Caso Garlasco, l’impronta “numero 10” e tutte le altre analizzate nella nuova perizia. I carabinieri nel 2020: “Se c’è sangue è dell’assassino”
- Postato il 22 maggio 2025
- Cronaca
- Di Il Fatto Quotidiano
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C’è un’altra impronta, oltre alla traccia “numero 33” sicuramente attribuibile ad Andrea Sempio secondo la nuova perizia lunga più di 60 pagine, redatta da Gianpaolo Iuliano e Nicola Caprioli, rispettivamente esperto del Ris dei carabinieri e dattiloscopista forense, al centro del maxi incidente probatorio che cercherà di sciogliere i nuovi nodi sull’omicidio di Garlasco.
Si tratta del “contatto papillare numero 10“, cioè una traccia evidenziata già dall’agosto del 2007 dal Ris di Parma all’interno della villetta dove venne uccisa Chiara Poggi, precisamente sulla parte interna della porta di ingresso. Secondo la procedura di esaltazione utilizzata il 17 agosto 2007 e la relativa fotografia, sottolineavano già i carabinieri di Milano in una relazione del 2020, quel “contatto papillare” poteva essere stato generato da “una mano ‘sporca’”. Eppure, rimarcavano gli stessi militari, all’epoca dell’omicidio non venne fatta “alcuna indagine biologica mirata” per accertare che quella traccia, ritenuta priva di utilità secondo il rapporto del Ris del 2007, fosse o meno stata lasciata da una mano sporca di sangue. Una analisi dirimente secondo i carabinieri che, nella relazione del 2020, scrivevano che “se l’impronta numero 10 dovesse risultare essere sangue, sarebbe stata lasciata ovviamente dall’aggressore nell’atto dell’allontanamento dalla scena del crimine”. La traccia, però, evidenziavano i militari già all’epoca, aveva solo otto punti utili, e non i 16 necessari per una comparazione, quindi “non ha una utilità giuridica”. Tuttavia, analizzandola, si può “escludere che quella impronta sia di X o Y”: se una persona non possiede quegli 8 punti in nessuna delle due mani, “non è certamente colui che ha generato quell’impronta”, spiegavano ancora. Per poi concludere: “L’eventuale comparazione positiva di questo contatto 10 (se fosse generato da sangue) con quello di Alberto Stasi potrebbe fornire un ulteriore indizio a suo carico. Di contro una eventuale esclusione di appartenenza di quel contatto a Stasi porterebbe a far considerare la presenza di almeno un altro soggetto durante l’omicidio”.
Un lavoro per esclusione, quindi, che, però, non è mai stato fatto. Fino a oggi. Per redigere l’ultima consulenza, gli esperti hanno tentato di dare un nome a quella “impronta 10”: il lavoro di comparazione è stato fatto con le impronte di Stasi e di Sempio, ma anche con quelle di Stefania Cappa e degli amici di Marco Poggi, il fratello di Chiara, cioè Alessandro Biasibetti, con cui il fratello minore della vittima era in vacanza in montagna, Roberto Freddi e Mattia Capra. Confronti che hanno dato tutti “esito negativo“. Escluso quindi il “match” con i protagonisti al centro della vicenda. Traccia inutile quindi? Non è detto. Sull’impronta verranno comunque fatti accertamenti genetici che saranno effettuati nell’ambito del maxi incidente probatorio attraverso i “paradesivi” delle tracce dattiloscopiche recuperati dai carabinieri del Nucleo investigativo di Milano. Dopo essere stato fotografato tre giorni dopo l’omicidio, quel “contatto”, infatti, è stato prima evidenziato con polvere apposita dai carabinieri del Ris, il 17 agosto di 18 anni fa, ed è stato poi “asportato” il 20 agosto, come successo anche all’impronta 33.
