Calligrafia: la scrittura come arma per pensare

  • Postato il 12 luglio 2025
  • Di Panorama
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In futuro, la scrittura corsiva dovrà essere insegnata agli studiosi nello stesso modo in cui oggi si insegna la scrittura corsiva elisabettiana o la paleografia». Questa amara profezia è stata pubblicata su The Atlantic nel 2022 da Drew Gilpin Faust, presidente emerita di Harvard. Della scomparsa del corsivo si discuteva già da alcuni anni e lei ebbe la bella idea di chiedere ai suoi studenti se scrivessero mai a mano: «Uno studente ha raccontato di aver dovuto chiedere ai suoi genitori di “tradurre” le lettere scritte a mano dai suoi nonni. Ho chiesto agli studenti se facevano liste della spesa, tenevano diari o scrivevano lettere di ringraziamento o di condoglianze. Quasi tutti hanno risposto di sì. Quasi tutti hanno detto di farlo su computer portatili e telefoni o a volte su carta in stampatello.

Per molti giovani, “scrittura a mano”, un tempo essenzialmente sinonimo di corsivo, è arrivata a significare la meticolosa scrittura in stampatello a cui ricorrono quando la necessità lo impone». La Gilpin, essendo dopo tutto una progressista, non ne ha fatto una malattia. La scrittura, ha spiegato, è alla fine dei conti una tecnologia e come tutte le tecnologie a un certo punto può diventare obsoleta. Eppure, l’illustre docente ha dovuto ammettere che stiamo perdendo qualcosa: «C’è molto del passato di cui stiamo meglio senza, così come c’è molto da celebrare nei dispositivi che hanno contribuito alla scomparsa del corsivo. Ma la perdita del corsivo comporta dei rischi», ha continuato Gilpin. «Gli studenti sentiranno la mancanza dell’emozione e dell’ispirazione che ho visto provare nell’interazione con l’incarnazione fisica di pensieri e idee espressi da una persona da tempo messa a tacere dalla morte.

La scrittura a mano può far sembrare il passato quasi vivo nel presente. Tutti noi, non solo studenti e studiosi, saremo colpiti dalla perdita del corsivo. L’incapacità di leggere la scrittura a mano priva la società di un accesso diretto al proprio passato. Diventeremo dipendenti da un piccolo gruppo di traduttori qualificati ed esperti per raccontare il contenuto della storia, inclusi i documenti e le carte delle nostre famiglie. La diffusione dell’alfabetizzazione nell’Occidente moderno fu guidata dal desiderio delle persone di leggere la parola di Dio in prima persona, di essere rafforzate da un’esperienza di connessione immediata. L’abbandono del corsivo rappresenta un curioso parallelo inverso: stiamo perdendo una connessione, e di conseguenza ci stiamo privando di potere». Difficile sostenere che la Gilpin abbia torto. E a ben vedere ha toccato solo una parte del problema, che è particolarmente grave in tutto l’Occidente.

Non si scrive più a mano, ma solo su schermi e tastiere. Nelle scuole primarie uno studente su cinque fa molta fatica a leggere qualsiasi cosa non sia stampatello. I casi di disgrafia, secondo alcuni dati, sono aumentati del 163 per cento in 10 anni. Il National literacy trust britannico, esattamente un anno fa, ha pubblicato uno studio realizzato su 76 mila bambini: uno su 10 scrive a mano da solo ogni giorno, contro il 50 per cento del 2009. Fortuna che qualcuno, dalle nostre parti almeno, ha deciso di correre seriamente ai ripari.

In Friuli Venezia-Giulia ora è operativa una nuova figura, ovvero quella del “tecnico del segno”: un professionista specializzato nell’insegnamento della calligrafia nelle scuole primarie e secondarie.I primi tecnici saranno formati dalla Fondazione scriptorium foroiuliense di San Daniele del Friuli, una realtà nota a livello internazionale, che diviene di conseguenza la prima scuola di formazione autorizzata. «Si tratta certamente della prima esperienza di questo tipo nel nostro Paese, in cui una legge regionale (la n.7/2025, art. 95) permette a una scuola di scrittura di erogare formazione qualificante nell’ambito dell’apprendimento permanente», ha detto alla stampa il presidente della fondazione Roberto Giurano. Certo, si dirà che in fondo chi se ne importa se non si scrive più a mano. Non c’è bisogno di farlo, bastano i computer o addirittura i messaggi vocali. Spendere parole di elogio per la scrittura a mano sembra ormai un vezzo da intellettuali un po’ snob o, peggio, una nostalgia degna dei più biechi conservatori. Ma il sentimentalismo e il passatismo d’accatto c’entrano davvero poco. Il punto è che figure come i tecnici del segno sono una benedizione perché perdere la scrittura a mano è un danno colossale, come mostra il paper La neuroscienza dietro la scrittura: la scrittura a mano vs. la digitazione – chi vince la battaglia?, pubblicato alla fine di giugno dalla Fondazione Luigi Einaudi e dal policlinico Gemelli.

