoli e cognato di Napoleone Bonaparte. Costruito nella seconda metà del XV secolo da Ferdinando I d’Aragona a difesa del regno, il Castello Murat di Pizzo è una delle fortezze aragonesi meglio conservate in Calabria.
L’edificio sorge nel pieno centro storico di Pizzo, tra le località balneari più belle del Parco marino regionale “Costa degli Dei”, in provincia di Vibo Valentia, sul quale offre una vista spettacolare soprattutto per chi è a caccia di tramonti. Il Castello Murat di Pizzo è costituito da un corpo quadrangolare con due torrioni cilindrici angolari di cui la torre grande, detta Torre Maestra, è di epoca angioina (1380). Nelle sue sale, come detto, si svolse l’avvenimento che rese celebre la città di Pizzo: la fucilazione di Gioacchino Murat.
Dopo la disfatta di Waterloo (in cui egli non combatté) e il Congresso di Vienna Murat, nell’estremo tentativo di riconquistare il Regno di Napoli, sbarcò a causa di una tempesta a Pizzo l’8 ottobre 1815 invece che a Salerno. Intercettato dalla gendarmeria borbonica comandata dal capitano Trentacapilli, fu da questi arrestato e fatto rinchiudere nelle carceri del locale castello. Informato della cattura dell’ex sovrano, il generale Vito Nunziante (quale governatore militare delle Calabrie) si precipitò da Monteleone (l’odierna Vibo Valentia), dove si trovava, a sincerarsi dell’identità del prigioniero. Ferdinando IV di Borbone (nel frattempo risalito al trono) nominò da Napoli una commissione militare competente a giudicare Gioacchino, composta da sette giudici e presieduta da Vito Nunziante, al quale il re aveva ordinato di applicare la sentenza di morte. Nell’ascoltare la condanna capitale Murat non si scompose mantenne un comportamento dignitoso. Chiese di poter scrivere in francese l’ultima lettera alla moglie e ai figli che consegnò a Nunziante in una busta con alcune ciocche dei suoi capelli. Volle confessarsi, prima di affrontare il plotone d’esecuzione che l’attendeva. Il 13 ottobre del 1815 di fronte ai fucili spianati si comportò con grande contegno, rifiutando di farsi bendare.
Charles Gallois in Histoire de Joachim Murat, 1828, descriveva così gli ultimi minuti del condannato: «In molte battaglie ho avuto il comando, vorrei poter comandare per l’ultima volta, se vorrete concedermelo». Essendogli stato consentito, con voce ferma ordinò: «Soldati in linea»… «Presentat’arm»… «Fuoco!». Poiché i colpi dei dieci soldati non andarono volutamente a segno, l’ordine fu ripetuto, e sei pallottole colpirono a morte l’ex re. Pare che le sue ultime parole siano state: «Risparmiate il mio volto, mirate al cuore, fuoco».
Seppur grazie a un lasso temporale esiguo (cinque giorni) Pizzo ha dunque legato indissolubilmente la propria storia con quella di Gioacchino Murat. La visita del castello permette di immergersi in un’esperienza storica coinvolgente e di “rivivere” le ultime ore del grande condottiero napoleonico. In ricordo di questo importante avvenimento, il Castello di Pizzo ospita il Museo Murattiano e una rievocazione storica quadriennale a cura dell’Associazione Culturale “Gioacchino Murat”, che mette in scena lo sbarco del re con la conseguente cattura e fucilazione. La tomba di Gioacchino Murat si trova invece nel Duomo di San Giorgio, chiesa barocca del 1632 impreziosita da un portale di marmo dello scultore Fontana e da un Cristo del Bernini.
Il Quotidiano del Sud.
Calabria storia e turismo: il tragico destino di Murat a Pizzo