Casanova. Il seduttore nobile. Pierfranco Bruni. Un libro suadente

Erudito senza boria d’intellettuale, sciorina affondi con leggerezza di un delfino: è forse lui, Pierfranco Bruni, il ‘Casanova della letteratura’?
Nel leggere il suo scritto sul celeberrimo veneziano, non importa poi un gran ché se non se ne comprende esattamente il senso: è il sapore che lascia, che conta. S’innamora delle parole, le immagina, le coccola, le pone lì come fiori in un bouquet, a creare un pout purri impressionista, offrendocene l’armonia di colori e profumo.
Il suo Casanova ‘non è un uomo vincente’. E’ piuttosto un uomo in fuga che viene accusato anche di eresia. Non é Cagliostro. E’ altro, perché ciò che cerca é l’eleganza e la bellezza della vita stessa. La sua filosofia consiste nel porre come punto focale la bellezza. Ama per sensualità. Perchè cerca la bellezza’.

Casanova. Il seduttore nobile. Edizioni Solfanelli, 2025 ( pagg. 108).
L’Autore è ben presente fra le pagine, pare di intravvederlo fra una parola e l’altra mentre indaga in cerca di verità, nella sua acuta, appassionata, viscerale ricerca dell’anima di Casanova, medita, ragiona in tempo reale con il lettore ponendosi domande, scrutando nel passato suggestioni che dipingano il suo pensiero in continuo divenire.
Poi c’è lui: Casanova.


