Caso Almasri, la Corte penale contro l’Italia: “Non ha rispettato gli obblighi internazionali”
- Postato il 18 ottobre 2025
- Politica
- Di Il Fatto Quotidiano
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Sulla liberazione del generale libico, l’Italia “è venuta meno agli obblighi internazionali”. Una mancanza che ha “impedito alla Corte penale di esercitare le proprie funzioni“. È quanto rilevato dalla Camera Preliminare I della Corte penale internazionale (Cpi), che in un documento minaccia un possibile deferimento e invita il Governo a fornire spiegazioni su quanto accaduto.
In base allo Statuto di Roma, spiega il testo redatto dalla Corte, l’Italia doveva rispettare gli obblighi di cooperazione arrestando e consegnando il capo della polizia giudiziaria libico, accusato di crimini di guerra e contro l’umanità.
“Non avendo eseguito correttamente la richiesta della Corte di arrestare e consegnare il sig. Almasri Njeem mentre si trovava sul territorio italiano, e non avendo consultato e collaborato con la Corte per risolvere eventuali questioni derivanti dalla formulazione del mandato di arresto e dalla presunta richiesta concorrente di estradizione, l’Italia non ha adempiuto agli obblighi che le incombono in virtù dello Statuto, e tale inadempienza ha impedito alla Corte di esercitare le funzioni e i poteri che le sono conferiti dallo Statuto”, si legge nella decisione.
Nelle loro conclusioni, le tre giudici Iulia Motoc, Reine Alapini-Gansou e Maria del Socorro Flores Liera ritengono “all’unanimità che l’Italia non abbia agito con la dovuta diligenza né utilizzato tutti i mezzi ragionevoli a sua disposizione”. Il governo non ha inoltre fornito “alcuna valida ragione giuridica o ragionevole giustificazione” per il trasferimento immediato di Almasri in Libia, “anziché consultare preventivamente la Corte o cercare di rettificare eventuali difetti percepiti nella procedura d’arresto”.
Il governo ha giustificato il rimpatrio di Almasri con “motivi di sicurezza e il rischio di ritorsioni”, ma la Corte ritiene tali spiegazioni “molto limitate“, osservando che “non è chiara” la scelta di “trasportarlo in aereo verso la Libia”. Inoltre, le giudici ricordano che le questioni di diritto interno non possono essere invocate per giustificare una mancata cooperazione con la Cpi, respingendo dunque la tesi italiana.
Prima di determinare se l’inadempienza dell’Italia debba essere deferita all’Assemblea degli Stati Parti, cioè l’organo legislativo e di gestione e controllo della Cpi, o al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, “la maggioranza della Camera ritiene opportuno ricevere dall’Italia informazioni su eventuali procedimenti interni rilevanti per il caso in esame e un’indicazione dell’impatto che tali procedimenti potrebbero avere sulla futura cooperazione dell’Italia con la Corte nell’esecuzione delle richieste di cooperazione per l’arresto e la consegna dei sospetti“.
Pur constatando la violazione, le giudici hanno assicurato di tenere in considerazione la “complessità” del caso. A maggioranza – con Flores Liera in dissenso – è stato quindi deciso di concedere al governo la proroga per fornire ulteriori chiarimenti su “eventuali procedimenti interni” connessi alla vicenda, come quello aperto al Tribunale dei ministri nei confronti della premier Giorgia Meloni, dei ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, e del sottosegretario Alfredo Mantovano.
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