Carenza di infermieri? Per il leghista Garavaglia la soluzione è un liceo che crea assistenti senza laurea
- Postato il 29 ottobre 2025
- Lavoro
- Di Il Fatto Quotidiano
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                                                                            Mancanza di valorizzazione professionale, retribuzioni inadeguate, carichi di lavoro insostenibili e assenza di prospettive di carriera. Ma per il senatore della Lega, Massimo Garavaglia, alla base della drammatica carenza di infermieri in Italia c’è la durata e la struttura del percorso formativo che devono seguire i professionisti. Per questo ha proposto di “istituire un liceo infermieristico abilitante, che consenta di iniziare a lavorare come assistente infermiere subito dopo il diploma”. Un’idea che ha scatenato le reazioni di società scientifiche, sindacati di categoria e professionisti, che la giudicano un pericoloso arretramento e una risposta sbagliata a problemi ben più profondi. Un progetto che “rischia di compromettere la qualità dell’assistenza e di svilire un patrimonio di competenze costruito in decenni”, senza considerare le condizioni materiali in cui versano questi lavoratori nel nostro Paese.
Gli infermieri sono una delle categorie più sofferenti della sanità italiana, e tra quelle che più emigrano all’estero alla ricerca di condizioni migliori, dopo essersi formati in patria. Motivo per cui la carenza di personale è sempre più allarmante: in Italia, ne mancano più di 65mila – anche se secondo i sindacati la cifra è quasi tre volte maggiore – e nei prossimi anni questa grave penuria di personale peggiorerà, visto che sempre meno giovani scelgono di intraprendere questa professione. Quest’anno le domande di iscrizione a Infermieristica sono state meno dei posti disponibili: 19mila richieste per 20.699 posti. Dal 2010, le iscrizioni sono crollate del 52%, rendendo lampante la crisi in cui versa la categoria. In un contesto del genere, la manovra 2025 – che vale appena 18,7 miliardi, una delle più leggere degli ultimi anni – mette sul tavolo poco per l’incremento degli stipendi degli infermieri. E considerate le condizioni di burnout diffuso in cui versano i professionisti, è difficile che queste misure economiche abbiano impatto sul numero di assunzioni. Se non tramite il reclutamento di infermieri dall’estero, come quelli arrivati in Lombardia dall’Uzbekistan.
Per il senatore e presidente della Commissione Finanze del Senato Garavaglia – intervistato da Quotidiano Sanità –, il cuore del problema non è il numero di assunzioni programmabile, ma la disponibilità effettiva di professionisti. “La laurea in infermieristica non è abbastanza attraente. Se formiamo gli infermieri con un percorso quasi pari a quello dei medici, è ovvio che molti preferiranno diventare medici, anche per una questione di stipendi”, ha dichiarato. Da qui l’idea di istituire un percorso scolastico secondario che, al termine del quinquennio, abiliti direttamente al ruolo di “assistente infermiere” (figura ibrida duramente criticata dai sindacati di categoria). Questo, secondo Garavaglia, consentirebbe di immettere rapidamente personale nel sistema, creando al contempo una scala di carriera interna. “Poi, chi vorrà potrà specializzarsi diventando una figura super qualificata, con mansioni e retribuzione adeguate”. In assenza di un simile intervento, avverte, “la situazione resterà bloccata” e si sarà costretti a un massiccio ricorso a personale straniero che “non conosce il nostro sistema sanitario e fatica persino a leggere un bugiardino in italiano”.
La replica del mondo infermieristico è stata immediata e severa. Le principali società scientifiche, in una lettera aperta, hanno espresso “profonda preoccupazione” per una visione che, “rischia di compromettere la qualità dell’assistenza e di svilire un patrimonio di competenze costruito in decenni”: la formazione universitaria non è un ostacolo, ma la garanzia stessa di “sicurezza, competenza e qualità delle cure”. Sminuirla, avvertono, “significherebbe arretrare sul piano della tutela dei cittadini”. Gli infermieri di oggi operano in “contesti complessi, assumendosi decisioni cliniche cruciali, gestendo tecnologie avanzate”. Pensare di sostituire questa professionalità con figure formate in un liceo “significherebbe mettere a rischio la salute pubblica“.
La stessa indignazione arriva dai sindacati. Andrea Bottega, segretario nazionale Nursind, commenta sarcasticamente: “Viene da chiedersi se davvero per questo partito di maggioranza la soluzione sia riportare indietro le lancette dell’orologio”. Invece di proposte “regressive”, Bottega invita il senatore a concentrarsi sulle risorse, ricordando che gli stipendi degli infermieri italiani sono “del 20% inferiori alla media europea“. Alfonso Guerriero, del Coordinamento nazionale infermieri Fp Cgil, bolla la proposta come “una semplificazione grave e demagogica“. Attribuire la crisi alla durata degli studi, sostiene, significa ignorare le vere cause della carenza di personale. Il “liceo abilitante” è, conclude, “un arretramento di oltre trent’anni“.
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