Le altre tracce – La “numero 10”, comunque, non è l’unica al centro del fascicolo di 60 pagine messo insieme da Iuliano e Caprioli. Ci sono anche otto impronte ritenute “utili” per arrivare a una identificazione, rispetto ai 78 “frammenti” analizzati, tra cui quella sicuramente, secondo i due esperti, lasciata “dal palmo destro” di Andrea Sempio sul muro della scala che porta alla taverna dove è stato rinvenuto il cadavere. Delle “8 impronte giudicate ‘utili’ per un’identificazione dattiloscopica”, si legge nella consulenza, su un totale di 78 “frammenti” sottoposti alle valutazioni, tra cui pure 27 ritenuti “comparabili” ma senza valenza identificativa, è stato possibile attribuire la numero 33, vicina al corpo, a Sempio attraverso nuove tecniche scientifiche, tra cui lo “scanner ottico” e la “tecnica dell’inchiostrazione”, per cui l’amico di Marco Poggi venne richiamato in caserma. È stata, poi, valutata come corrispondente ad Alberto Stasi l’impronta “lasciata dal mignolo della mano sinistra” su un cartone delle pizze mangiate con Chiara la sera prima dell’omicidio. Altre tre impronte trovate sui due cartoni delle pizze, invece, “hanno restituito esito negativo” rispetto a quelle di Sempio e Stasi. Mentre tre impronte sulla “superficie interna della porta del tinello” sono state attribuite al falegname, che in quel periodo faceva lavori in casa.
Ci sono poi altre sei tracce “palmari” trovate sulle pareti del muro della scala che portava alla taverna, mai identificate ma ritenute “comparabili” secondo gli esperti. Anche in questo caso non è stato possibile attribuire un’identità certa e restano finora “di ignoti”. Sono quelle repertate con i numeri 32, 35, 38, 42, 49 e 51 dal Ris nel 2007. Di queste, tre erano state rintracciate, come la 33, sulla “parete destra della scala dove è stato rinvenuto il corpo”. Altre due sulla parete sinistra e un’altra sulla “parete superiore della scala”. Gli esperti spiegano nel documento che “un frammento di impronta digitale/palmare” è ritenuto comparabile quando, “sebbene non abbia tutte quelle caratteristiche necessarie per addivenire ad una piena identificazione, potrà comunque essere utilizzato in un confronto dattiloscopico con le impronte di soggetti ‘noti'” per “poter escludere con certezza l’appartenenza dell’impronta ‘comparabile al soggetto stesso”. Così come per l’impronta 10, il lavoro di esclusione è stato fatto su tutti i frammenti ritenuti “comparabili“, tra cui appunto anche quelli del muro e della porta d’ingresso. “Gli esiti ottenuti – si legge – non hanno consentito di accertare alcun ‘match’ di compatibilità tra le suddette tracce e tutti i già menzionati cartellini foto-segnaletici digitali e palmari inseriti”. Fatta eccezione per la traccia 33.
Gli elementi decisivi per i pm – Sono quindi due gli elementi in mano ai pm e ai carabinieri del nucleo investigativo di Milano che sarebbero decisivi nella nuova inchiesta. La consulenza di più di 60 pagine, redatta dagli esperti Iuliano e Caprioli, incaricati dal procuratore aggiunto Stefano Civardi con la pm Valentina De Stefano il 17 marzo 2025 di effettuare “l’analisi tecnica di tutte le impronte” sulla scena per accertare la possibilità di compararle con quelle di Stasi e Sempio e poi, con una integrazione del 22 aprile, anche con quelle dell’intera famiglia Poggi, di Stefania Cappa e degli amici di Marco Poggi, che attribuisce a Sempio una delle tracce rilevate nella villetta di Garlasco, e una relazione, sempre disposta dai pm, nata da un lavoro fatto dalla difesa di Alberto Stasi, sul materiale trovato sotto le unghie della vittima, “perfettamente sovrapponibile” al Dna del nuovo indagato, Andrea Sempio. Due relazioni che si sommano al contorno di indizi che mano a mano stanno emergendo in questi giorni.
Intanto la difesa di Sempio, coi legali Angela Taccia e Massimo Lovati affiancati dall’ex comandante del Ris di Parma Luciano Garofano, sta valutando di affidare una propria consulenza di parte sulle impronte, tra cui quella ritenuta “centrale” dai pm, la numero 33.
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