Cartabellotta alla festa del Fatto: “Se il cittadino non si incazza, la politica non metterà mai la sanità al centro”

Alla festa del Fatto Quotidiano, in corso al Circo Massimo fino a domenica 14 settembre, Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, ha tracciato un bilancio severo sullo stato della sanità pubblica in Italia.
Dal palco, il medico ha ricordato le origini costituzionali del diritto alla salute, definendolo “fondamentale e fragile”, e ha denunciato con forza i quindici anni di disinvestimenti politici che hanno progressivamente indebolito il Servizio Sanitario Nazionale.
“Il SSN è stato costruito per dare gambe a un diritto, il diritto alla tutela della salute, un diritto fondamentale”, ha ricordato Cartabellotta, sottolineando che i padri costituenti usarono quell’aggettivo solo per la salute. “Perché se stiamo bene possiamo lavorare, studiare, innamorarci, goderci le libertà di un Paese democratico. La salute è la condizione che rende esigibili tutti gli altri diritti”.
Il presidente di Gimbe ha puntato il dito contro tutte le forze politiche: “Negli ultimi 15 anni, dall’estrema destra all’estrema sinistra passando per governi tecnici, nessuno può dirsi innocente. La politica ha pensato che il SSN potesse salvarsi da solo, tagliando fondi e rinviando riforme. Oggi ci troviamo con liste d’attesa incompatibili con lo stato di malattia, oppure con la sanità a pagamento. Quando il cittadino non può pagare, è costretto a rinunciare”.

Cartabellotta ha citato i dati Istat 2024: “Il 9,9% della popolazione, quasi 6 milioni di persone, non ha potuto fare una prestazione sanitaria. Ma quelli sono gli indigenti a cui l’articolo 32 della Costituzione dice che dobbiamo garantire cure gratuite. Non possiamo continuare a pensare che ciascuno debba cavarsela da solo, con i propri soldi o con le proprie conoscenze. Il diritto alla salute è un diritto costituzionale che va garantito dalla politica”.

Uno dei passaggi più forti dell’intervento riguarda la frammentazione delle responsabilità tra Stato, Regioni e Asl: “Come fa il cittadino a percepire di chi è la responsabilità della sua impossibilità di fare una mammografia, una Tac o una risonanza nei tempi previsti? È dello Stato che ci ha messo pochi soldi? È della Regione che non ha pianificato? È dell’Asl o dell’ospedale? Il tema è che oggi, se il cittadino non si incazza, la politica non metterà mai al centro dell’agenda il Servizio Sanitario Nazionale”.

Cartabellotta ha poi anticipato alcuni dati del prossimo rapporto Gimbe: “Nel 2024 la differenza di spesa pubblica pro capite tra l’Italia e la media europea è di 850 euro a persona. Moltiplicato per 59 milioni di abitanti significa oltre 50 miliardi. Nel 2010 spendevamo uguale, oggi siamo indietro di 50 miliardi. Come possiamo garantire innovazioni costosissime e pagare adeguatamente il personale sanitario?”.
Il paradosso, ha aggiunto, è che “l’Italia ha il paniere dei livelli essenziali di assistenza più ricco d’Europa, ma la politica ha illuso tutti che si possa dare gratis tutto. Il risultato è un sistema a doppio binario: chi può paga, chi non può rinuncia alle cure”.
E ha ammonito: “L’universalismo delle cure è ciò che oggi è davvero in pericolo in un sistema democratico. Perché la qualità di un servizio sanitario non si misura dall’eccellenza o dalle punte di diamante, ma dall’uniformità dell’assistenza sul territorio e dalla capacità di coprire le fragilità: salute mentale, tossicodipendenti, non autosufficienti. Tutto ciò che il privato non curerà mai e che deve gestire il pubblico”.

La chiusura del presidente della Fondazione Gimbe è tranchant: “Se non siamo più in condizione di gestire il paniere dei livelli essenziali, il carrello bisogna svuotarlo prima di riempirlo. Almeno il cittadino saprà che l’ecografia o la Tac se la deve pagare da solo o con l’assicurazione. Ma basta con le illusioni: la salute è un diritto costituzionale, non un lusso”.

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Il Fatto Quotidiano

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