Eretico, viaggiatore, reazionario? no, ma conservatore sì; fuggiasco, antirivoluzionario, un ‘tradizionalista estetico anticipatore e profeta’, personaggio drammatico, ‘un divino fanciullo che non dimentica. Casanova è quello che molti avrebbero voluto imitare’.
Posto che non sopporto chi da adulto perduri in pensieri ‘da fanciullo’, non perché non li condivida, ma perché la vita – quella reale – su cui ho imparato faticosamente da tempo a poggiare i piedi per non soffrire, mi ha insegnato che equilibrio e moderazione sono ineludibili per avanzare saldi nel proprio cammino, ad un tal ‘fanciullo’ che ha ‘sacrificato’ se stesso per rendere eterno un sogno di perfezione eterna del pensiero, non posso, non possiamo, credo, tutti noi, che essere grati; umilmente grata io, lettrice, dai bassifondi della mia conquistata ‘normalità’ non posso che unirmi allo sconfinato numero di ammaliati dalla folgore di ricerca della perfezione, e ringraziarlo, Giacomo Casanova, da sempre e per sempre per aver portato quel fardello del vivere fino in fondo, fino all’ultimo suo istante di vita il ‘sogno perfetto di una vita d’incanto estetico ed etico’, ‘la magia e l’incanto di far della vita un’opera d’arte’.
Ma a dir la verità, che so di lui? Tutto quel che crede di conoscere la maggior parte delle persone: vale a dire, andando oltre alla coltre del ‘letto qui e là’, e dei ’si dice’: non ne so nulla.
Il fascino, certo. C’è il fascino del personaggio. O meglio, la fascinazione per il mito universale dell’ avventuriero ‘colto e irriverente’. Ma l’intima essenza di quella sua ‘vita in trascendenza di sfide’, Bruni, la ricerca in queste cento piccole paginette che valgono volumi e volumi e volumi, perchè tratteggiano la via che conduce alla comprensione di ‘chi’ e ‘cosa’ Casanova ‘è’. E il presente è ovviamente voluto. Perchè i miti, i simboli, sono tali in quanto eterni. O perlomeno, a lungo durevoli. E ‘Casanova’ per ora ancora ha vita, finchè quel senso dell’umano cercare (che in ogni modo da sempre e mai come ora è messo sotto attacco) sarà presente in noi umani.
Questo su Casanova è stato, confesso, il primo libro in assoluto che ho letto di Bruni.
Certo m’era già parso d’intuire in suo stile. La curiosità era dunque iper acuita, verso uno studioso, scrittore, poeta, filosofo, saggista, filosofo, critico e teorico della letteratura, e molto, molto di più, benché elegantemente fuori dagli schemi, che riesce ad essere austero e prolisso nella stessa frase, enfatico e conciso nella stessa espressione, entusiasta e cinico più e più volte successive nella stessa pagina.
Bruni – solo qui? non credo, chi brilla d’istintivo stile, incisivo e corposo, coinvolgente e leggero, ne fa la sua voce su ogni argomento – gioca a rimbalzare i concetti fra opposti estremi per poi lasciare il lettore solo davanti al bivio di decidere quale sia la verità, fra le tante ch’egli intuisce e di cui concede a tratti poco più che una suggestione, altrove un’analisi precisa e razionale.
Quel che di Casanova più gli interessa, è comprendere se ‘Potrà giungere a una interpretazione metafisica’, perché la vita del suo Casanova è ‘non il rito di un mito ma l’esperienza in una speculazione filosofica’.
Bruni trova – secondo me, in sé, e poi ci racconta – un Casanova che va oltre la leggenda, oltre ogni schema costruito su di lui fin’ora. Pare d’intendere che Bruni intuisca un Casanova che attraverso le parole delle proprie memorie crei egli stesso il proprio indelebile e pur sempre cangiante mito.
Ha compreso, Bruni, che la sua ‘seduzione é un’estetica non del reale bensì del vero’. Possibile che egli sia stato seduttore per spezzare gli schemi. Ma per farlo ‘occorre un’arma’: la donna è la sua ‘arma’ forse ?
Pensatore, scrittore, ‘viandante nella sua eresia’ ma anche ‘viandante che ha creduto nell’alchimia’; navigatore dei fiumi della ragione, decadente, libertino assorto nella vita del pensiero, ‘protagonista onirico, tragico, orgoglioso nel gioco di quella roulette chiamata vita’. Un vincente, che sapeva però di perdere tutto in colpo solo. Non un Don Giovanni, piuttosto un Don Chisciotte senza Pancho. Un anarchico sedotto anche lui dal potere inteso come arte. Irriducibile mentitore, fuggiasco di mestiere che non smise la sua fuga. Così lo sente, e ce lo racconta Bruni in questo suo studio austero e prolisso nella stessa frase, enfatico e conciso nella stessa espressione, entusiasta e cinico più e più volte successive nella stessa pagina.

