Caso Napoli-Osimhen, le domande da fare alla giustizia sportiva
- Postato il 8 ottobre 2025
- Di Panorama
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Nella vicenda dell’affare Osimhen tra Napoli e Lille ci sono alcune certezze e altrettante domande. Il primo punto fermo, che poi è quello che maggiormente interessa ai tifosi, è che non ci sarà alcuno strascico giudiziario sportivo perché l’operazione dell’estate 2020 è stata già giudicata (proscioglimento) due volte nel 2022 e la Procura Figc ad aprile, ricevute le carte dai colleghi di Roma, ha ritenuto non ci fossero elementi sufficienti per chiedere la riapertura del processo. I termini sono ora scaduti e nulla può modificare questa situazione.
La seconda certezza è che i pubblici ministeri di Roma ritengono che la complessa trattativa tra Napoli e Lille per costruire l’architettura dell’affare mascheri una plusvalenza fittizia e, di conseguenza, vogliono che il patron De Laurentiis e gli alti dirigenti partenopei vadano a processo. Deciderà un giudice e basterà fare cronaca delle prossime puntate.
Da qui in poi si entra in un terreno minato e pieno di insidie. Perché pur dando per assodato che i casi di Juventus e Napoli non sono uguali – molto più circostanziate, numerose e sistematiche le vicende che hanno portato alla punizione dei bianconeri rispetto alla singola operazione Osimhen -, ci sono analogie che sono evidenti agli occhi di tutti e che necessitano risposta.
La prima è quale ragionamento sia stato posto alla base della scelta di ritenere che le carte arrivate dalla Procura di Roma nell’aprile scorso non contenessero alcun elemento nuovo rispetto al 2022, posto che dentro c’erano mail, documenti e chat certamente non noti in occasione del primo processo. A maggior ragione se alcuni di quegli scambi tra dirigenti del Napoli e con dirigenti del Lille lasciando il sospetto che tutta l’operazione fosse fatta per predeterminare un prezzo per Osimhen funzionale alle esigenze di bilancio di almeno una delle due società (il Lille).
Va ricordato che nelle motivazioni della condanna della Juventus sono stabiliti in maniera chiara alcuni principi: i “fatti nuovi” che giustificano la riapertura del procedimento sportivo sono da ritenersi “il disvelamento dell’intenzionalità sottostante all’alterazione delle operazioni e dei relativi valori… L’assenza di qualunque metodo di valutazione delle operazioni di scambio e la presenza di un sistema fraudolento in partenza” (pagina 21 motivazioni sentenza Corte Federale d’appello – Sezioni Unite). Nel balletto dei nomi e delle cifre per arrivare al “valore nominale” diverso da quello reale per chiudere l’operazione (non 50 ma 70 milioni di euro), davvero non c’era traccia di tale sospetto?
E i messaggi con la richiesta di “non lasciare traccia” (secondo i legali del Napoli decontestualizzati) non assomigliano ai famosi documenti, prima di tutto il cosiddetto “Libro Nero di FP” che la Procura Figc e il tribunale sportivo interpretarono come dichiarazione e manoscritti dalla “natura essenzialmente confessoria” per i quali non vi era alcuna possibile lettura differente da una sorta di confessione della consapevolezza di agire nell’illegalità?
Terzo: come ha valutato la Procura della Figc lo scambio di mail tra dirigenti del Lille nel quale i vertici del club francese vengono messi al corrente dei “rischi connessi a questo affare” e che “ogni elemento ritenuto strano potrebbe generare domande sull’insieme di queste operazioni e bisognerà apportarvi elementi di risposta reali e giustificazioni”? Era già noto nel 2022 o meritava approfondimento?
Perché la conclusione di tutto è che della vicenda Osimhen resteranno ombre e la sgradevole sensazione di una storia su cui non si è andati a fondo. Non interessa se e cosa dirà la giustizia ordinaria (anche se un eventuale condanna del Napoli innescherebbe un ulteriore cortocircuito). La domanda è: perché sulle vicende delle plusvalenze l’opinione pubblica deve restare col dubbio che si è colpito duramente una volta e ci si è fermati lì senza andare oltre?