Cattedrale gremita per il funerale di Maria Cristina Gallo, la prof che aveva denunciato i ritardi degli esami istologici a Trapani

  • Postato il 11 ottobre 2025
  • Cronaca
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Chiesa gremita oggi, 11 ottobre, per il funerale di Maria Cristina Gallo, la professoressa di 56 anni morta dopo aver denunciato pubblicamente lo scandalo dei ritardi nei referti istologici dell’Asp di Trapani e aver dovuto aspettare otto mesi per ottenere i risultati dei suoi esami. Ad accogliere il feretro nella Cattedrale di Mazara del Vallo (Trapani) sono stati i ragazzi diversamente abili del laboratorio creativo Unitalsi dove, nell’ultimo anno, la docente ha svolto servizio di volontariato. Nelle prime file il marito Giorgio Tranchida, i due figli e la mamma di Maria Cristina Gallo, Rosa Maria Mauro. Poi il fratello Santi e la sorella Brigida. Presenti anche i sindaci di Mazara del Vallo Salvatore Quinci e quello di Campobello di Mazara, Giuseppe Castiglione.

Il figlio 25enne della donna, Vincenzo Tranchida, ha voluto sottolineare la valenza sociale della denuncia della madre, accanto al fratello di 17 anni. “Mamma, spero che quello che hai denunciato – ha detto il giovane – sia segno di una svolta in Sicilia, la tua battaglia servirà per tanti altri che hanno vissuto e vivono la tua stessa condizione”. “Mamma, tu hai scelto di infondere speranza, fede – ha aggiunto – e questo lo hai dimostrato fino alla fine. Papà Giorgio è stato il tuo sostegno, il tuo amore quotidiano. Guidavi tutti noi, ci proteggevi. Ti sei occupata sino alla fine di me e di mio fratello”. “La tua forza era contagiosa. Grazie di aver vissuto l’amore e la speranza”, ha concluso il 25enne.

Anche il Vescovo monsignor Angelo Giurdanella si è concentrato sulla battaglia di Maria Cristina Gallo. “La sua denuncia non nasceva per un protagonismo, per una vendetta, ma semplicemente perché ha voluto coniugare giustizia e amore, dove l’uno non può esserci senza altro. E la denuncia ha provocato un sussulto di coscienza, ha sconfitto l’indifferenza, la cultura della rassegnazione che diventa complicità. Lei ha amato la giustizia, la verità“, ha detto il Vescovo all’inizio delle esequie.

“La malattia, che ha segnato e cambiato la sua vita, è diventata anche un simbolo di battaglia per molti – gli ha fatto eco don Giacinto Leone, in un passaggio della sua omelia – Cristina ha affrontato la sua condizione con una determinazione incredibile, ma la sua sofferenza è diventata anche una causa più grande. La sua lotta si è fatta battaglia civile, una lotta per un sistema sanitario che non sempre è in grado di rispondere alle vere necessità delle persone”. “La sua battaglia – ha aggiunto il sacerdote – è stata una testimonianza di amore per l’altro, di attenzione verso il prossimo, ma anche di una profonda coscienza sociale”.

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