Cardinale, Furlani e il rispetto della storia del Milan
- Postato il 26 agosto 2025
- Di Panorama
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Leggenda narra che nel chiudere la porta alle sue spalle, ricevuta comunicazione di licenziamento in tronco da parte di Gerry Cardinale, quel 5 giugno 2023 Paolo Maldini abbia pronunciato una frase epitaffio: “Adesso comandate voi, ma abbiate rispetto per la storia del Milan”. Parole riportate dall’ex capitano rossonero qualche mese più tardi in una delle poche interviste concesse dopo il traumatico addio al club.
Da allora il Milan ha conquistato una Supercoppa Italiana, rimontando l’Inter, ma ha perso l’Europa, nel senso che dopo cinque anni ha mancato la qualificazione per una qualsiasi delle coppe internazionali, un tempo il dna della società. Ha accumulato un distacco virtuale di 37 punti dai rivali cittadini (praticamente un girone spalmato in due stagioni) e meno anche dell’Atalanta e della Juventus, messo a libro paga quattro allenatori, montato e smontato la dirigenza fino a tornare al punto di partenza e cioè alla resa davanti all’idea che le mansioni di costruttore di un progetto calcistico devono essere accentrate in un’unica figura piuttosto che parcellizzate a pioggia. Forse, seguendo i rumori che vengono da Casa Milan al termine di un’estate caotica e allarmante.
Il nuovo-vecchio Milan ha venduto in due mesi tutto quello che si poteva vendere: Kalulu, Reijnders, Theo Hernandez, Emerson Royal, Pellegrino, Pobega, Sportiello, Colombo, Thiaw, Morata e Okafor. Potrebbe non essere finita qui, visto che nell’elenco del “Fuori tutto” compaiono ancora i nomi di Musah, Jimenez, Chukwueze e Bennacer e magari qualcun altro che oggi sembra al riparo da manovre di mercato. Sia chiaro: ha venduto bene e molte delle operazioni non hanno certo indebolito la squadra che deve risalire dall’abisso di un ottavo posto umiliante per la storia del Milan. Il problema, però, nasce proprio qui e si può declinare in quattro punti cardinali, con la minuscola e al plurale per evitare confusioni con Cardinale (Gerry), la cui ultima presenza fisica a Milano risale a fine agosto 2024.
Milan, tante cessioni e pochi investimenti sicuri
Punto uno: a fronte di quasi 200 milioni incassati ne sono stati reinvestiti un po’ più della metà. Spiegazione? Senza ricavi Champions League era necessaria una dieta che pompasse risorse nei conti, evidentemente non volendolo fare la proprietà per supportare il rilancio. Il problema è che quasi tutte le scelte sono state profili perfetti per generare tra due o tre anni nuove plusvalenze, meno per immaginare una squadra competitiva. Se passi da Vlahovic a un giovanotto di belle speranze come Harder, dopo aver inseguito Hojlund e Boniface (esposto a brutta figura da una gestione dilettantesca delle visite mediche), il sospetto forte è che tu sia alla ricerca del prezzo e non dell’uomo giusto. I tifosi sono furiosi ed è difficile dargli torto.
Furlani, Tare e Allegri: chi decide a Casa Milan?
Punto due: una società di calcio funziona con una catena di comando semplice e chiara, dove la parte tecnica è affidata al confronto tra allenatore e direttore sportivo che lavorano dentro una cornice finanziaria dettata dalle possibilità della proprietà. Se è vero che nessuna (o quasi) delle indicazioni di Allegri e Tare si è trasformata in acquisto, al massimo sono state avallate operazioni portate avanti da altri, l’equilibrio si spezza e si torna agli errori del passato.
Un mercato per generare future plusvalenze e tagliare i costi
Punto tre: nelle ore in cui il Milan si affannava a chiudere Harder, il Napoli faceva passi avanti per Hojlund. Che non è Ronaldo dei tempi andati, ma rappresenta comunque un profilo più pronto rispetto al danesino riserva dello Sporting Lisbona. Il problema è che uno (Hojlund) comporta un investimento da 90 milioni in cinque anni, l’altro (Harder) si ferma a 45 scarsi e ha margini di profittabilità superiori rispetto al primo.
Non scaricare solo sulla squadra i costi del fallimento
Punto quattro: aver fallito, per colpe proprie, una stagione causandosi il danno di non partecipare alla Champions League non significa in automatico dover scaricare il peso del fallimento sul futuro della squadra. Tradotto, legittimo contenere i costi e non esagerare nelle spese, ma i progetti sportivi si ricostruiscono mettendo mano al portafoglio. Lo ha fatto anche De Laurentiis con il Napoli dopo il tragico post scudetto. La sensazione è che per RedBird e Cardinale conti solo l’ultima riga del bilancio, che deve essere sempre e comunque in nero anche a costo di tirare a campare.
Morale, vivere di sola compravendita non significa rispettare la storia del Milan. Proprio perché manca ancora qualcosa alla fine della sessione di trattative c’è tempo per correggere la rotta, ma in fretta. Se alla squadra servono un centravanti e un difensore centrale pronti, questi devono essere trovati sul mercato senza girare sempre e comunque tra i banchi delle offerte last minute o senza aver trasformato un club glorioso, sette volte campione d’Europa e quattro del mondo in una fabbrica di plusvalenze. Il giorno e l’ora per dire che “aveva ragione Maldini” si sta avvicinando e, quando avverrà, sarà una sentenza impossibile da revisionare.
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