Caso Almasri, spuntano nuove carte: il ministero sapeva. Le mosse per tenere il segreto
- Postato il 9 luglio 2025
- Politica
- Di Blitz
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Il Tribunale dei ministri di Roma ha concluso le indagini sul mancato arresto e consegna del generale libico Najeem Osama Almasri alla Corte penale internazionale (CPI), aprendo scenari delicati che coinvolgono i vertici del governo italiano. A essere finiti sotto inchiesta sono la premier Giorgia Meloni, il sottosegretario Alfredo Mantovano, il ministro della Giustizia Carlo Nordio e il titolare dell’Interno Matteo Piantedosi. I reati ipotizzati sono favoreggiamento, peculato e, per Nordio, anche omissione di atti d’ufficio.
La vicenda risale a gennaio 2024, quando Almasri — ricercato dalla CPI per crimini internazionali — fu fermato dalla Digos a Torino. Invece di essere consegnato alla giustizia internazionale, fu espulso e riportato in Libia a bordo di un aereo di Stato, su richiesta del governo di Tripoli. Dietro a questa decisione si celerebbero comunicazioni riservate e manovre coordinate da più livelli istituzionali, in particolare dai ministeri coinvolti.
Le carte segrete e la cabina di regia
L’indagine ha acceso i riflettori sul ruolo del ministro Nordio e della sua capo di gabinetto Giusi Bartolozzi, che avrebbe gestito la comunicazione interna in modo da non lasciare tracce ufficiali. Già nel pomeriggio di domenica 19 gennaio, poche ore dopo l’arresto, Bartolozzi era stata informata via email dal capo del Dipartimento degli affari di giustizia, Luigi Birritteri, dell’assenza dell’autorizzazione formale per il fermo di Almasri.
Bartolozzi rispose invitando alla massima discrezione, raccomandando l’uso dell’app Signal per comunicare senza protocolli ufficiali. Questo lascia intendere che già dal giorno dell’arresto vi fosse consapevolezza ai vertici del Ministero della Giustizia, e che si stesse già cercando una soluzione alternativa alla consegna dell’arrestato alla Corte dell’Aia.
Tuttavia, Nordio in Parlamento aveva affermato che solo il lunedì ricevette una comunicazione formale. Una versione contraddetta dai documenti: la documentazione dell’Aia era stata caricata già domenica sulla piattaforma Prisma e segnalata all’ufficio del ministro.
I nodi politici e le attese sul verdetto
Dopo aver ascoltato vari funzionari, tra cui Birritteri e Bartolozzi, il Tribunale ha convocato anche il ministro Nordio come indagato. Il Guardasigilli, però, non si è presentato, adducendo altri impegni. La difesa, affidata all’avvocata Giulia Bongiorno, ha proposto di sentire il sottosegretario Mantovano al suo posto, suggerendo un coinvolgimento diretto nella gestione della vicenda.
Un elemento chiave dell’inchiesta è l’atto preparato dagli uffici tecnici del ministero per regolarizzare il mandato d’arresto e consentire la consegna di Almasri, che però non fu mai firmato. Si attende ora il deposito delle conclusioni del Tribunale, che dovrà decidere se archiviare o chiedere il rinvio a giudizio per uno o più dei membri del governo coinvolti.
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