Cambio automatico: doppia frizione o CVT? Le differenze
- Postato il 15 novembre 2025
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- Di Virgilio.it
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Il cambio automatico è da tempo uscito dall’ombra della trasmissione manuale, diventando la scelta predefinita per l’automobilista moderno che cerca il perfetto equilibrio tra comodità, efficienza e prestazioni. All’interno di questo panorama evoluto, due architetture dominano il mercato: la trasmissione a doppia frizione (DCT – Dual-Clutch Transmission) e quella a variazione continua (CVT – Continuously Variable Transmission).
Sebbene entrambe eliminino la necessità del pedale della frizione, le loro filosofie costruttive e le conseguenti esperienze di guida sono diametralmente opposte. Il DCT è un prodigio dell’ingegneria meccanica che predilige la rapidità e la sensazione sportiva di un innesto marcia quasi istantaneo. Il CVT, d’altra parte, è l’apice dell’efficienza, mirando a mantenere il motore sempre al suo regime ottimale per massimizzare il risparmio di carburante e la fluidità. Entreremo più nel dettaglio di queste due distinte architetture e delle implicazioni che hanno sulle prestazioni, sui consumi e sul feeling di guida.
Come funziona il cambio a doppia frizione
Il cambio a doppia frizione rappresenta un’evoluzione sofisticata del cambio manuale, fondendo l’efficienza meccanica di quest’ultimo con l’automazione. È concettualmente composto da un albero primario, spesso cavo, che ospita le marce pari e la retromarcia, e da un albero interno solido che ospita le marce dispari. Ogni albero è collegato al volano tramite una frizione dedicata. Il DCT a secco utilizza dischi frizione standard, limitati nella gestione di coppia elevata e nel dissipamento termico. In quello a bagno d’olio, invece, le frizioni sono immerse in un fluido per un superiore controllo termico e una maggiore gestione della coppia, essenziale per i motori ad alte prestazioni.
Il vantaggio chiave è la preselezione della marcia successiva. Mentre l’auto è, per esempio, in terza marcia, la quarta viene già ingranata sull’albero secondario, ma la sua frizione resta aperta. Quando la centralina (TCU – Transmission Control Unit) comanda il cambio, si verifica un trasferimento di coppia per sovrapposizione, dove la prima frizione è rilasciata in contemporanea alla chiusura della seconda. Il tempo di cambiata è dell’ordine di pochi millisecondi.
Come funziona il CVT
Il CVT abbandona la logica delle marce fisse per un rapporto di trasmissione variabile in modo continuo, ottimizzando costantemente la velocità angolare del motore rispetto a quella della ruota. Il sistema si basa su due pulegge coniche a diametro variabile (una motrice, o primaria, e una condotta, o secondaria) collegate da una cinghia metallica (o una catena). Il rapporto di trasmissione è determinato dal rapporto tra il raggio effettivo sulla puleggia motrice e quello sulla puleggia condotta.
Le pulegge sono composte da due coni che si avvicinano o si allontanano idraulicamente (controllati dalla TCU), forzando la cinghia a lavorare su un diametro effettivo differente. La puleggia motrice e quella condotta regolano i loro diametri in modo inversamente proporzionale per mantenere la tensione della cinghia. Poiché il rapporto è continuo, non esistono marce discrete. La TCU cerca costantemente di mantenere l’efficienza termodinamica del motore al suo picco. In questo modo è possibile ridurre i consumi di carburante.
Guida e prestazioni, le differenze
Il cambio automatico a doppia frizione è preferito per le auto sportive proprio per la sua risposta transitoria. I suoi vantaggi sono:
- rapidità di innesto: la transizione di coppia è estremamente rapida grazie alla preselezione. Il tempo di cambio marcia è limitato principalmente dalla velocità di attuazione elettro-idraulica delle frizioni;
- sensazione meccanica: la netta interruzione e ripresa della coppia ad ogni cambio marcia conferisce al guidatore un feedback uditivo e tattile di guida sportiva e controllo, riproducendo la sensazione del cambio manuale ma in automatico;
- in accelerazione, il DCT permette al motore di lavorare al picco di potenza ad ogni marcia, mentre il CVT tende a mantenere un regime costante.
Il CVT, invece, è progettato per il comfort e l’efficienza, non per le prestazioni pure. Le caratteristiche offerte sono:
- massima linearità: poiché il rapporto varia gradualmente, l’accelerazione del veicolo è priva di interruzioni di coppia;
- effetto “elastico” (rubber-band effect): quando si chiede piena accelerazione, la TCU porta rapidamente il motore al regime di massima potenza e lo mantiene lì. La percezione è che la velocità del veicolo aumenti ma il suono del motore rimanga costante e monotono, una sensazione che molti guidatori sportivi trovano disorientante;
- simulazione di marce: per mitigare il rubber-band effect, molti moderni CVT (specialmente in modalità sportiva) utilizzano mappe predefinite per simulare punti di cambiata fissi, alterando temporaneamente il rapporto per creare un feeling più tradizionale.
Efficienza e consumi
Il grande vantaggio del CVT risiede nell’efficienza del carburante. Il Brake Specific Fuel Consumption (BSFC) è la misura di quanto combustibile è necessario per produrre una certa potenza. Ogni motore ha una mappa BSFC, con un punto (una specifica combinazione di coppia e regime motore) in cui l’efficienza termica è massima. Il CVT, grazie al suo rapporto variabile, può variare continuamente la marcia per mantenere il motore su questo punto ottimale per la maggior parte del tempo.
I CVT, specialmente quelli a cinghia (anziché a catena), sono limitati nella quantità di coppia che possono trasmettere a causa del rischio di scivolamento (slip) della cinghia sulle pulegge. Il DCT, invece, pur essendo più efficiente del convertitore di coppia tradizionale, ha le sue fonti di perdita di efficienza, riassunte così:
- perdite di trasmissione: il DCT ha perdite parassite inferiori rispetto a molti automatici classici, poiché la connessione è prevalentemente meccanica e non idraulica (come nel convertitore);
- gestione termica: il calore generato dallo slittamento iniziale delle frizioni (soprattutto in manovre a bassa velocità o in pendenza) e dall’attrito interno (nell’olio) richiede un robusto sistema di raffreddamento.
Il DCT a bagno d’olio, inoltre, necessita di un sistema di raffreddamento olio-aria o olio-acqua dedicato, aumentando la complessità e il peso. L’agitazione dell’olio genera anche una piccola resistenza fluidodinamica.
In sintesi, quindi, il cambio a doppia frizione è intrinsecamente la scelta di compromesso per chi cerca la massima efficienza meccanica (simile al manuale) unita alla comodità dell’automatico. È il cambio ideale per veicoli con architetture sportive o che richiedono cambi marcia rapidi per mantenere la coppia in uscita di curva. Il CVT è la scelta dominante per le auto che privilegiano l’efficienza del carburante e l’erogazione di potenza fluida, specialmente nelle applicazioni ibride (dove lavora in sinergia con i motori elettrici per ottimizzare i carichi e le ricariche della batteria). La sua capacità di mantenere il motore al suo punto BSFC ottimale lo rende imbattibile per la guida economica e il comfort in città