Quel che vi si legge è abbastanza per risultarne turbati. «La scrittura a mano comporta il complesso coordinamento di abilità motorie, in cui ogni lettera è formata individualmente attraverso movimenti deliberati della mano. Ciò coinvolge la corteccia senso-motoria, che elabora il feedback tattile e il controllo motorio, nonché le aree visive per il riconoscimento delle lettere», si legge nel paper. «L’atto di scrivere stimola il cervello a collegare le attività motorie con i processi cognitivi, migliorando l’attività neurale nelle aree associate alla memoria e al linguaggio. Al contrario, la digitazione si basa su movimenti ripetitivi delle dita su una tastiera. Mentre attiva le aree motorie, non attiva l’intricata integrazione sensoriale-motoria richiesta dalla scrittura a mano. Le vie neurali ingaggiate durante la scrittura a mano si sovrappongono in modo significativo con quelle coinvolte nella lettura e nello spelling, sostenendo lo sviluppo dell’alfabetizzazione. Vari studi hanno dimostrato che la scrittura a mano coinvolge aree quali quella di Broca, critica per la produzione del linguaggio, nonché i lobi parietali e temporali, che supportano l’integrazione visiva e uditiva. La digitazione, per contro, attiva meno regioni associate al linguaggio e si basa più sulla memoria procedurale per il posizionamento chiave».

Che cosa significa tutto ciò nel concreto? Beh, per esempio che «per i bambini, l’apprendimento della scrittura a mano è stato collegato al miglioramento del riconoscimento delle lettere e della fluidità della lettura, e ha contribuito a sviluppare le competenze di base in materia di alfabetizzazione. Il ritmo più lento della scrittura a mano consente un pensiero più riflessivo e deliberato, favorendo la creatività e l’analisi critica. La digitazione, pur essendo più rapida e adatta al brainstorming, porta spesso a un compromesso cognitivo in cui la velocità della trascrizione inibisce a pensare più profondamente. Questa differenza può spiegare perché la scrittura a mano è spesso preferita per compiti che richiedono la risoluzione di problemi o la sintesi di idee».

Per farla breve, scrivere a mano fa funzionare meglio il cervello. «La scrittura a mano è un compito estremamente complesso che comporta l’integrazione di capacità motorie fini, elaborazione visiva e funzioni cognitive legate alla memoria e all’apprendimento», dice ancora il paper della Fondazione Einaudi. «Coinvolge le regioni del cervello responsabili della pianificazione motoria, quali l’area motoria supplementare (Sma) e la corteccia parietale posteriore (Ppc), nonché le aree coinvolte nell’elaborazione visiva e linguistica, compresa l’area visiva della forma di parola e la corteccia motoria primaria. La coordinazione di queste diverse regioni del cervello richiede uno sforzo cognitivo significativo, che, è stato dimostrato, facilita un coinvolgimento più profondo con il materiale e migliora la conservazione della memoria. Per esempio, la ricerca di Longcamp et al. e Siebner et al. dimostra che la scrittura a mano attiva una rete più ampia di aree motorie e di elaborazione del linguaggio rispetto alla digitazione, suggerendo che il processo di scrittura a mano è intrinsecamente più impegnativo dal punto di vista cognitivo. La scrittura a mano, attraverso il suo requisito di esecuzione motoria fine e consapevolezza spaziale, sembra promuovere connessioni più forti tra funzioni visive, motorie e cognitive, rafforzando così la memoria e l’apprendimento. […]Al contrario, la digitazione coinvolge principalmente la coordinazione motoria delle dita, un compito che è meno impegnativo dal punto di vista cognitivo. […] La digitazione attiva le aree motorie coinvolte in compiti automatici e ripetitivi, ma mostra un minore coinvolgimento nelle aree responsabili della pianificazione motoria complessa. Di conseguenza, la digitazione può favorire un impegno più passivo con il materiale, con una minore integrazione tra le funzioni motorie e cognitive».

Smettere di scrivere a mano significa non soltanto perdere un grandioso patrimonio culturale, ma anche, come civiltà, diventare più deboli a livello cognitivo. Nei fatti, scrivere a mano aiuta a pensare meglio. E pensare è proprio ciò che l’Occidente sta gradualmente smettendo di fare.

Autore
Panorama

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