Bruni – solo qui? non credo, chi brilla d’istintivo stile, incisivo e corposo, coinvolgente e leggero, ne fa la sua voce su ogni argomento – gioca a rimbalzare i concetti fra opposti estremi per poi lasciare il lettore solo davanti al bivio di decidere quale sia la verità, fra le tante ch’egli intuisce e di cui concede a tratti poco più che una suggestione, altrove un’analisi precisa e razionale. Erudito senza spocchia d’intellettuale, sciorina affondi con leggerezza di un delfino, e condurre il lettore in ambiti cui non avrebbe mai pensato di poter approdare, ponendolo di fronte qua e là a manciate di domande: ‘Casanova fu un illuminista?’ ‘Ogni leggenda si tramanda e ogni storia sembra vera. Ma perché si cerca la verità?’. ‘Esistere, o pensare di vivere. non è un dilemma’. Forse è quel rischio sul cui filo si corre sempre?’ ‘la sua inquietudine deriva dalla ricerca spasmodica … della sensualità? no, della seduzione, forse’.
Bruni ce lo racconta citando Rousseau, Byron e Kierkegaard; Camus e Pirandello, nello snodo del ‘vedersi vivere’; Shakespeare: ’esistere o pensare di vivere?’ e pure de Sade.
E poiché – se pur un antico alone dello spirito del veneziano pare aleggiare nella mente e nella penna di Bruni, egli, da buon analista metafisico, non è geloso del comunque ‘suo’ Casanova – di lui ci offre anche cenni delle analisi che ne han scritto Roberto Gervaso e Pietro Chiara, Corrado Alvaro, Schnitzler, Ravel…
Un concetto evidenziato da Bruni nel dir di Casanova mi è particolarmente caro: ‘non ha senso esser nati se non si ha il coraggio di raccontarsi; scrivere è sempre ricordare. Sciogliere quei nodi annodati intorno alle arterie del cuore e fare in modo che abbiano spazio oltre un taglio di coronarie’; e Casanova, per cui la donna, l’amore e la passione per femminilità sono chiave di lettura della vita, ha vissuto e soprattutto ha scritto per donarci – o meglio – per creare per sé stesso, poi riverberare a noi – come in una parabola – la visione sublimata della vita.
‘Lui scrittore è sempre stato un fantasista e un istrione’. Avventuriero? visse sicuramente di avventure. Spia? forse semplicemente un ‘agente segreto’. Amò le donne per tentare di sconfiggere il tempo. ‘Quando il tempo sconfisse lui si lasciò morire. In fondo cercò di restare sempre giovane. L’unica sfida ipossibile’.
Se mai ce ne fosse bisogno, Bruni ce ne fa innamorare del suo Casanova, ce lo avvicina, ne svela lentamente ogni segreto e qualità: ‘riso, ironia, sarcasmo’.
‘Avversatore dell’Illuminismo, onirico come Tasso e tragico come Shakespeare, non fu un rivoluzionario: in un tempo della ragione e dell’inquisizione cruenta, fu ‘elegante filosofo della seduzione nella vita, e della vita’ in quella Venezia che è un carnevale del tempo che cerca di spostare l’orologio indietro di secoli’. In quel settecento veneziano che fu ‘arte ma anche disordine’ gli fu amico Goldoni.
Venezia, certo, ma ‘viaggiando viaggiando’… Ferrara, Napoli, Parigi, Roma, la Calabria, da Vienna alla Spagna. Poi il castello boemo di Dux: attesa, solitudine, memorie.
Non fu Don Giovanni, Casanova s’innamorò. Come l’Andrea Sperelli di d’Annunzio.
‘Tra la magia e la seduzione, Casanova e d’Annunzio recitano l’arte della vita. Quel tempo immortale non intaccato dalla fisicità’. Il legame sottile con d’Annunzio: il piacere e il trionfo della morte.
‘Fu realmente filosofo?’ il Casanova di Bruni è un ‘anticipatore della visione proustiana di un tempo perduto che si rinnova in un tempo ritrovato’. Piccolo, prezioso cammeo: la frasetta accennata alla pagina 25, dove troviamo un ‘vecchio Giacomo, Marcolina e Amalia nel salotto del palazzo per un te a tre’. E cosa scrive Bruni?: ‘portarono i biscotti della nonna di Proust e parlarono a lungo’…. ‘i biscotti della nonna di Proust’…! una pennellata, una chicca!
Come dove Bruni – forse l’unico che si possa permettere tale e tanta famigliarità col veneziano da nominarlo confidenzialmente, più volte, ‘Giacomino’, ad un tratto, in una sola riga, muta stile, scende in strada, per le vie di Napoli, e guarda un po’ – a dimostrazione del fatto che ‘la letteratura è parte integrante della vita’ – si trova incredibilmente a passeggiare nella ‘Via Casanova’, e stupendosi che la città partenopea gli abbia dedicato ‘un quasi corso’, del suo esser lì – ci confida – prende spunto, come fosse ‘un segno del destino’ e prosegue nei sui studi sul seduttore veneziano.
Senza contare la splendida trovata per il titolo della chiusa: ‘Annotazione senza concludere’ in cui brilla un subline distillato dei suoi pensieri più autentici su Casanova, ma non solo, anche sulla vita di chiunque in genere, mi è parso di intuire: «Non ha senso esser nati se non si ha il coraggio di raccontarsi. Non ha senso la vita se non si ha la forza di trasformare l’oblio che ci aggredisce in ricordo». E’ così che si crea un mito. Piccolo o grande, spezzando «la crosta del vuoto che si crea nell’età della nostalgia».
Nel farlo – ha dimostrato Casanova, e pare farne una linea di vita, Bruni – avremo parole che non cambieranno certo il mondo, ma daranno (proveranno a dare) almeno un senso di una tentata eternità ai nostri pensieri e alle nostre azioni.
‘Lucido, malinconico, non arrendevole, triste, e zeppo di ricordi’ il suo Casanova è un ‘illusionista che ‘solo, abbandonato e dimenticato tra le macerie che divennero rovine, morì da sognatore, forse per non cedere all’oblio’.
‘Visse da filosofo e morì da cristiano, com’egli stesso disse in punto di morte’: un immenso, un illuminato, di sconfinata cultura, ma da non prendere troppo sul serio: in fondo lui è – non – ‘un’, ma ‘il’ Casanova.
Così, dopo averlo ‘conosciuto’ un pochino in più dalle pagine del libro di Bruni, questa è la domanda che più mi è rimasta netta nella mente: «Nella sua ansia struggente di bellezza e di vita, cercava forse Dio, Casanova, nella Donna?»
‘Il contesto in cui visse è il tempio dell’inquisizione’ scrive Bruni. E così fu. Ma dopo aver letto il suo ‘Il seduttore nobile’ non credo che sarebbe stato differente Casanova in un altro tempo: avrebbe, credo, vissuto combattendo mentalmente, culturalmente e pure quotidianamente contro qualsiasi altro stato sociale imperante.
E non ho ancora capito, a libro terminato, s’egli sia stato ‘un’ simbolo, o se noi – grazie anche alle riflessioni di Bruni, lo intuiamo e l’abbiamo percepito come tale: ma pochi ‘simboli’ di vita, in un rutilante moltiplicarsi di rimarcature, ad ogni libro, ad ogni film, ad ogni interpretazione sono diventati più iconici di lui.n

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Pierfranco Bruni è nato in Calabria.
Archeologo direttore del Ministero Beni Culturali, presidente del Centro Studi “ Francesco Grisi” e già componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’estero.
Nel 2024 Ospite d’onore per l’Italia per la poesia alla Fiera Internazionale di Francoforte e Rappresentante della cultura italiana alla Fiera del libro di Tunisi.
Incarichi in capo al  Ministero della Cultura

• presidente Commissione Capitale italiana città del Libro 2024;

• presidente Comitato Nazionale Celebrazioni centenario Manlio Sgalambro;

• segretario unico comunicazione del Comitato Nazionale Celebrazioni Eleonora Duse.
È inoltre presidente nazionale del progetto “Undulna Eleonora Duse”, presidente e coordinatore scientifico del progetto “Giacomo Casanova 300”.

Ha pubblicato libri di poesia, racconti e romanzi. Si è occupato di letteratura del Novecento con libri su Pavese, Pirandello, Alvaro, Grisi, D’Annunzio, Carlo Levi, Quasimodo, Ungaretti, Cardarelli, Gatto, Penna, Vittorini e la linea narrativa e poetica novecentesca che tratteggia le eredità omeriche e le dimensioni del sacro.
Ha scritto saggi sulle problematiche relative alla cultura poetica della Magna Grecia e, tra l’altro, un libro su Fabrizio De André e il Mediterraneo (“Il cantico del sognatore mediterraneo”, giunto alla terza edizione), nel quale campeggia un percorso sulle matrici letterarie dei cantautori italiani, ovvero sul rapporto tra linguaggio poetico e musica. Un tema che costituisce un modello di ricerca sul quale Bruni lavora da molti anni.

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